«Togliete la scorta a Vigorelli»
Il senatore della Lega Nord all'attacco del direttore del TgR «Togliete la scorta a Vigorelli» Il senatore della Lega Nord all'attacco del direttore del TgR Tabladini: la usa come status symbol SICUREZZA E TELEVISIONE TROPPE, mal distribuite, indebitamente divenute «status symbol»? Come il Natale, ogni anno arriva puntuale la polemica sulle scorte. Anche stavolta, a soffiare aria sui carboni sempre ardenti dei «privilegi di Stato» è il presidente dei senatori della Lega Nord Francesco Tabladini: in un'interrogazione si chiede «perché è stata assegnata una scorta al giornalista Rai, Piero Vigorelli, che sembra esibirla con sfarzo di sirene e lampeggiamenti anche quando si reca nei cosiddetti "salotti intelligenti" di Roma, ivi compresi quelli ove non appare invitato». Tabladini si fa forte di una recente affermazione del generale Federici, «che ha definito l'uso delle scorte da parte di alcuni personaggi come uno status symbol». E a beneficio dei suoi elettori ricorda che «gli agenti addetti a tale compito vengono di fatto sottratti alla difesa dei comuni cittadini. Non solo: hanno un costo complessivo di oltre cento milioni mensili, a carico completo della comunità». «Non commento le dichiarazioni di Tabladini». Il direttore delle testate regionali Rai Piero Vigorelli preferisce evitare la polemica. «Non ne vale la pena», spiega. Ma sottolinea come la scorta non sia una regalia del governo Berlusconi, cui pure lo lega un rapporto di stima, da quando era il suo ambasciatore della «Cinq» in terra di Francia. «Ce l'ho da più di un anno e mezzo, risale dunque al governo Ciampi. No, non dico perché. Non l'ho chiesta io e non ho intenzione di farmi pubblicità». E' comunque noto che Vigorelli ha ricevuto pesanti minacce dalla criminalità or- ganizzata ai tempi di «Detto tra noi», il programma di cronaca nera da lui condotto su Raidue: la ricostruzione di un delitto era «spiaciuta» a qualche boss. Nel febbraio 1994 la redazione dovette addirittura traslocare da Via Corridoni a locali «più protetti» di via Teulada. Ragione ufficiale? «Serie minacce di stampo mafioso». «Detto tra noi» fu programma assai premiato dall'audience ma altrettanto discusso per la crudezza dei casi raccontati e per le rico¬ struzioni fin troppo veritiere: tanto che Vigorelli si meritò il soprannome di «Vampirelli». Lui si è sempre difeso: «Faccio il cronista: raccolgo gli indizi e li metto insieme, davanti agli occhi dei telespettatori». Socialista ben prima dei ruggenti Anni 80, oggi vicino a Forza Italia, Vigorelli è stato vicesegretario della Fnsi. La sua permanenza a Raidue è stata caratterizzata dal continuo conflitto con Gianni Minoli, che nel giugno scorso, appena divenuto direttore, non gli rinnovò il contratto. «E' geloso di me, vuole vampirizzare qualsiasi cosa riguardi l'attualità» insinuò Vigorelli. «Gli manca il senso della realtà» rispose aspro Minoli. Quella con Tabladini, insomma, non è la prima né verosimilmente l'ultima polemica che lo vede coinvolto. E poi, stavolta, è in buona compagnia. L'instancabile senatore se la prende anche con il più illustre collega Enzo Biagi, non «scortato» ma troppo ricco. «Quanto lo pagano per II fatto? Perchè non posso andare in Rai a rispondere ai suoi insulti?» Ah, par condicio... Raffaella Silipo Piero Vigorelli direttore del TgR Lui non commenta «Non ne vale la pena» Ebbe minacce mafiose per «Detto tra noi»
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