Di Pietro servono politici migliori

Di Pietro: servono politici migliori Di Pietro: servono politici migliori «Non vado a Roma per scaldare sedie inutili» CASTELLANAA DAL NOSTRO INVIATO Dice che non vuol faro il politico, però parla come uno che lo sta per fare, o che lo potrebbe fare. L'enigma Di Pietro. Avverte: «Non vado a scaldare le sedie. Lo dico bene così capiscono. E non vado al Sis». Esorta: «Occorre invertire la rotta, e il popolo deve alzare la voce e deve alzare il livello morale dei propri rappresentanti quando va a votare». Teorizza e ammonisce: «Le aziende devono produrre profitto, ma solo nell'interesse collettivo. Altrimenti c'è Cosa Nostra». E detta: «Dalla partitocrazia alla meritocrazia». L'enigma Di Pietro. Così amato che quando arriva fanno festa tutti, e vanno giù fiori e vasi e persino la cattedra traballa. Così temuto che gli obbediscono tutti, anche i fotografi: «Dopo 3mila foto, basta. Nel mio ufficio ve lo ordinavo, qui ve lo chiedo per favore». E quelli smettono davvero: «Su su, via». L'enigma Di Pietro, nell'aula magna dell'Istituto universitario Cattaneo. Arriva con il ritardo accademico, 15 minuti dopo le 17, fra gli applausi e le urla, «dottore, dottore!», e qualcuno che azzarda «professore!», che adesso va di moda. Professore? «Questa potrebbe o dovrebbe essere la mia prossima attività». E in questo modo vuol mettere il cuore in pace «ai beninformati che mi hanno messo un giorno a capo di un fantomatico partito, un giorno in un ministero e un altro come premier». Anche al Sis lo hanno messo. E lui dice: «E' vero, mi hanno chiesto di far parte del Sis, è vero ho detto di sì, ma è altrettanto vero che ho anche detto: prendo il treno, arrivo a stazione Termini, e poi?». Deve fermar gli applausi per continuare: «In queste condizioni, cari studenti, è meglio stare qui con voi». Il Sis, in realtà, «non ha alcuna possibilità di reale funzionamento, essendo solo una sigla senza struttura, che non ha mezzi e non ha autonomie». Antonio Di Pietro parla nell'aula magna che sembra una bolgia. Applaudono sempre, applaudono tutti. Il putiferio era cominciato già prima, attorno a Roberto Maroni, a Francesco Speroni e Romano Prodi, e attorno agli ex colleghi del pool. Fuori dall'aula, un signore in blu spiega che non ci sono più posti alla folla che preme davanti alla porta: «Quelli rimasti sono per le autorità. Tipo Maroni, non so se mi spiego». In fondo, lui, Maroni, ha preferito Di Pietro al dibattito della Camera: «Be', certo». Meglio di tutti quelli che parlano oggi a Roma? «Direi...», risponde e sorride, buttandosi dentro, nella mischia. E lì accanto c'è Prodi che fa gli auguri: «Buon lavoro a un governo che mi piace». E c'è il pm Gherardo Colombo che spiega: «Di Pietro può insegnare molte cose in questa sede visto che molte cose ha fatto dall'altra parte della barricata». Ci sono i gip Maurizio Grigo e Andrea Padalino, c'è pure il pm Francesco Greco che ha addirittura disertato l'udienza dell'Enimont per venire qui. E quando arriva la signora Susanna Mazzoleni, poi, la moglie di Di Pietro, e si siede in seconda fila, proprio dietro a Prodi e a Claudio De Matte, i fotografi si accalcano, quasi si siedono sulle ginocchia di Prodi, che si fa più piccolo, assieme a De Matte. E quando entra Di Pietro, apriti eie- lo, succede di tutto. Lo applaudono subito. Fa spostare i fotografi. Ovazione. Eppure, è vero, persino banale: bisogna riscrivere le regole, trovare un mo¬ do per uscire da Tangentopoli. L'aveva già detto a Cernobbio, fra le polemiche, quand'era ancora magistrato e ora lo ripete: «Avevo lanciato l'idea del Kyosey, cioè del col¬ laborare insieme imprese e istituzioni. Mi accusarono di attentato alla Costituzione: come giudice non avrei dovuto dare suggerimenti». E invece oggi lui dice che collabora con l'Istituto Cattaneo anche per questo, per riscrivere le regole del dopo Tangentopoli. Tre le direttrici principali. Quasi un programma politico; e forse più di un programma politico. La prima è quella di una riforma fiscale «in cui prevalgono migliori criteri distributivi del carico tributario, la riduzione dell'evasio- ne e la lotta alla corruzione». La seconda riguarda il diritto di cronaca e l'oggettività dell'informazione: «Che dev'essere libera e responsabile per costituire la roccaforte della democrazia. Se non lo è, vuol dire che è antidemocratica». Anche con la stampa, Di Pietro non è tenero: «Bisogna evitare che il cittadino perda fiducia nel sistema informativo, come ci ha ricordato il cardinale Martini». E poi, il terzo tema: il lavoro, la trasparenza dei pubblici appalti. «Occorrerà salvaguardare le regole del mercato per evitare danni non solo all'amministrazione, ma anche alle imprese e alla collettività tutta». Lui valuterà con attenzione la proposta dell'Igi per assumere la responsabilità di questo osservatorio sulle gare pubbliche. Perché Di Pietro adesso lo vogliono tutti, può fare di tutto. Non ha più i lacci di prima: «Qualche libertà di parlare io ce l'ho», dice sorridendo ai suoi ex colleghi. Così parla, e attacca i partiti: «L'assenza di una gestione democratica interna dei partiti ha impedito il tempestivo ricambio generazionale, ha generato la prassi del voto di scambio, ha comportato il rastrellamento delle tessere, ha creato nuove parrocchie, o, meglio, nuove feudalità». Non è una critica anche a quelli nuovi? Chissà. Sembrerebbe di sì, a seguirlo dopo: «Occorre ora e subito invertire la rotta, e di questo deve farsi carico l'istituzione per eccellenza, cioè il popolo, che deve alzare la voce contro ogni distorsione o involuzione democratica, alzando pure il livello morale dei propri rappresentanti». L'enigma Di Pietro. Se lo guardano e lo applaudono tutti. Quelli come Alessandro Meuzzi, studente, 20 anni: «Sorprendente. E' riuscito a dire tutto quello che volevamo ascoltare». O quelli, come Alberto Mantovani: «Bravo. Ma non era una lezione per noi. Era una risposta per voi». L'enigma Di Pietro. Pierangelo Sapegno Lezione elei pm all'Università: «Il popolo alzi la voce quando va a votare» Dalle aule del tribunale a quelle dell'università. A destra, l'ex pm Antonio Di Pietro, a sinistra, Gherardo Colombo e Romano Prodi «No alla politica e al Sis» E dall'aula si alza una ovazione

Luoghi citati: Cernobbio, Roma