« Addio Umberto crudele » di Giovanni Cerruti
Il Cavaliere sale sull'Aventino « Addio Umberto crudele » I dissidenti fondano un gruppo al Senato LO SCISMA NELLA LEGA ROMA DAL NOSTRO INVIATO Addio Bossi, addio. I dieci senatori ribelli non sono più «dissidenti», se ne sono proprio andati. Ed è Carlo Scognamiglio, presidente del Senato, a dar la notizia ufficiale a metà mattina: «Comunico la costituzione del nuovo gruppo denominato "Lega Federalista Italiana"». Mezz'ora più tardi, conferenza' stampa di presentazione. Il presidente Mario Rosso, i vicepresidenti, il tesoriere, il segretario, il responsabile relazioni politiche. E la fuga non è finita qui. Addio, in queste ore, anche da una dozzina di deputati. «Ma noi non abbiamo fretta», sorride Franca Valenti, bionda parlamentare milanese, fino a ieri «dissidente» e da oggi iscritta al Gruppo Misto della Camera. Non hanno fretta di fondare un loro gruppo, anche perché come nota Furio Gubetti, l'ex leghista torinese ora capo- gruppo dei «liberal federalisti» - non raggiungono quota 20 e non possono mettersi in proprio. «Però vedremo nei prossimi giorni - è ottimista Luca Azzano Cantarutti, deputato di Pordenone - potremmo ricevere altre adesioni e allora...». Una settimana fa erano i «maroniani». Adesso, dieci al Senato e una dozzina alla Camera, si chiamano «Lega Federalista Italiana». Saranno il chiodo di Bossi, il trapano che ogni giorno si lavorerà i deputati rimasti nella Lega Nord. «Noi - dice Rosso - ci riconosciamo nelle decisioni prese al congresso di Bologna, ci riconosciamo nel progetto del Polo della Libertà». Bossi è il leghista che sbaglia. «Noi non tradiremo mai il Polo - insiste Rosso - saremo la coscienza critica. E la prima caratteristica del nostro gruppo sarà proprio quella di essere un gruppo». Al Gruppo Misto della Camera si è iscritto anche Luigi Negri, l'ex segretario della Lega Lombarda, l'ex portavoce dei dissidenti leghisti. «E' ve¬ nuto da me chiedendomi dei deputati in prestito per fare Gruppo - dice Gubetti - ma gli ho detto di no e non ho capito perché non vengono con noi. Mi avevano dato del dilettante della politica, quando me ne sono andato dalla Lega all'inizio di questa crisi. Noto che c'è qualcuno più dilettante di me». I «gubettiani» temevano che Negri e gli altri facessero gruppo con l'ex ministro Giulio Tremonti e l'ex pattista Ernesto Stajano: «Ma non andrà così», pericolo scampato. E così, in dieci mesi, la Lega scende da 180 parlamentari a 119. Un terzo di meno. E quelli che restano non sono poi tutti entusiasti. Votato il governo Dini, per la Lega vanno a cominciare le due settimane che porteranno al congresso dell' 11 febbraio. Bobo Maroni a parte, anche i bossiani più ortodossi non possono fingere che la fuga non ci sia stata. «Nella Lega - anticipa Corrado Peraboni - ci sono parecchie cose da cambiare. Non discuto le scelte politiche del segretario, ma l'organizzazione sì». Sotto accusa, più che la politica di Bossi, finisce di certo il suo carattere, il suo distacco dai parlamentari. Eppure, in queste giornate, Bossi ha ignorato dissenso e fughe. «E' un errore - lo rimprovera un altro fedelissimo come Antonio Marano -. A questa prova della crisi di governo siamo arrivati con l'esercito impreparato, lo stato maggiore non c'era... Le indicazioni del segretario le ha capite più la base del movimento che la base parlamentare». I deputati in uscita dovrebbero essere 12, per oggi si attende la conferma dalla Presidenza della Camera. Continuano a sperare in Tremonti e Stajano: «Nei giorni scorsi ci avevano fatto sapere che erano disponibili», ammette Azzano Cantarutti. Ieri no, oggi chissà. Giovanni Cerruti E a Montecitorio si spera nell'adesione di Tremonti L'ex ministro dell'Interno Roberto Maroni
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