L'ITALIA UNTA E GRASSA STRANIERA A SAPEGNO
L'ITALIA UNTA E GRASSA STRANIERA A SAPEGNO L'ITALIA UNTA E GRASSA STRANIERA A SAPEGNO Carlo Dionisolti ricorda lo storico e l'amico verte il professore. Il pensiero corre a Franco Venturi, il biografo del conte («Il primo illuminista della Penisola», secondo Gobetti), di recente scomparso. «Ero allievo di suo padre, Lionello, che affidò il figlio ad Arnaldo Momigliano per fortificarlo nelle materie classiche. Di sei anni più giovane di me, conobbi Franco solo nel '43, in agosto. Zona Crocetta, via Lamannora, via Governolo. Vedo avanzare due figure, con la valigia. Una la riconosco, è Leone Ginzburg, che mi presenta Venturi. Di ritorno dal confino, si dirigevano verso l'Einaudi, allora in corso Galileo Ferraris. L'avrebbero trovata distrutta dai bombardamenti». Leone Ginzburg, il prodigioso intellettuale che fece conoscere Croce a Dionisotti («Croce e la cultura torinese» - il potente antidoto che il filosofo di Palazzo Filomarino rappresentò contro il positivismo - è un saggio di Sapegno accolto nel volumetto), «accadde alla Biblioteca Nazionale - rammenta l'autore di Appunti sui moderni -, dove il Senatore sostava a lungo durante i soggiorni torinesi. Era sulle orme di un umanista minore, che, guarda caso, conoscevo. Leone, che lo accompagnava, si rivolse a me. Gli suggerii il libro da consultare. Croce, grato, volle incontrarmi. Cominciò così un affettuoso, amichevole sodalizio». Natalino Sapegno, che ha legato in particolare il suo nome al Coni pendio di storia della letteratura italiana e al commento della Divina Commedia, si laureò nel 1922 con una tesi su Jacopone da Todi. Si imporrà come «studioso e maestro di letteratura italiana - affer¬ Dalla Torino di Gobetti a Roma, con Croce, Ginzburg, Franco Venturi ma Dionisotti nella sua lezione - indipendentemente dal "Giornale storico" di Vittorio Cian (bersaglio numero uno Croce, ndr) e dalla scuola di Torino». Dionisotti, sotto la guida di Cian, suggellò gli studi universitari: «Ne ho un ricordo ottimo. Laureatosi nel 1885 sul Bembo, si sarebbe potuto offendere quando gli chiesi di occuparmi dell'umanista cinquecentesco. E invece non esitò ad aiutarmi. Beninteso, non voglio relegarne in secondo piano i demeriti, le malefatte, le deplorevoli faziosità. Penso al trattamento che riservò a Umberto Cosmo. E all'acerrima guerra dichiarata a Croce. Poco ci mancò che non ne sortisse un duello. Dopo la guerra, ma indipendentemente da me, Cian si pacificò con Don Benedetto». Croce, ovvero «la religione della libertà». Un magistero che condurrà - per dirla con Franco Antonicelli - alla «pratica della libertà». «Nel nostro Paese la libertà è ben salda: c'è troppo benessere» «Antifascismo - scrive Natalino Sapegno su La Rivoluzione Liberale nel 1922 - : vale a dire volontà d'inimicizia contro l"'altra Italia"». L'Italia - spiegava Sapegno nel medesimo articolo - che ostenta «superiore indifferenza, sdegno dei programmi e delle ideologie, saggezza nell'apatia, ironica e gioconda sopportazione», dotata di quel «proverbiale buon senso» che «svela caratteri di grettezza, d'ignavia e, diciamo pure, di viltà». Nel nostro Paese il totalitarismo potrebbe nuovamente attecchire? Carlo Dionisotti, già militante nel partito d'azione, lo esclude, non tanto perché la libertà sia amata in sé: «L'Italia - osserva - è un mondo grasso e unto. Non lo dico da oggi. Il benessere assaporato nella storia repubblicana non ha eguali, un paragone con l'età fascista o liberale è impossibile. La gente sa di sicuro che condizione indispensabile dell'agiatezza raggiunta è la libertà,
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