LE GIOVANI PENNE VANNO IN GOL

LE GIOVANI PENNE VANNO IN GOL LE GIOVANI PENNE VANNO IN GOL zolini, Giampiero Comolli, Marco Lodoli, Sandro Onofri, Manlio Santanelli, Valeria Vigano, riunite ne II pomeriggio dell'atleta stanco, stanno per uscire da Theoria introdotte dallo stesso Fano. Certo, sembrano mille volte peggio degli abitanti della Nuova Guinea quei ragazzi di vita, crudamente raccontati da Onofri che, in trasferta verso Roma per riunirsi sotto gli striscioni giallorossi, fanno della violenza il loro pane quotidiano: «Arrivati a Orte, quei pochi che avevano provato a dormire ci rinunciano. C'è sempre qualcuno che ti ficca una sigaretta in un orecchio, o con l'accendino ti brucia la carne lì, nell'unico calzettone. Ridono esageratamente, si buttano uno sull'altro, con le mascelle tirate nella risata nevrastenica. Uno si appunta con le gambe e spinge come un ariete contro lo stomaco del LROMA UCE fosca sugli spalti, fumo nero dei petardi, balenano le lame dei coltelli, fuori dallo stadio crepitano i falò delle macchine. Sì, siamo peggio dei selvaggi. E non è solo un modo di dire. Negli Anni Cinquanta, quando il gioco del calcio si diffuse in Nuova Guinea, la tribù dei Gahuku-Gama, che ancora non aveva perso l'abitudine di pasteggiare a base di carne umana, adottò per i campionati una regola speciale. Non esistevano né vinti né vincitori. Bisognava disputare per molti giorni di seguito tante partite quante ne erano necessarie affinché il numero delle vittorie e delle perdite si equivalesse per i contendenti. Come mai questa insolita decisione? Una grande conflittualità caratterizzava i vari clan e i «selvaggi» volevano evitare che il campionato si risolvesse in una rissa destinata a concludersi con il consumo di un prelibato arrostino. L'apologo lo racconta lo scrittore Giampiero Comolli, ispirandosi a II pensiero selvaggio di Claude LéviStrauss, per testimoniare come i cosiddetti «primitivi» siano stati ben consapevoli della furia distruttiva che anima ogni tipo di agonismo e che implica il desiderio dell'annientamento della squadra avversaria. Come comportarsi di fronte alla violenza degli stadi? Che cos'è che oggi fa emergere nel mondo dello sport uno spirito sempre più bellicoso? Per rispondere a queste e a tante altre domande, ma soprattutto per avere uno sguardo capace di andare oltre la cronaca e carpire il significato più profondo di ogni sfida agonistica - non solo di quella con il pallone, ma anche di ogni altro tipo di sport, dall'equitazione alla boxe - Nicola Fano., attuale responsabile della sezione Cultura dell'«Unità», quando era capo della pagine sportive, ha affidato ad alcuni scrittori il compito di scrivere degli elzeviri per il suo giornale. E adesso le cronachette agonistico-narrative di Daniele Az- ~f\\ UEL giorno anche negli ocI ! chi di mio padre, un uomo I I all'antica, forte e severo, 1 I colsi una luce strana». Quel Y I giorno si è perso nella nebV bia dei ricordi. Quella luce è diventata un sole. Franco Baresi. Comincia così, in punta di poesia, il libro che racconta in prima persona una vita e una carriera, un uomo e uno squadra, un mondo e un ambiente. Franco Baresi, un amore chiamato Milan (Salviati, pp. 144, L. 29.000). Dai primi calci alle lacrime di Pasadena, un rigore sbagliato, il sogno mondiale che sfuma sul più bello, a 34 anni. Il testamento del capitano. Per redigerlo, Baresi si è rivolto ad Alberto Costa, giornalista del Corriere della Sera, fra i più compagno; questo, per difendersi, gli acchiappa le palle e gliele tira». Né hanno un'aria particolarmente accattivante o simpatica i pugili di periferia dalle braccia tornite e dal naso a palletta incontrati dalla Vigano nella sua esplorazione nelle palestre dove si lira di boxe. I ragazzi con i guantoni sognano splendenti carriere sui ring più famosi del mondo, e intanto allungano un gancio a un povero emigrato che anche lui immagina orizzonti di gloria. Il gioco del calcio è il più frequentato dagli scrittori del volume. E Manlio Santanelli nella tavoletta «Bello stabile» racconta che di questa passione fatale si può anche morire. Così capita alla moglie di Gennarino che soccombe sotto le coltellate perché ha buttato nel wc dei bottoni bianco-azzurri con cui il marito simulava il derby. Sri scrittori nummi) In spuri in -Il ponici iiiiiio i/cll'nl/eln sluiiiu- I liei uni

Luoghi citati: Fano, Nuova Guinea, Orte, Pasadena, Penne, Roma