«Così vendo il sogno di un figlio» di Giuseppe Zaccaria

«Così vendo il sogno di un figlio» «Così vendo il sogno di un figlio» A Firenze una «banca» privata di donatori di sperma I MISTERI DEI BABY IN PROVETTA FIRENZE DAL NOSTRO INVIATO Non emozionarti, amico: se vuoi essere un donatore ma ti vergogni un po', o magari sei bloccato a casa, pensiamo a tutto noi. In poche ore riceverai «un kit di facile utilizzo» che poi provvederemo direttamente a ritirare. Se hai dubbi chiama il numero verde, in ogni caso segui le semplici istruzioni allegate. C'è scritto proprio tutto, nel ciclostilato che emerge dall'elegante brossura. I vantaggi? L'operazione si svolge «in modo relativamente facile, poiché rimarrete tranquillamente a casa senza alcun disturbo di tipo psicologico». E a chi può maggiormente servire? Ma è chiaro: «Giocatori di calcio, di football americano, acrobati, piloti, poliziotti, militari, operatori nel campo delle radiazioni, eccetera». Leggi tutte queste cose, alzi gli occhi sul signore che dall'altra parte della scrivania te le ha appena passate e pensi che dev'essere tutto un equivoco. Poiché, se ancora non si fosse capito, i «donatori» di cui si parla sono donatori di sperma. E invece no, questa è sempre e ancora la pubblicità - riveduta, corretta, ampliata - del «kit» che tre mesi fa ha suscitato scandalo, il «fai da te» delle gravidanze a futura memoria. Qui si stanno elogiando le virtù del «Kit Viva Sperm, che manterrà per ventiquattr'ore intatto il vostro seme a temperatura ambiente». Davanti alla scrivania c'è un uomo che del giocatore di football americano avrebbe l'aspetto e invece fa il ginecologo. Si chiama Luca Mencaglia, ha 41 anni e un piccolo, storico primato: è la prima persona che in Italia abbia deciso di usare il seme umano a livello industriale. Grazie al «kit» la sua banca del seme si è frazionata in sportelli, adesso si attende solo l'introduzione del bancomat. Costo di una «paillette» (ma tanto varrebbe dire dose), 250 mila lire. Avete mai visto un figlio artificiale che costi meno? A questo punto, immagino che la vostra reazione cominci ad oscillare fra il ribrezzo e il rifiuto: beh, lo è stata anche la mia. E pure sarà bene anticipare che dopo quanto ho visto in altre «banche del seme» italiane (e soprattutto in luoghi che «banche» non sono, ma al massimo succursali, monti dei pegni, banchetti di strozzini) avrei l'impulso di tornare dal dottor Mencaglia e dirgli: «Chiedo scusa. Quest'attività continua a provocarmi ribrezzo, ma per quanto amorale, sgradevole, protervo sia il suo mercato questa almeno è un'autentica trattativa d'affari». Un caso di commercializzazione vietato da ogni etica ma se non altro preciso, chiaro, affidabile. Sì, poiché in quella sorta di Las Vegas della maternità a gettone che il nostro Paese è diventato, uno almeno compra le «dosi» del dottor Mencaglia, sa che non corre rischi e può perfino selezionare taglia e colore del nascituro. Avete capito bene: taglia e colore. «D'altronde - obietta il ma- nager - perché una coppia che ha vissuto con dolore il problema della sterilità dovrebbe fare a meno di avere un figlio altrui ma almeno alto come il padre, o con gli stessi colori della madre?». Perfettamente logico, anche se vengono i brividi a pensare a quando lo sperma sarà classificato (e venduto) anche in base al quoziente d'intelligenza del donatole. Mencaglia ha capito che la sua organizzazione rappresenta una forza, e ne approfitta: «Vede, io ho lavorato a lungo negli Stati Uniti, e continuo ad avere stretti contatti con la California...». Grande Paese, quello, il luogo in cui tutto è possibile, anche in termini di inseminazione. Uteri in affitto, in leasing, in comodato: basta un contratto, che non a caso il centro di Firenze propone come riferimento in un'elegante cartelletta della «California Cryo- bank». «Lei dice che vendere il seme umano è immorale? E io le rispondo: è meno immorale fare ricorso a seme che non ha subito alcun controllo? Magari fresco? Magari estorto a "donatori" dalle provenienze più incerte? Sa che in Italia ci sono già stati cinque casi di Aids dovuti a donazioni imprudenti? 250 mila lire in fondo sono poche: sa cosa accade ogni volta che abbiamo contatti con un donatore?». No, che non lo sapevo, almeno in quel momento. Ma prima di parlarne (e di illustrarvi la teoria del villaggio australiano) converrà fare un breve inciso. Sapete quante sono in Italia le «banche del seme»? Se no, non ve ne preoccupate poiché non lo sa nessuno. Proprio nessuno: né lo Stato né i luminari del settore, né le organizzazioni specializzate, la finanza o i carabinieri. Non lo sa il professor Emanuele Lauricella, presidente del Cecos, la più grande organizzazione del settore («I nostri centri sono ventuno, degli altri non posso dire nulla»). Non lo sa il ministero della Sanità, dove è stato da poco istituito un registro, ma su base volontaria. Pensate forse che lo sappiano i «banchieri»? Neanche per idea: una stima molto, molto approssimativa vuole che fra «ufficiali» e non questi centri superino di poco il centinaio. Sapete quanti sono i donatoi i? Anche qui, inutile prendersela: non esiste in Italia una sola persona che lo possa dire. Qualche migliaio, forse. Forse molte migliaia. Solo al Cecos hanno un'idea chiara: «Il nostro statuto è brevissimo, una pagina e mezzo spiega Lauricella -. Pochi principi e chiari: nessun tipo di commercializzazione del seme, nessuna cessione a donne che abbiano su¬ perato i cinquant'anni. Tutto deve essere compiuto nell'interesse del futuro bambino: quindi, accettiamo donazioni solo verso coppie eterosessuali stabili. Si può non essere d'accordo, specie su quest'ultimo punto: personalmente io credo che una donna sola possa egregiamente supplire una famiglia classica. Ma tant'è». Tanto rigore si riflette sulla scelta dei donatori: «Ci rivolgiamo a due categorie: studenti in medicina ed allievi ufficiali, i primi perché già sensibili al problema, i secondi perché hanno già passato una selezione. Eppure finiamo con lo scartare otto persone su dieci, già prima di compiere tutti gli esami». E lei, dottor Mencaglia, a chi si rivolge? «Studenti, soprattutto. Anche da noi la selezione è spietata: analisi, indagini, test contro l'Aids, una seconda donazione dopo sei mesi, e solo a quel punto...». Solo dopo sei mesi la «donazione» si trasforma in «kit». Ma a proposito, vogliamo trovare una definizione più appropriata? Poiché, sapete, i «donatori» del dottor Mencaglia sono in realtà venditori, posto che ricevono 80 mila lire a consegna. E di 80, 100 mila lire (un po' meno al Sud o in altre aree depresse: uno studente di Ravenna mi ha detto di averne prese solo 50 alla volta) si parla nel resto d'Italia. Scusi, dottor Mencaglia: ma quante volte ogni venditore può diventare padre? «Su questo siamo inflessibili: dopo tre gravidanze andate a buon fine, scartiamo il giovane». Al Cecos sono meno rigidi: il seme della stessa persona può essere adoperato fino a dieci volte. Dieci figli della stessa persona, che per di più non lo sanno, e un giorno potrebbero incontrarsi, magari fare l'amore, produrre altri figli? Spiega Mencaglia: <cCi atteniamo rigorosamente a una proporzione matematica». Lauricella ce l'ha illustrala ancora più nel dettaglio: «Un famoso genetista australiano ha calcolato che se in una cittadina di 100 mila persone un uomo che ha già due figli donasse dieci volte il suo seme, le probabilità che un fratellastro e una sorellastra s'incontrino sono bassissime. Esattamente dello zero virgola zero zero zero trentacinque». Straordinario. Non fosse per il fatto che i «venditori», una volta scoperto il mercato, ormai girano tranquillamente da una banca del seme all'altra. Non c'è registro, non esistono reti computerizzate che colleghino le strutture. Il ragazzo di Ravenna, che studia a Roma, racconta tranquillamente che ogni mese rinnova il «giro» di banche. E' facile: basta scrivere «no» alla domanda se abbia già donato il seme. «E pensi che sarebbe facilissimo anche bloccare questa follia - dice Lauricella. «Basterebbe un decreto di quattro righe che dica: chi detiene una banca del seme ne deve fare comunicazione al ministero, e sottoporsi a controlli». Giuseppe Zaccaria «Garantiamo controlli rigorosi Ogni consegna del liquido viene pagata ottantamila lire» «Per chi si vergogna mettiamo a disposizione un kit per fare in casa la donazione» Sopra: il contenitore di azoto in cui vengono conservati gli embrioni. A destra un reparto maternità

Persone citate: Emanuele Lauricella, Lauricella, Luca Mencaglia