Bosnia il generale lascia tra i fischi di Fabio Galvano

A Sarajevo è stato contestato, nessuna autorità musulmana all'aeroporto A Sarajevo è stato contestato, nessuna autorità musulmana all'aeroporto Bosnia, il generale lascia tra i fischi L'Onu sostituisce Rose Z LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Sono finiti con una buona notizia i dodici mesi del generale Sir Michael Roso a capo dolio forzo Onu in Bosnia. Partendo da Sarajevo, dove da oggi sventolerà la bandiera del suo successore Rupert Smith, anch'ogli inglese, Roso ha annunciato un accordo in extremis fra il governo bosniaco e le forzo separatiste serbe per 'l'apertura dal 1° febbraio - come parte della tregua di un mese fa - delle strade che collegano Sarajevo alla regione circostante. E' una magra consolazione per il generale arrivato in Bosnia fra grandi speranze e salutato oggi senza rimpianti, gli applausi sostituiti da fischi; un generale che ha ottenuto qualche risultato promettente ma che è stato travolto da una serie di umiliazioni e che, in sostanza, non aveva più dialogo con il governo musulmano della Bosnia. La partenza di Rose, in effetti, è avvenuta quasi alla chetichella, senza la coreografia che ne aveva salutato l'arrivo un anno fa. Soltanto le sirene dell'Orni, all'aeroporto di Sarajevo, gli hanno detto addio. E' andato a Zagabria, dove lo attendeva il suo successore. «Gli dirò di tenere il passo con il processo di pace», ha osservato il generale. E' quello, in fondo, che ha corcato di fare lui; ma non sempre con successo. Uomo d'azione, con un passato fra le Sas nelle Falkland e in Ulster, Roso non si è mai trovato bene fra le sabbie mobili della politica; ed è finita che, per il governo bosniaco, la sua ò una figura d'odio o disprezzo, sovente espressi anche in pubblico c alla sua presenza dal presidente Izetbegovic. Fra i risultati positivi conseguiti dal generale Rose si possono annoverare la riconciliazione fra musulmani e croati della Bosnia centrale, fino alla scorsa primavera impegnati in una sanguinosa guerriglia; la fir.e del pesante bombardamento di Sarajevo da parte dei serbi; la nuova tregua, in tutto il Paese, fra musulmani e serbi. Ma non è abbastanza per una bilancia che sull'altro piatto ha tre profonde crisi, tutte provocate da azioni serbe contro le zone protette create dall'Onu. La prima, nel febbraio scorso, ò stata la crisi di Sarajevo, che ha segnato il momento culminante della volontà occidentale di forzare la situazione in Bosnia. L'ultima e stata l'emergenza di Bihac, a novembre, quando i serbi hanno umiliato l'Onu prendendo ostaggi centinaia di caschi blu e provocando nulla più che un'inutile litania dello Nazioni Unite e della Nato. Ma in mezzo c'è stato, per il generale Rose, l'episodio più grave: l'umiliazione di Gorazdo, ad aprile. In quell'occasione i serbi, guidati dal generale Mladic, avevano capovolto l'ideologia bellica di Rose mettendo a buon frutto quello che era stato il suo motto nello Sas: «Chi osa, vince». A osare, e a vincere, fu Mladic: arrivato in forze alle soglie della zona protetta, foce il bello e il cattivo tempo. E alla fine il generale Rose aveva perso ogni volontà interventista, sostituendola con un prudente neutralismo. Che cosa era accaduto? Semplicemente che, a suo avviso, il governo bosniaco aveva volutamente ceduto a Gorazde per innescare l'intervento della Nato. E' vero che in quell'occasione Rose ordinò le prime incursioni aeree della Nato; ma a tutti gli effetti i bombardamenti si rivelarono poco più che simbolici e l'unica vittima fu un carro armato serbo senza equipaggio. Quello che risultò, tuttavia, fu la nascita di un maggiore rispetto da parte di Rose per le forzo sorbe e un crescente disprezzo per i musulmani, con il risultato che i rapporti fra il generale e il governo bosniaco s'incrinarono. 1 difficili rapporti di Rose con gli americani non sarebbero stati, secondo numerosi osservatori londinesi, che una conseguenza. 1 militari Usa gli rimproverano soprattutto di avere vanificato e di fatto bloccato le numerose richieste di efficaci interventi aerei da parte della Nato di fronte alle violazioni serbe. I nodi erano venuti al pettine durante la crisi di Bihac, creando attriti non solo fra le due sponde dell'Atlantico ma persino fra Onu e Nato. Nonostante l'autorizzazione dal Palazzo di vetro, Rose non usò l'aviazione; e come risultato di quel fiasco non solo la politica della risposta aerea è morta in Bosnia, ma le forze serbe hanno eretto nuove difese antiaeree minacciando direttamente i voli della Nato. Il mese scorso, di fronte ai pericoli per gli aerei della Nato, Rose ha subito l'ultima umiliazione, fornendo al generale Mladic - in cambio di una sorta di salvacondotto - i piani di volo dei propri aerei. Con gli americani furenti, nessuna meraviglia che la sua partenza non sia stata salutata da fuochi d'artificio. Da nessuna delle parti. Fabio Galvano Z Un'immagine del gen. Rose fuori dall'ufficialità, nel laboratorio di una panetteria

Persone citate: Izetbegovic, Michael Roso, Mladic, Roso, Rupert Smith