Signore e signori lo show è finito di Curzio Maltese

ese jse^j GOVERNO E TV Signore e signori lo show è finito NONNO, ma com'è cominciato il governo Dini?». «Eeh, nel '95, doveva durare due mesi...». Ma in fondo si capiva fin dal primo giorno. C'è stato un momento in tv, quando Lambertow Dini ha riposto il ventesimo foglionc per attaccare la lettura del penultimo, monocorde come soltanto Henry Kissinger, in cui sui volti del Polo è all'improvviso calata un'ombra nera. Fini ha sgranato gli occhi, sbuffando. Casini ha preso ad agitarsi sul banco, come tarantolato. E Berlusconi? Piegava e ripiegava un foglio, con ancora l'intestazione della Presidenza del Consiglio. Poi ha guardato l'orologio. Dini stava parlando da tre quarti d'ora. Lui, Berlusconi, il 16 maggio '94 se l'era cavata in cinquanta minuti, compresi gli auguri al Milan e l'appello alle future generazioni («Anch'io ho fatto un sogno...»). Dini, senza nemmeno un accenno a Tomba, ne impiegherà 58. Dalle sue parole non si capisce quanto durerà. Dalla faccia in compenso si capisce che lo Show è finito. In mezzo, due ovazioni, da sinistra e da destra. Alla fine un applauso generale, esclusi Bertinotti e compagni. Ci voleva il maggioritario, in Italia, per vedere tutta la Camera che batte le mani a un governo. Di tecnici, per giunta. Sconosciuti. La carrellata di Raiuno sui banchi dei ministri è impressionante. A parte Susanna Agnelli, chi sono gli altri? Qual è Fantozzi? E Corcione? Niente, non ha la divisa. Anonimi eppure popolari. I sondaggi certificano che il governo Dini piace al 60 per cento degli italiani. Così, al buio. Del resto, non si può negare che si tratti di «gente competente» «lontana dalla politica dei politicanti». Un generale, due magistrati, un governatore, un medico, economisti, professori: più «pescati dalla trincea del lavoro» di questi. La retorica del «quclche-la-gentc-vuole» torna come un boomerang sul Cavaliere, che nel frattempo s'è già dileguato dall'aula. Prima dell'applauso ecumenico e già in Televisione, a casa. A spiegare la posizione del Polo. Una parola. Hai voglia a essere un grande comunicatore, a controllare sei tv. Perché, come Berlusconi ripete spesso, «è il messaggio che dev'essere chiaro». Pro o contro, o di qua o di là, «o Berlusconi o elezioni», «Dini traditore». Ma stavolta, guarda un po', non si capisce. Anche a guardare tutti e sci i tg che, massimo affronto, mescolano il Silvio-pensiero a quello degli altri leader nel pastoncino da Montecitorio. E poi si permettono addirittura di tradurlo, manco fosse un qualsiasi Forlani o Do Mita d'annata. Sicché pare, sembra, si vocifera che «il cavaliere sarebbe orientato verso l'astensione». Toh, la vecchia non sfiducia. Meglio ancora, la non sfiducia con «distinguo». Come si evince dai pareri a seguire di Fini, tendente al «no» - con riserva, certo - e di Pannella, già entusiasta del nuovo governo (come dei precedenti Berlusconi, Ciampi, Amato, e prima Craxi...). Anche i dissidenti maroniti sono per il «sì», per distinguersi da quel pazzo di Bossi che viceversa voterà «sì». Un dubbio. Ma la gente, la ggente, capirà? Curzio Maltese jse^j

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