Bossi abbiamo cucciato il grande nemico
Il leader della Lega soddisfatto per l'astensione degli ex alleati: «I dissidenti? Non contano nulla» Il leader della Lega soddisfatto per l'astensione degli ex alleati: «I dissidenti? Non contano nulla» Bossi; abbiamo cuccialo il grande nemico «Dopo le menzogne, un liberale vero» ROMA DAL NOSTRO INVIATO Domenica sera, trattoria toscana di Milano, Umberto Bossi pensoso: «Certo che se Berlusconi e Fini si astenessero per noi sarebbe l'ideale...». Ieri sera, nel suo ufficio a Montecitorio, la tv spenta all'ora dei tg, arriva la quasi conferma. Forza Italia e An si dovrebbero astenere e Bossi batte le mani: «Perfetto!». Arrivato in ritardo da Genova, causa nebbia su Malpensa, Bossi non aveva potuto applaudire Lamberto Dini in aula: «Che differenza con il discorso che aveva fatto Berlusconi! Dalla pochezza, dalle pagine bianche, siamo passati a un liberale buono, alla visione liberale della società». Dini, come Scalfaro, per Bossi in queste ore è solo da osannare. E non contano, adesso, i dieci senatori che da oggi non saranno più leghisti, o la pattuglia di deputati che è pronta a seguirli, i sondaggi che danno la Lega al ribasso costante, altri dissidenti che stanno rovinando la piazza milanese a Marco Formentini, il congresso fissato per 1*11 febbraio... «Quel che conta - dice - è che al posto di Berlusconi c'è Dini. Come ha dimostrato con il suo discorso, un uomo attento alle regole della democrazia. Ma dovrà stare ben attento. Attento a quelli che vogliono le elezioni perché sono contrari alle riforme». Ha già cominciato a scrivere il suo intervento di oggi. Tema, «l'occasione storica». Svolgimento: «Non so se il governo Dini vivrà a lungo oppure no, ma noi lo voteremo perché è un'occasione storica per la democrazia e per la libertà. Tutti i partiti e tutti gli uomini democratici dovrebbero votare a favore di questo governo, perché libera il Parlamento dalle mani dei partiti, dalla gabbia di Berlusconi e Fini, consentendo la realizzazione delle riforme fondamentali. Ci vogliono le riforme subito, prima che l'Italia sia la porta d'ingresso, come vorrebbe la "banda dei due manigoldi", ad una serie di blocchi d'ordine. Dini è piaciuto alla Lega tutta, anche a Bobo Maroni. «Se non avesse inserito la frase "esauriti i quattro compiti considereremo esaurita l'azione di governo" sa¬ rebbe un programma di legislatura. E' stato un discorso molto ambizioso, peccato che non abbia detto nulla, o quasi, sulla lotta alla criminalità organizzata». E qui una stoccatina al suo successore al Viminale: «Ho letto che in gioventù votava de, mannaggia ragazzi, ritornano...!». Non è dispiaciuto, Dini, neppure a Luigi Negri e Marcello Lazzati, i due dissidenti ormai quasi espulsi: anche loro dovrebbero votare sì, salvo contrordini. Un «sì» arriverà anche dai dieci senatori che da oggi faranno parte del gruppo «Lega federalista italiana». Ieri sera si sono riuniti con i deputati del gruppo Negri, per questa mattina è prevista la prima conferenza stampa, il debutto. «Faremo presto una Convention spiega Mario Rosso, che sarà presidente del gruppo - perché il nostro obiettivo è quello di dar vita ad un intergruppo con i deputati. La nostra è una vera scissione». Così facendo, però, si chiamano fuori dal congresso. Dove Bossi avrà davanti un'autostrada di ovazioni e Bobo Maroni si presenterà come disciplinata minoranza. «Se ne sono andati? Era ora», chiude l'argomento Bossi. «Non possiamo permetterci di avere gente che sta con Berlusconi, l'aggancio per portar voti al fascismo mascherato. Berlusconi è il nemico e stiano pure di là, per l'amor di Dio. Era da tempo che paralizzavano il movimento. Se non uscivano, uscivano lo stesso». Espulsi. E adesso, per Bossi c'è l'ennesima (ri)salita: «Berlusconi non c'è più, Dini passa e quelli che più avevano da smenarci eravamo io e la Lega. Avevamo i ministri, ma abbiamo preferito perdere il Potere piuttosto che far tornare il fascista e il piduista. La gente capirà, capirà...». Giovanni Cerniti I II:: Mario D'Urso neo sottosegretario al Commercio Estero A sinistra: i sottosegretari dal governo Dini riuniti per il giuramento
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