La rabbia del Cavaliere «Il Colle ha colpito ancora» di Augusto Minzolini

La rabbia del Cavaliere «Il Colle ha colpito ancora» La rabbia del Cavaliere «Il Colle ha colpito ancora» IL POLO AD ALTA TENSIONE PROMA RIMA tiene il'viso tra le mani. Poi, sostiene il mento con il pugno. Quindi, scuote più volte la testa. Scrive uno, due, tre biglietti a Fini e ne riceve altrettanti, tutti condizionati da un interrogativo: «Ma perchè Dini ha presentato un programma così ampio se deve andare avanti solo per qualche mese?». Sono le espressioni nervose, i gesti di insoddisfazione con cui Silvio Berlusconi segue il discorso del presidente del Consiglio, Lamberto Dini. Applausi? Mai: nè all'inizio, nè alla fine dell'intervento. E quando la seduta si chiude e tutti i deputati di Forza Italia si stringono intorno al banco dov'è seduto l'ex-presidente del Consiglio, Berlusconi non riesce a nascondere la sya delusione. «Sono stupito. Scalfaro - si sfoga - deve aver fatto cancellare tre o quattro frasi che erano contenute nel discorso di Dini, quelle che ci avrebbero dato più garanzie sulle elezioni... Eppoi non ho capito perchè Dini ha presentato un programma valido addirittura per i prossimi venti anni se il suo governo deve durare solo qualche mese?». Un attimo dopo arriva Fini che si rivolge al Cavaliere: «Silvio, mi raccomando, al massimo possiamo dargli un'astensione». E' davvero deluso il Cavaliere. I parlamentari che escono dall'aula di Montecitorio rendono pubblico il suo disappunto. «E' seccato», annuncia Enzo Ghigo in Transatlantico. «Non è felicissimo», è l'eufe^ mismo usato da Paolo Romani. Ma potrebbe essere altrimenti? In che stato d'animo dovrebbe stare un uomo che aspettava un aiuto per uscire da una situazione difficile e che non l'ha trovato? Può essere deluso, irato, oppure disperato. Il Cavaliere era arrivato a Roma al mattino animato dalla voglia di dare un «sì» a Dini. Letta lo aveva informato la sera prima, al ritorno da un'ambasciata dal presidente del Consiglio, che Dini, in un modo o nell'altro, (ira pronto a lanciare un segnale sulle elezioni a giugno. E lui, Berlusconi, era pronto a recepirlo: «Ha scritto un discorso ha confidato Fabrizio Del Noce per motivare il voto a favore del governo». Davanti al palazzo di Via dell'Anima, nella consueta tenuta da tempo libero (tuta blu e scarpe da ginnastica), l'ex-presidente del Consiglio aveva manifestato con toni baldanzosi il suo ottimismo in pubblico. «Stiamo avendo dei segnali positivi... Comunque, vogliamo dimostrare che non siamo più al governo non per volontà degli elettori, ma per una congiura di palazzo. Le dimissioni in blocco dal Parlamento? E' una delle cose che stiamo valutando per rendere manifesto che è in atto una congiura. Tornerò ad occuparmi al 100% di Forza Italia, mentre Previti ha chiesto di tornare a fare il presidente dei senatori». A quell'ora il Cavaliere pensava di avere in tasca quella «formula» strana con cui Dini nel suo discorso avrebbe dovuto salvare capra e cavoli: cioè fare un governo con i voti dei progressisti e dare a Berlusconi la sicurezza che ci sarebbero state le elezioni a giugno. Alle 14 ci sono stati i primi segnali che qualcosa nel meccanismo messo in pie¬ di nelle trattative tra i palazzi della politica romana non girava per il verso giusto. Risultato? Berlusconi si è trovato in difficoltà con i suoi alleati: quando ha proposto ai vari Casini, Mastella e Fini riuniti a casa sua la possibilità di dare una fiducia al governo si è trovato di fronte una barriera di «no». Casini e Mastella si sono scatenati e lo stesso Fini, sia pure usando toni più calmi, gli ha detto di non essere d'accordo. E a nulla è valso l'arrivo di Pannella, grande assertore del «sì» a Dini. «Ma a che serve votare no? - ha chiesto ai suoi interlocutori nel salotto del palazzo di Via dell'Anima -. Qual è il problema? Dite voi stessi che se votiamo contro o ci asteniamo è difficile avere le elezioni e allora proviamo ad averle votando sì. 0 voi, Mastella e Casini, volete far fuori il governo Dini per avere un governo Cossiga e assicurarvi di nuovo qualche ministero?». Alla fine, per evitare rotture nel Polo, ha cominciato ad aleggiare nell'aria l'idea dell'astensione. Ma l'ultima decisione è stata rinviata a dopo il dibattito parlamentare: Berlusconi, infatti, malgrado le voci, ha continuato a sperare in un aiuto di Dini. Ma niente da fare. Alle 18 il Cavaliere ha preso coscienza dell'amara verità: il presidente del Consiglio aveva concesso meno di quello che si aspettava. Così, sono venute le scene della grande delusione. Berlusconi si è rifugiato nel corridoio dei passi perduti, dove ci sono gli studi tv. Lì ha parlato con gli alleati di sempre, Fini, e quelli occasionali, il segretario di Rifondazione Bertinotti anche lui schierato per le elezioni a giugno. Fini gli ha ripetuto almeno dieci volte che dopo il discorso di Dini, quel governo non poteva avere un «sì»: «Silvio oltre l'astensione non si può proprio andare». E alla fini! Berlusconi si è con¬ vinto, malgrado i dubbi di molti dei suoi («Il 60 per cento del gruppo della Camera - spiegava ieri sera Galan - vorrebbe dare al governo una fiducia a termine»). «Siamo orientati - ha spiegato ai cronisti senza nascondere il nervosismo verso l'astensione, questo lascerebbe operare il governo e ci consentirebbe di appoggiare quei provvedimenti che riterremmo giusti. Mi ha stupito la rappresentazione enciclopedica del programma fatta dal primo ministro. L'intesa era che ci dovessero essere solo tre punti. Solo aliti l'ine c'è un accenno alle dimissioni, ma non c'è nessuna indicazione precisa su una data per le elezioni». Berlusconi ha parlato con quell'espressione che gli compare in volto ogni volta che si sente tradito. Non ha fatto il nome di Scalfaro, ma davanti ai cronisti ha ammesso che nel discorso di Dini è mancato qualcosa. «Alcuni pas- saggi - ha osservato laconico - che ci attendevamo, che c'erano nelle precedenti stesure, non li abbiamo ritrovati... Noi avevamo bisogno di un messaggio di chiarezza sulle elezioni da parte de! Capo dello Stato e del premier. Ora, a parte alcune frasi, nel discorso di oggi c'è stalo l'esatto contrario». Già, l'esatto contrario. A sera, però, Berlusconi ha dovuto lare i conti con la maggioranza del gruppo di Forza Italia schierato per la fiducia a termine. È' riuscito ad evitare la votazione e ad ottenere il pieno mandato per decidere: ora dovrà vedersela con gli altri alleati del Polo per verificare se ha la possibilità di far cambiare idea a Mastella, Casini e Fini. Ma per lui i: difficile. «Spero comunque - spiega Berlusconi - nella replica di Dini. Altrimenti a che cosa serve la replica?». Augusto Minzolini

Luoghi citati: Fini, Roma