Forza Italia divìsa poi l'astensione

«Ormai è chiaro, elezioni sempre più lontane». Alla fine Berlusconi impone la linea morbida «Ormai è chiaro, elezioni sempre più lontane». Alla fine Berlusconi impone la linea morbida Forza Italia divìsa, poi l'astensione I «falchi» contro Ditti, ma 62 deputati volevano il «sì» ROMA. Se avessero votato sarebbe passata la fiducia tecnica a Dini: per questo motivo, per non sconfessare Berlusconi, i deputati di Forza Italia decidono di soprassedere e affidano al capo un mandato pieno. Anche per verificare se c'è la possibilità di far cambiare idea a Fini e Casini. Vittorio Sgarbi fa girare un documento per il sì: su 84 deputati lo sottoscrivono 62 (Dotti, Martino, Urbani, Galan, Della Valle, la Parenti ecc.). Che l'aria sia questa lo si capisce già subito dopo l'intervento di Dini. Molti deputati azzurri sono per il sì. E ascoltano con interesse Marco Pannella che spiega: «Quella è una posizione che la gente non capirebbe. Eppoi diciamo la verità: il pds è in imbarazzo solo se appoggiamo il governo, quindi è facile comprendere quello che dobbiamo fare». I pasdaran del «no», però, non sono d'accordo: «A me della disciplina di partito - urla Enzo Savarese - non me ne frega un cazzo: se decidono per il «sì», io voto contro lo stesso». «Pure io - gli fa eco Gianfranco Miccichè -, questo esecutivo non vuole portare il Paese alle elezioni». «Già - gli dà ragione Umberto Cecchi - è un governo andreottiano, se lo votino gli andreottiani». «Beh - ridacchia il deputato Michele Stornello - forse lo si potrebbe pure definire un esecutivo a termine, vista l'età dei ministri...». Gesticolano e parlano ad alta voce, gli anti-Dini: non vogliono rassegnarsi a fare buon viso a cat¬ tivo gioco e ad «acchiappare» quel poco che il presidente del Consiglio può concedere. L'astensione potrebbe essere quindi il modo per tacitarli. Ma nel contempo questa soluzione salomonica non piace all'ala moderata del movimento. Ala moderata in senso quanto mai lato, visto che ne fa parte anche uno come Vittorio Sgarbi. Il quale riassume con poche parole (o meglio, parolacce), i motivi che lo spingono a votar «sì»: «Così - sottolinea - fottiamo la Lega e freghiamo il pds». Mentre il presidente della commissio¬ ne Cultura esterna in pieno Transatlantico, in un angolo Giuliano Urbani dice le stesse cose in altro modo: «Io credo proprio - spiega pacato l'ex ministro - che si debba dare una fiducia tecnica a Dini. Certo, poi anche il presidente del Consiglio si dovrà porre il problema che il sistema istituzionale sta cambiando e :he il trasformismo a cui abbiamo desistito oggi non può essere accettato. Quindi, fiducia a termine, e poi elezioni». Elezioni? La sola parola fa morir dal ridere Tiziana Parenti. La presidente dell'Antimafia si schiera con le «colombe», e si spinge anche oltre: «C'è ancora qualche pazzo - osserva - che crede che si vada alle urne a giugno? Qui si voterà al più presto il prossimo anno. Ma ugualmente dobbiamo appoggiare Dini: il suo è un vero programma liberale che farà esplodere tante contraddizioni a sinistra. Astenersi invece non ha nessun senso». «Astensione?», Alfredo Biondi capta al volo questa espressione e scuote la testa: «Quella - ironizza - la faceva il pei ai tempi in cui Berta filava». Della stessa idea Raffaele Della Valle: anche lui, come Urbani, pensa che a questo esecutivo si debba dare la «fiducia». E Roberto Tortoli aggiunge: «Sì, è l'unica strada. Fini può fare quello che vuole, noi no. I nostri elettori non capirebbero nemmeno l'astensione». Ma basta cambiare capannello, per sentire tutt'altro genere di discorsi. Questa volta è Beppe Pisanu, vice capogruppo di Forza Italia, che tiene banco: «Non si può votare sì - spiega - checché ne dicano le colombe, che tra l'altro sono uccelli cattivissimi. Dobbiamo astenerci. 291 astensioni nostre e 39 «no» di Rifondazione fanno 330, la maggioranza dei deputati: sortirebbero un certo effetto». «Allora a questo punto potremmo votare contro pure noi, come Bertinotti, e il governo cadrebbe», suggerisce Paolo Mammola. L'ipotesi fa sobbalzare Sgarbi che gira di gruppetto in gruppetto come di fiore in fiore: «Non ci dobbiamo far contare replica - meglio annegarci nei E' ormai sera inoltrata quando il Transatlantico si va svuotando. Restano a presidiarlo i deputati di Forza Italia, ognuno con la propria soluzione, tutti con un gran magone dentro. Continuano a discutere: per forza di inerzia, per disperazione o per passione. A via dell'Anima i big del Polo hanno deciso per loro: sarà astensione. Qualcuno se ne rammarica, qualche altro tira un sospiro di sollievo. Il deputato progressista Alberto La Volpe li guarda e sorride: «Che fessi: come fanno a non capire che per metterci all'angolo devono votare sì?». Alle otto e mezzo il Transatlantico è deserto, in sala stampa un televisore è ancora acceso. Sullo schermo, Giulio Andreotti che spiega: «Il governo Dini, checché se ne dica, è la continuazione di quello Berlusconi». Ma non c'è nessuno di Forza Italia ad ascoltarlo. Maria Teresa Meli «E' stato Scalfaro a fargli cancellare le frasi concordate. Spero nella replica» Il presidente del Consiglio Lamberto Dini brinda con i neo sottosegretari a Palazzo Chigi Dini ha appena finito di parlare: deputati del Polo si accalcano intorno a Berlusconi e Fini

Luoghi citati: Fini, Roma