«Cretino? Era solo uno sfogo»

«Cretino? Era solo uno sfogo» «Cretino? Era solo uno sfogo» Carnevale: mai stato nemico di Falcone LA DIFESA DEL GIUDICE E M ROMA ' inutile che le dica che non penso e non ho mai pensato che Giovanni Falcone fosse un cretino. 0 che il giudice Borsellino non sapesse scrivere le sentenze. Ma mi dicono che io durante un anno di intercettazioni ambientali fra le quattro mura domestiche avrei detto queste cose e, benissimo, può darsi che le abbia dette. Sa, le intercettazioni ambientali sono consentite dalla legge soltanto per sessanta giorni: quaranta, con un possibile rinnovo straordinario di venti. Sa per quanto tempo mi hanno registrato? Per un anno. Ora io sfido chiunque a immaginare che faccia farebbe e che cosa dovrebbe rispondere se, provi a pensare, un giudice un giorno la chiamasse e le mostrasse un florilegio, una antologia dei suoi sfoghi, anche delle sue volgarità perché in casa propria uno ha anche diritto ad essere volgare, normale, diretto, ma le dico di più, anche villano, ingiusto, umorale. E io che cosa avrei fatto? Avrei, un giorno e chissà in quale contesto, detto che Falcone fu, in una certa circostanza che mi riguarda e non come persona, un cretino». Corrado Carnevale, detto l'Ammazzasentenze, non dimostra i suoi sessantaquattro anni, ma dimostra di essere uno della vecchia scuola. Scuola siciliana, come certe partite di scacchi. Vestito marrone con panciotto, camicia candida, mocassini scuri, occhiali d'oro e tartaruga, cravatta di un rosso cardinalizio, sta nel suo studio che è quello tipico di un magistrato, in un tipico appartamento della media borghesia burocratica tipica, con tutti i volumoni della giurisprudenza in fila negli scaffali. Gentile e affilato come un rasoio, soave e spagnolesco, ha una qualità, o un difetto se si preferisce, che ama sottolineare: l'orgoglio. Un orgoglio gigantesco, molto siciliano anch'esso perché è ammantato dai modi secenteschi anche se si dichiara figlio della Rivoluzione francese e del secolo dei lumi, visto che difende le sue sentenze in nome del garantismo. Un garantismo che, sottolinea, usò anche con i terroristi, per esempio quando ammazzò la sentenza di condanna contro le Unità comuniste combattenti. Giudice Carnevale, perché parlava di Giovanni Falcone come di un cretino? «La prima risposta che mi verrebbe da darle, ma sarei interpretato male, è che ognuno in casa sua dovrebbe poter dire quel che gli pare senza poi doverne rispondere sui giornali o nei tribunali. Questo per lo Stato di diritto, nel quale mi ostino a credere. Il fatto è, e lei lo capisce bene, che si tratta di una sciocchezza». Posso assicurarle il contrario. «Allora, io non so se davvero ho usato quella parola. Ma ammettiamo. Ci sono i microfoni a testimoniare. Ora, sa qual è la persona alla quale risulta, sta sulle carte, che do più frequentemente del cretino? Sono io stesso. Parlo di me dicendomi continuamente, sta scritto, che cretino sono, ma guarda che cretino. Che cos'è, autodiffamazione? ». Suvvia, non scherziamo. Stiamo parlando di Falcone. «Infatti, non scherzo affatto. I princìpi violati non sono uno scherzo. Ora, che io possa aver usato l'espressione cretino parlando di Falcone non è bello, non è elegante, e nel chiuso della propria casa si fanno e si dicono tante cose ineleganti, ma è perfettamente umano, visto e considerato che io sono un essere umano, prova ne sia che soffro l'ingiustizia che sto subendo da otto anni, patisco nel vedere le persone della mia famiglia terrorizzate da quel che vedono e leggono sul mio conto, benché non ci sia nulla di dimostrato e, se permette, di dimostrabile. Quindi, se ho usato quella parola, è umano». L'impressione che fa è piuttosto diabolica. «Non c'è proprio nulla di diabolico: Falcone ed io non abbiamo mai avuto alcun rapporto professionale perché eravamo in città diverse, in età diverse, in una situazione gerarchica diversa. Avevo considerazione per quel che faceva, è fuor di dubbio, ma queste sono opinioni che si tengono per sé. Mentre invece può capitare il contrario: e cioè parlando con la moglie in cucina, o con il figlio in salotto si dica che il tale è un cretino». Conosceva Falcone? «Ci siamo incontrati una volta al mi¬ nistero nell'anticamera della sala Verde, io ero con Giovanni Conso, in attesa di essere ricevuti dal ministro. Si aprì l'ascensore, uscì Falcone, venne incontro solo a me, mi chiamò eccellenza, fu gentile e premuroso. Non ci furono altri incontri». Perché ce l'aveva con lui? «Non ce l'avevo con lui. Semmai il contrario. Fu lui, dalla sua carica al ministero di Grazia e Giustizia ad esprimere giudizi poco amichevoli nei miei confronti e poi propose la mia sospensione al ministro Martelli, che la attuò». Sospensione che lei naturalmente considera ingiusta. «Ma guardi, io sono un uomo di legge, formalissimo per formazione, convinzione e mestiere, certo non mi scandalizzo se la legge viene applicata nei miei confronti...». Ma... «Ma io sono stato sospeso in seguito a una causa di fronte al tribunale di Napoli per le vicenda della flotta Lauro, dove sono processato da due anni, unico imputato, in un dibattimento che non va né avanti né indietro. La norma è che un magistrato si sospende soltanto dopo una sentenza di condanna di primo grado. Sapesse che pena è per me questa inattività. E che rabbia». Rabbia? «Sì, perché a me mi chiamavano Vescica di Ferro. Sa perché? Perché sedevo in udienza dalle nove del mattino a mezzanotte, se occorreva, senza neanche andare al bagno. E sa che cosa ho dimostrato? Che i guai della giustizia si risolvono non blaterando sulle strutture che mancano e gli organici carenti, che sono effettivamente carenti, ma lavorando. Io ho smaltito, caso unico, tutto il carico delle cause giacenti: da settemila a ottocento». Lei risulta che abbia insultato oltre Falcone anche Borsellino dando a entrambi degli incapaci. Ah, e dei dioscuri. «Sui dioscuri spero, penso, di non dover rispondere davanti a un'inchiesta. Quanto alle sentenze, anche li si tratta di un moto di stizza, banalissima, umanissima stizza espressa fra il corridoio e il bagno mentre il mio nipotino va in triciclo, era il Natale del '93, quando più o meno avrei detto: ma guarda tu, stanno spulciando le sentenze della mia sezione come se fossero scritte da un incapace, ma perché non vanno a leggersi anche quelle degli altri? Perché non vanno a misurare quanta scienza c'è in quelle di Falcone e Borsellino? Ecco, questo è il mio delitto». Dell'attuale ministro dell'Interno, Antonio Brancaccio ex primo presidente della suprema corte di Cassazione, lei avrebbe detto: «St'animale... è un delinquente». «Questa poi, fermo restando il discorso delle mura domestiche, non me la ricordo proprio. Non posso né escludere né confessare. Non vedo l'occasione. Certo, Brancaccio non è proprio come il procuratore Borrelli che quando vede attaccati i suoi sostituti fa quadrato e li copre col proprio petto, ma non tutti sono obbligati ad essere dei temerari, questo è vero. Certo io non mi facevo risolvere da lui i miei problemi...». Ma: animale, delinquente... «Sa, frasi staccate dal contesto, parole setacciate fra milioni, sempre ammesso e non concesso che siano davvero testuali, cosa che in questo caso non mi pars perché con Brancaccio ci siamo lasciali in armonia». Veniamo ai suoi rapporti con Andreotti... «Andreotti un giorno ha detto che una mia sentenza, che poi era una sentenza della sezione da me presieduta e presa con volo di maggioranza...». Quanto influiva lei sul voto della sua sezione? «In una misura giusta, direi. La maggior parte concordavano col mio punto di vista e una cospicua minoranza no. In genere io parlavo per ultimo, poi si discuteva e si votava. Per tornare ad Andreotti: disse che una sentenza della mia sezione era una offesa al popolo italiano. Una dichiarazione stravagante visto che era collegiale ed emessa in nome del popolo italiano). Giulio Andreotti non doveva essere poi questo suo grande nemico se disse ai suoi, mentre lei era in lizza per presiedere la Corte d'Appello di Roma, ioni raccomando, ventre a terra per sostenere Carnevale». Allora? «Allora. Questa faccenda del ventre a terra è uscita fuori dalla solita intercettazione ambientale in casa mia: ero io che raccontavo l'episodio a un mio amico. E l'episodio era questo: io non fui nominalo presidente della Corte d'Appello perché nel Csm mi mancarono proprio i quattro voti democristiani, quelli sui quali, almeno in via di ipotesi, avrebbe potuto influire Andreotti. La de non mi votò. Io non fui eletto. Questo il l'atto». E il ventre a terra? «Dicevo: incontrai Vitalone e lo salutai con cordialità, perché lo vidi avvilito a causa delle polemiche che lo riguardavano. E lui, chissà, forse per corrispondere alla mia gentilezza, mi disse: sai, quando Giulio ha saputo che tu concorrevi per la corte d'Appello ò stato felicissimo, ha detto che sei un magistrato straordina- rio 6 anzi ha raccomandalo a tutti, oh! mi raccomando, ventre a terra per Carnevale, eh? E io dissi grazie, molto gentili. Questo colloquio avvenne dopo che tutto era finito e dopo che io non ero slato nominalo, ha capilo?». Ho capito e le confesso che lei, giudice Carnevale è sconcertante.., «Perché?» Perché si difende in modo credibile e io, glielo dico francamente, non so se lei è o non è un criminale. «Oh, io sono uno, nessuno e centomila: sono di Agrigento, patria di Pirandello, chi può dire che cusa si nasconde davvero nella persona umana?». E non parliamo della verità. «No, della verità parliamone pure. La vei'ità dei fatti c'è. Tant'è vero che anche nel suo mestiere ci sono giornalisti che mentono, come ci sono manipolatori della verità in ogni mestiere. Ma io, le assicuro, non sono un criminale». Che le devo chiedere? I.a parola d'onore? «No. Può chiedermi una prova logica. A prescindere dal fatto che tutta la mia vita professionale e li, sotto gli occhi, e sono sempre stato primo nei concorsi, sfido chiunque a trovare una traccia di raccomandazione... ma no, c'è un altro punto che dovrebbe convincere che non sono un criminale ammazzasentenze amico dei mafiosi, ma soltanto un galantuomo che ha difeso le garanzie di tutti i cittadini, terroristi e mafiosi compresi», Lo dica. «Se io fossi un mascalzone che traffica con ambienti sordidi e con amicizie oblique, come mi dipingono da otto anni, io avrei accuratamente evitato di dare scandalo, suscitare polemiche, attirare i riflettori. Avrei, come si dice, agito nell'ombra, discretamente, in modo setoso e ben dosato. Se uno ha scheletri nell'armadio, mi creda, non accende la luce. 0, se lo fa, è un cretino». Ma lei ha detto proprio poco fa che si dà costantemente del cretino. «Si, ma senza pensarlo davverto. Come per il povero Giovanni Falcone Parole fra le mura domestiche, nient'altro». Paolo Guzzanti Spesso in casa si dicono cose ineleganti. Ma è perfettamente umano. Piuttosto era lui ad avercela con me p p Andreotti? Disse che una mia sentenza era offensiva per l'Italia h «Ma io non sono un criminale La mia vita lo prova» «Amico della mafia? Ho sempre difeso i diritti dei cittadini» pentiti avrebbero raccontato sul ruolo di avvocati e giudici. Sul «partito della prima sezione» c'è anche la testimonianza del procuratore generale della Cassazione Vittorio Sgroi: «Vero è che un "partito" del genere c'era, tant'è che, ad esempio, una lettera inviata al Csm a firma plurima ed un intervento televisivo del collega Pintus sembrarono ispirati più a un patriottismo di sezione che non ad un radicato convincimento. Altri, invece, lasciò la prima sezione, perchè non ne condivideva gli orientamenti Spesso in casdicono cose ineleMa è perfettamenumano. Piuttostoad avercela con m A sinistra il giudice Corrado Carnevale. Nella foto piccola Vitalone. A destra l'ex leader de, Giulio Andreotti

Luoghi citati: Agrigento, Falcone, Italia, Napoli, Roma