«Omicidio Pecorelli un favore a Vitalone» di Giovanni Bianconi

«Omicidio Pecorelli/ un favore a Vitalone» «Omicidio Pecorelli/ un favore a Vitalone» Ipentiti: coinvolto anche un «politico romano» IL «GIALLO» DI UNA MORTE LROMA E ultime rivelazioni sul delitto Pecorelli vengono da Maurizio Abbatino, il «Buscetta della Magliana», principale «pentito» di quella gang criminale che è stata il crocevia del malaffare e dei misteri d'Italia negli Anni Settanta e Ottanta. Una banda che poteva contare sul sottobosco politico-giudiziario romano per sistemare le proprie «grane», nella quale - ha dichiarato un'altra «pentita», Fabiola Moretti - si sapeva per esempio che il giudice Carnevale era «corrottissimo». Sono rivelazioni che confermano la pista «mafioso-romana» per l'assassinio di Mino Pecorelli, il giornalista ammazzato con quattro colpi di pistola, a Roma, la sera del 20 marzo 1979. Ad Abbatino raccontò tutto Franco Giuseppucci, che con Danilo Abbruciati (sono morti tutti e due ammazzati, il primo nell'80 e il secondo nell'82) guidava la banda della Magliana. «Giuseppucci - ha dichiarato il "pentito" nel settembre scorso - mi disse che era stato lui a fornire le persone che avevano ucciso Pecorelli, su richiesta di Danilo Abbruciati... Certamente tale richiesta era stata fatta da Pippo Calò che era l'esponente di Cosa Nostra in contatto con Abbruciati e lui. Giuseppucci aggiunse che il Pecorelli era un giornalista che era stato eliminato perché aveva fatto troppe indagini e stava ricattando un personaggio politico». Per l'omicidio Pecorelli sono indagati dalla procura di Perugia, fra gli altri, Giulio Andreotti e Claudio Vitalone come mandanti, e l'ex terrorista nero riciclatosi negli «affari» della Magliana Massimo Carminati, con il boss mafioso Michelangelo La Barbera, come esecutori. Di Vitalone - magistrato, ex senatore ed ex ministro de, uno dei «fedelissimi» di Andreotti - Abbatino dice: «Noi stavamo cercando delle strade per "aggiustare" i processi... Fu De Pedis (un altro esponente della Ma- gliana, ucciso nel 1990, ndr) a dirmi che sperava di poter raggiungere questo obiettivo grazie all'aiuto di Claudio Vitalone, che era un personaggio molto influente e con molte entrature in certi ambienti giudiziari romani». L'ex senatore, che proprio ieri è stato nuovamente interrogato a Perugia dal sostituto procuratore Fausto Cardella, è chiamato in causa ancor più direttamente da altri «pentiti» della banda della Magliana, come Antonio Mancini e sua moglie Fabiola Moretti, ex convivente di Abbruciati e amica intima di De Pedis. Tutte queste testimonianze sono ora anche agli atti del processo palermitano che vede Andreotti imputato di associazione mafiosa: per la procura guidata da Gian Carlo Caselli costituiscono un importantissimo riscontro alle dichiarazioni di Tommaso Buscetta che per primo parlò non solo di Andreotti come «referente romano» di Cosa Nostra, ma anche del suo coinvolgimento nell'omicidio Pecorelli, eseguito a «mezzadria» dalla crimininalità romana e dalla mafia. Proprio Antonio Mancini ha riconosciuto nel boss di Cosa Nostra Michelangelo La Barbera uno dei due killer, e su mandanti e movente ha dichiarato: «De Pedis (...) disse che l'eliminazione di Pecorelli era stata fatta nell'interesse della mafia siciliana, e di altri gruppi di potere massonico, edera slata ordinata da Vitalone, il magistrato. Ovviamente non intendeva dire che il Vitalone avesse direttamente a lui commissionato l'omicidio, ma che lo aveva fatto attraverso altre persone, che posso immaginare chi fossero, anche se non ne ho le prove... Abbruciali mi disse qualcosa circa i motivi del delitto, per quello che lui sapeva, e cioè che il Pecorelli era venuto in possesso o a conoscenza di documenti o falli riguardanti il sequestro dcll'on. Moro, che avrebbero arrecato danno al magistrato Vitalone e al gruppo politico e finanziario cui egli faceva riferimento». Vitalone si è sempre dichiarato estraneo all'olire Pecorelli, cosi come nega ogni contatto con la banda della Magliana, a cominciare dagli incontri con Enrico De Pedis raccontati dalla Moretti, la quale ha spiegato ai giudici di essere andata a prendere l'ex senatore in almeno tre occasioni per portarlo da De Pedis. «Lo stesso Vitalone che ho accompagnato da De Pedis - ha riferito la donna -, ci ha fallo diversi favori... So che Vitalone si interessò per Mancini, per farlo trasferire da un carcere all'altro. In questo caso l'esito fu negativo. So che Vitalone fu l'artefice dell'evasione di Vittorio Carnovale (altro bandito della Magliana, «pentito» anche lui, ndr) dal palazzo di giustizia di piazzale Clodio. Questo seppi ad evasione già avvenuta da De Pedis e da Pernasctti... A dire del De Pedis, egli aveva chiesto a Vitalone il favore di far evadere il Toscano (altro esponente della banda, neh'), al posto del quale poi evase Viltorio Carnovale, perche Vitalone gli era debitore di un favore». Si traila di una clamorosa quanto indisturbata evasione dai sotterranei di un'aula di giustizia, durante un processo, nel 1986. Carnovale, che fuggì dopo che le manette gli erano state solo «appoggiate» ai polsi, dirà di aver saputo che quel «favore» fatto da De Pedis era proprio l'omicidio Pecorelli. Sugli «agganci» della banda, la Moretti e Antonio Manrini indicano come persone «in contatto» con De Pedis anche un magistrato tuttora in sei-vizio al ministero della Giustizia, un parlamentare socialista che è stato sottosegretario alla Giustizia e un ex giudice. E toma in ballo Corrado Carnevale, il giudice con la fama di «ammazzasentenze». «Solo del presidente Carnevale dichiara la Moretti - si sapeva con certezza che fosse corrotto, anzi "corrottissimo". A Roma lo sapevamo tutti. Addirittura si pagava per far sì che le cause che interessavano giungessero alla sezione del presidente Carnevale». Giovanni Bianconi Le rivelazioni del «Buscetta della Magliana» «L'esecuzione decisa da Cosa Nostra e massoneria»

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