«Un patto tra Andreotti e i boss» di Francesco La Licata

«Un patto tra Andreotti e i boss» Palermo, altre ombre anche su Carnevale. Il giudice disse al telefono: «Falcone è un cretino» «Un patto tra Andreotti e i boss» Dalle intercettazioni nuove accuse all'ex leader de ROMA. Corrado Carnevale, il giudice «ammazzasentenze», non amava il collega Giovanni Falcone. Così si esprimeva nei confronti del magistrato palermitano assassinato nella strage di Capaci: «... i motivi per cui me ne... andato, non sono quelli di pressione di quel cretino di Falcone... perché i morti li rispetto, ma non c'è... certi morti no... io me ne sono andato... cioè, no, ho deciso di non presiedere, si immagini se io mi facevo intimidire da chicchessia, allora». Così parlava, il 12 marzo dell'anno scorso, l'ex presidente della prima sezione della Cassazione, rivolgendosi all'avvocato Giovanni Aricò e ignorando - naturalmente - di essere «intercettato» dagli investigatori impegnati nelle indagini sui cosiddetti processi «aggiustati». La decisione di non presiedere alla quale si riferisce Carnevale è quella del primo maxiprocesso a Cosa Nostra che - secondo l'accusa - la mafia avrebbe tentato di addomesticare «arrivando a Carnevale» - come sostengono i collaboratori della giustizia - tramite Andreotti, Vitalone, Salvo Lima e i cugini Ignazio e Nino Salvo. Quelle intercettazioni sono ora finite agli atti dell'inchiesta palermitana sull'ex senatore a vita Giulio Andreotti, accusato di associazione mafiosa. E'impressionante il risentimento espresso da Carnevale nei confronti di Falcone, ma anche di Paolo Borsellino, definiti ironicamente «dioscuri» nel corso di un'altra conversazione - «intercettata», questa, il 20 dicembre del 1993 con un tal Nicola. Carnevale si lamenta con l'amico per alcuni giudizi espressi sul suo operato dal Consiglio superiore della magistratura e ironizza: «Perchè non va a vedere (il Csm ndr) le istruttorie fatte dai due dioscuri... per vedere il livello di professionalità». Nicola non capisce: «Chi sono i due dioscuri, scusa la mia ignoranza...». La risposta è chiara: «... i dioscuri chi sono... Borsellino e Falcone». E non era odio recente. L'ex presidente se lo portava dentro da anni, ma non lo esternava. Anzi, ai giudici che lo interrogavano diceva che i suoi rapporti con Falcone erano «normali». Sarebbe stato smentito, di lì a poco, dal collega Francesco Pintus: «So, per averlo appreso dal dott. Carnevale, che il dott. Vitalone aveva in animo di organizzare un incontro 'pacificatorio' tra il presidente Carnevale e il dott. Giovanni Falcone. Ricordo che Carnevale era irritato di una tale iniziativa del dott. Vitalone. Mi disse che un incontro di quel genere non aveva senso». Parlando, poi, con il collega Aldo Grassi - colloquio anche questo «intercettato» l'ex presidente si lascia andare con illazioni pesanti sulla deontologia professionale di Falcone. «Comunque - dice riferendo una convinzione dell'avv. Aricò - io sono convinto che la mafia abbia voluto uccidere anche la moglie di Falcone... la moglie stava alla prima sezione penale della Corte d'Appello di Palermo per fare... per farle fare certi processi che gli interessavano, processi per fregare qualche mafioso...». Rapporti normali? Davanti all'insistenza dei magistrati, Carnevale ammette di «aver avuto del risentimento nei confronti del dott. Falcone, perchè ho saputo che egli era stato uno degli ispiratori della richiesta formulata dal ministro Martelli della mia sospensione dalle funzioni. Tante persone mi avevano detto che Falcone aveva influenzato il ministro». E Borsellino, perchè non lo stimava? A Carnevale non piaceva come istruiva i processi pieni, a suo parere, di «gravi lacune tecniche». Neppure da morti, li ha perdonati i «disocuri». Alla domanda se «neppure dopo la morte del dott. Falcone si è placato il suo grave risentimento nei suoi confronti», Carnevale con¬ fessa: «No, devo ammettere di no». Ma neppure i suo stessi colleghi della Cassazione sembrano immuni da critiche. 11 pentito Salvatore Cancemi, che di processi «aggiustati» sa molto, raccontando gli episodi salienti dei «contatti» romani per neutralizzare il «maxi» di Palermo tramite la Cassazione, dice di aver assistito ad un colloquio tra il mafioso Tommaso Cannella e l'avv. Spazzali appena uscito da un breve incontro col giudice Carnevale. «Ricordo - precisa Cancemi che le parole riferitemi dal Cannella, al quale le aveva dette lo Spazzali, per averle appena udite da Carnevale, erano: 'Indegni, ancora ne devo vedere passare bare davanti a me». Il terribile anatema era rivolto verso una sentenza poco gradita agli imputati - emessa qualche tempo prima da un collegio diverso da quello presieduto da Carnevale. Già, i processi «aggiustati». E' impressionante il quadro che vien fuori dalle indagini. Pentiti che raccontano di tutto: riunioni di mafia per pianificare l'intervento politico in favore degli imputati del maxiprocesso; valigie piene di soldi che fanno la spola tra Palermo e Roma; le speranze di Cosa Nostra riposte nell'intervento di Andreotti su Carnevale. Tutto negato dai protagonisti, Carnevale, Andreotti, Vitalone. Il giudice ammette di conoscere appena il senatore a vita, ma nega qualsiasi interferenza interessta dei due politici. Eppure alcune testimonianze e altre intercettazioni ambientali parlano di un interessamento «ventre a terra» di Andreotti in favore del giudice candidato alla corte d'Appello di Roma. Neppure un faccia a faccia tra Carmevale e Vitalone basterà a fugare il sospetto della menzogna. Insomma, i giudici sono convinti che tra l'ex presidente della Cassazione, Vitalone ed Andreotti vi sia «antica frequentazione». Lo dimostrerebbero le riunioni (dal 1986) del consiglio della «Fondazione Fiuggi per la cultura», presidente Andreotti e consigliere Carnevale e alcune foto. Lo ha affermato Giuseppe Ciarrapico: «So che il dott. Carnevale era molto amico del dott. Vitalone, e quest'ultimo era particolarmente vicino all'on. Andreotti». Lo confermano due magistrati - Claudio Lo Curto e Mario Almerighi - che raccontano di un intervento di Andreotti, a favore di Carnevale sotto azione disciplinare al Csm. «Carnevale non si tocca», avrebbe detto Andreotti al ministro Rognoni, all'epoca (1987) Guardasigilli». Francesco La Licata Ma il magistrato ha sempre sostenuto «Non conosco il senatore» Sopra a sinistra, Giulio Andreotti a destra Corrado Carnevale ex presidente di Cassazione Accanto, il giornalista Mino Pecorelli ucciso nel 1979