«Non c'è guerra tra Dio e Buddha»

«Non c'è guerra tra Pio e Buddha» «Non c'è guerra tra Pio e Buddha» Gli orientalisti dibattono le frasi di Wojtyla LA CHIESA E L'ASIA AVID Snellgrove, ex professore dell'Università di Londra, è uno dei più celebri studiosi al mondo del buddhismo indo-tibetano, Erberto Lo Bue insegna tibetano all'Università di Milano e Mauro Bergonzi è docente di Filosofia e religione dell'India all'Istituto universitario orientale di Napoli. A loro abbiamo chiesto di commentare l'intervento del Papa sul buddhismo. La salvezza del Buddha è soltanto negazione del mondo? Bergonzi: «Il buddhismo non è affatto negazione. Fin dall'inizio la dottrina di Shakyamuni si è posta come via di mezzo tra eternalisti e nihilisti. Il buddhismo non afferma e non nega, è un approccio pragmatico che punta anzittutto a un decondizionamento della mente per arrivare a un'esperienza libera e diretta della realtà». Snellgrove: «Nonostante le considerevoli differenze delle rispettive concezioni cosmologiche, buddhismo e cristianesimo presentano alcune analogie. Il cristianesimo ha insistito per secoli sul fatto che Gesù sia allo stesso tempo uomo e Dio. Esiste qualcosa di simile nelle prime scritture buddhiste per non parlare di quelle più tar- de. Nessun buddhista di qualsiasi periodo dubita che i Buddha appaiono nel mondo come uomini e dunque che Shakyamuni fosse perciò uomo e mortale. Ma è difficile dimostrare che i suoi seguaci lo abbiano mai considerato niente più che un uomo». Vale a dire che era considerato un Dio? Snellgrove: «Come il Cristo dei Vangeli è concepito secondo la natura umana e quella divina, Shakyamuni può essere visto sia come uomo sia come Buddha che trascende l'intero universo. Come i contemporanei avversari di Gesù, e anche alcuni suoi attuali seguaci, non credettero alla sua divinità così accadde a Shakya¬ muni. Ciò non toglie che molti suoi seguaci guardarono a lui come a niente di meno che un Buddha con tutti gli attributi che ciò comporta. All'interno di questo contesto, è assurdo applicare a Buddha definizioni come "ateo" o "agnostico". Altro che agnostico, i suoi seguaci pensavano che fosse onniscente». Dunque i problemi dei primi buddhisti furono simili a quelli dei primi cristiani alle prese con la definizione della natura di Cristo? Snellgrove: «Assolutamente no. Non ci fu mai nel buddhismo una disputa tra chi credeva che egli fosse realmente un uomo e chi pensava invece che la sua vita sulla terra fosse soltanto un apparenza, come più o meno pensavano di Cristo gli eretici docetisti. Un simile paragone tra le due religioni non ò possibile per la ragione fondamentale che secondo i buddhisti la "persona" non esiste, né quella di Shakyamuni né quella di qualsiasi altro essere vivente. Applicare una terminologia occidentale sarebbe fuorviarne». Resta il pessimismo di fondo ìxibue: «Non credo che si possa veramente definire "pessimisti¬ co" l'insegnamento di Shakyamuni. Se si va al di là del mondo fenomenico e si considera il nirvana come un meta che meriti di essere raggiunta, lo sforzo del Buddha verso l'illuminazione può forse essere descritto come "ottimistico". Ma questi giudizi di valore diventano irrilevanti quando li si consideri da un punto di vista buddhista e non si cerchi di forzarli entro concetti estranei a quella tradizione». Bergonzi: «L'impressione ò che le affermazioni del Papa si basino su letture un po' datate che attribuiscono erroneamente al buddhismo un pessimismo di tipo schopenhauriano. Analizzando i testi del canone pali, Johansson ha dimostrato come il nirvana ò indicato nella maggioranza dei casi da termini metaforici positivi come: isola, rifugio, luce, pace. Nirvana deriva da una radice che indica raffreddamento (il raffreddarsi del riso nella ciotola): a raffreddarsi, a estinguersi sono le forze negative che tengono la mente sottomessa a un meccanismo ineluttabile di reazione agli stimoli del mondo. Ciò che resta, per quanto non definibile, è pienezza e libertà». A CURA DI Claudio Gallo Frasi tratte dal libro del Papa «Varcare la soglia della speranza». Ed. Mondadori. Ci avviciniamo a Dio in questo modo? Neil'«illuminazione» trasmessa da Buddha non si parla di ciò. Il buddismo è in misura rilevante un sistema «ateo». Non ci liberiamo dal male attraverso il bene, che proviene da Dio; ce ne liberiamo soltanto mediante il distacco dal mondo, che è cattivo ì^ij L'«illuminazione» sperimentala da Buddha si riduce alla convinzione che il mondo è cattivo, che è fonte di male e di sofferenza per l'uomo. Per liberarsi da questo male bisogna liberarsi dal inondo gpi^

Luoghi citati: Asia Avid Snellgrove, India, Milano, Napoli