Rifondazione, verso la rottura di Maurizio Tropeano

Rifondazione, verso la rottura Rifondazione, verso la rottura Diktat ai dissidenti: «Ilpartito decide la linea dei parlamentari» Dissidenti? In Rifondazione Comunista i dissidenti non esistono, parola del presidente Armando Cossuta: «Le notizie trasmesse da qualche rete televisiva e pubblicate da qualche quotidiano circa la possibilità che in aula numerosi deputati di Rifondazione si dissocino dalle decisioni che saranno prese dal comitato politico nazionale sono destituite di ogni fondamento». E Cossutta continua: «Pur essendovi stati numerosi interventi in dissenso con la linea indicata dalla direzione credo che la quasi totalità dei parlamentari comunisti si atterranno alle decisioni, quali esse siano, che saranno adottate dal massimo organo di direzione del partito». Insomma, un trionfo del centralismo democratico visto che domani, alla riunione del comitato politico, il massimo organo del partito, il 70-80 per cento dei membri voterà oer la linea Bertinotti-Cossutta. Dunque: no definitivo a Dini. E allora, che cosa succederà a quei parlamentari, come Garavini, che continuano ad annunciare un «voto secondo coscienza»? Certo, non siamo ancora ai diktat bossiani contro i leghisti dissidenti, ma uno dei «pasdaran» della coppia BertinottiCossutta, quel Marco Rizzo capo dei giovani comunisti, sembra aver le idee molto chiare: «Quando si stabilisce una linea strategica del partito, e mi sembra che il voto sul governo lo sia, è naturale che i gruppi parlamentari si adeguino. Se poi qualcuno in Parlamento si comporta in modo difforme dalla decisione presa democraticamente dal partito non si capisce il motivo per cui si aderisce al partito stesso». Insomma, un aut-aut, anche se in forma «soft». E Bertinotti? Lui parla di «una discussione prematura». Poi, però, aggiunge: «Un atteggiamento saggio è quello di adoperarsi affinché una norma scritta e un costume generale di tutti i partiti vengano accettati e praticati. Mi sembra che su una scelta squisitamente politica come l'appoggio o meno a Dini sia il partito a decidere sul comportamento della propria rappresentanza parlamentare. Discutere adesso di uno strappo sarebbe sbagliato». Nessuno strappo, almeno fino a domenica. Così anche il «dissidente» Garavini dichiara di non voler «rompere con Rifondazione» ma, poi, ribadisce: «Se bisogna contribuire con un voto determinante a far sì che la destra non passi; ad evitare così la bocciatura del governo Dini che porterebbe ad un rischio altissimo di crisi istituzionale, il mio voto secondo coscienza sarà dato proprio per evitare questo pericolo». Già, ma questo significherebbe disobbedire al partito. Garavini, però, non si sente «fuori»: «E perché mai - spiega -. Quando ho contribuito a fondare Rifondazione il nostro slogan era "creiamo un partito di liberamente comunisti". Ecco il mio voto è di una persona liberamente comunista. Nel '56 quando criticai l'invasione dell'Ungheria il segretario del pei di Torino mi attaccò aspramente ma non propose nessuna drastica decisione. Spero che nel 1995 non si arrivi a drastiche decisioni». Insomma, per Rifondazione ancora 24 ore di passione e di tentativi per evitare rotture. Un dibattito serrato in cui nemmeno uno dei «grandi vecchi» del comunismo italiano Pietro Ingrao sembra voler intervenire: «Sono solo un singolo ed in questo momento è meglio lasciare la parola ai partiti. Non voglio influenzare nessuno». Ma poi, i bene informati, parlano di una lettera «critica» di Ingrao a Bertinotti. Una lettera che Ingrao smentirà di aver scritto. La posizione del vecchio leader? Forse si conoscerà oggi, con suo un intervento pubblico. Maurizio Tropeano

Luoghi citati: Torino, Ungheria