In Sicilia sotto inchiesta 146 nomi vip di F. A.

In Sicilia In Sicilia Sotto inchiesta 146 nomi vip MESSINA. Craxi, Citaristi, il presidente della Regione, Franco Martino, gli ex ministri Capria e Mannino, gli ex sottosegretari Astone, Cimino, D'Aquino, Madaudo. Il sostituto procuratore Angelo Giorgianni scorre la lista degli indagati: c'è mezza Sicilia politica, gli uomini più influenti e potenti della Prima Repubblica e anche qualcuno che si affacciava alla Seconda. «Sono solo avvisi di garanzia», commenta prudentemente qualche avvocato, ma l'inchiesta partita dal pool Mani Pulite di Messina si è già abbattuta come una bufera sui Palazzi siciliani della politica. All'Assemblea regionale le opposizioni chiedono già un governo di garanzia e tuonano: «Lo avevamo detto». A Messina, i giudici consegnano ai giornalisti la lista degli inquisiti, ma aggiungono ben poco sul significato di quest'operazione denominata «Mare Magnum». Si sa di appalti per migliaia di miliardi gestiti a suon di tangenti, in dieci anni di politica e amministrazione in Sicilia. Il sistema era talmente oliato da far rendere indolore il passaggio tra un'amministrazione e l'altra. Indagati sono componenti di quattro governi regionali che si sono succeduti dall'85 ad ora. Ma anche imprenditori di primo piano, come i catanesi Graci, Costanzo e Rendo, l'agrigentino Filippo Salomone e l'ex presidente di Sicindustria, Paolo Di Betta. Tra i 146 avvisi di garanzia, due sono per Dante Fantini e Angelo Nicoletti; il primo è amministratore del Consorzio delle cooperative, il secondo del Consorzio emiliano-romagnolo. L'inchiesta, sottolineano i magistrati messinesi, è ancora agli inizi. «Sicuramente verranno fuori - dice il sostituto Giorgianni - anche ipotesi di reato che non sono di nostra competenza». Per questo, stamane è previsto un vertice tra magistrati messinesi e palermitani. Lo stesso Giorgianni ha detto che è coinvolto un altro centinaio di persone e che l'inchiesta si collega con altre in corso a Catania e Palermo. L'indagine era partita da una ricognizione sull'attività amministrativa degli oltre cento Comuni del Messinese; si è scoperto che in determinati Comuni vincevano le gare sempre gli stessi imprenditori. Gli altri, ritirandosi dalle gare, venivano remunerati con altri appalti. Una serie di comitati d'affare organizzati su differenti livelli territoriali, da quello comunale a quello nazionale, secondo importanza e consistenza dell'appalto, controllava tutto: dalla progettazione dell'opera pubblica, all'indizione della gara d'appalto, all'affidamento degli incarichi. [f. a.]

Luoghi citati: Catania, Messina, Palermo, Sicilia