«Fini convertito in 2 mesi» di Fabio Martini

«Fini convertito in 2 mesi» «Fini convertito in 2 mesi» De Marzio: era meglio il vecchio msi M«y :? UNA VITA CON LA FIAMMA ROMA ALLE sue cartelline ingiallite dove sono custoditi 84 anni di ritagli, 84 anni di una vita straordinaria, Ernesto De Marzio tira fuori una foto. «Vede questo ragazzo con le basette lunghe che mi bacia sulla guancia? E' Tatarella, 30 anni fa...». E sulla foto c'è una dedica: «Fidatevi di questo bacio. Pinuccio». C'era da fidarsi? Il vecchio De Marzio, una vaga somiglianza col duce, sorride: «Ma che le devo dire, Tatarella a Bari era il mio factotum, quando tornavo a Roma in treno veniva alla stazione a prendermi. Più furbo che intelligente, uno che cerca di far credere di essere più colto di quanto non sia, che ancora oggi fa i discorsi un po' approssimativi che faceva alla federazione di Foggia... Me lo lasci dire: tra la classe dirigente dell'msi e questi di oggi c'è un abisso...». Nessuno come Ernesto De Marzio conosce segreti, umori, tempra dei capi della destra italiana degli ultimi 60 anni. Una laurea a 23 anni con la commissione in piedi ad applaudire («e quel giorno c'erano fior di cattedratici, Maranini, Orano, Michcls, Chiarelli»), a 24 anni nella direzione del partito nazionale fascista, cocco di Bottai, apprezzato da Mussolini («un federale in gamba!»), poi vicesegretario dell'msi, nel 1976 De Marzio guida la scissione di Democrazia nazionale, che lo storico Piero Ignazi definisce «la vera carta di fondazione della destra democratica in Italia». Partiamo dall'inizio, con i fascisti sbandati: il 26 dicembre 1946, nasce l'msi e Almirante, 33 anni, ne diventa segretario. Che personaggio era? «Era un giovane trasandatissimo, ascetico, per poter mangiare lavorava in un liceo privato. Si innamorò della figlia di un macellaio romano che però era sposata e lui non aveva neanche i soldi per le pratiche del divorzio e dovemmo fare una colletta». Sempre così per tutta la vita? <(Anni Sessanta: eravamo a Palermo io e lui. Mi dice: devo tornare a Roma di corsa, vai tu a fare quel comizio in provincia. Parte e si dimentica il cappello. Era uno schifo tale che quando il cameriere dell'albergo lo vide non ebbe la forza di prenderlo in mano. Lo incartò dentro un giornale. Ma poi Almirante cambiò...». Quando si spesò con donna Assunta? «Eh già. Lei lo vestiva come un damerino, ma il problema è un altro: nel partito per la prima volta si cominciò a non capire dove andavano a finire i soldi. Io non dico che li prendesse personalmente Giorgio, ma non si capiva dove finissero...». Cioè? «Era il 1976, Almirante viene in questa casa e mi chiede perché i revisori di conti del mio gruppo avevano denunciato la scomparsa di 2 miliardi dal bilancio del partito. Mi chiese di soprassedere. Non lo feci e qualche giorno dopo ci fu la scissione di Democrazia nazionale». E dove erano finiti quei due miliardi? «E chi lo sa? Ma c'era un precedente. Scoppia lo scandalo dei petroli e la de, attraverso Forlani, ci fa sapere che serve il voto favorevole dei nostri in aula. Iniziai una lunga trattativa, poi intervenne Almirante: se ci danno un miliardo si può fare. E io: sì ma glielo dici tu a Forlani. Morale della favola: Almirante partì in aereo, andò da Cefis che gli diede i primi 250 milioni. Si fermarono a 700, a un miliardo non ci arrivarono mai...». Anche l'msi si dava da fare... «Ma no, erano briciole. Negli anni Cinquanta e Sessanta e Settanta da Perón e Franco arriva poco o niente, se ne fregavano di noi e le sottoscrizioni venivano da militanti benestanti. Qualcosa da Pesenti, ma poca roba. L'unica fonte continua di finanziamento era il peculato alla commissione Edilizia del Comune di Roma, da lì arrivavano soldi per tutte le opposizioni, noi compresi». E da Gelli? «Birindelli mi ha raccontato di aver parlato recentemente con Gelli e Gelli gli ha detto: all'msi ho dato i soldi più di una volta. E lo sa che Almirante voleva Sindona in lista? Fummo io e Roberti ad opporci». Ma allora qual'è il vero Aimirante? «Un grosso personaggio, uno che credeva nelle sue battaglie. Ma anche un grande attore. Una volta gli dissi: ma lo sai che sei più bravo di tuo zio Gigetto, che era un attore di professione. Si offese». E la de? Perché non ha mai fatto nulla per farvi sparire? «La de e il pei avevano interesse alla sopravvivenza dell'msi. E la prova del nove me la diede Aldo Moro». Moro parlava con lei? «Eccome. Tutti e due con le stesse fobie, ci scambiavamo i foglietti delle medicine! Anche se una volta lo feci piangere». Eh, addirittura «Voto di fiducia al governo Tambroni. Moro interviene, esagera e dice che "il comunismo può essere compreso nell'ordine cristiano, il fascismo no". Prendo la parola e ricordo le parole di Moro ai littoriali di Palermo: "Il fascismo è universale e perciò al di fuori del tempo e dello spazio". Per molti anni non mi parlò». Fino al giorno in cui Moro le «Gelli ha rivelato di aver dato soldi in più occasioni ad Almirante. Allora nel partito sparivano i miliardi» «Se l'unica alternativa a Berlusconi restasse Bertinotti io voterei Rifondazione» Buontempo: non vogliamo scissioni ma non ci possono mettere alla porta La segreteria: devono adeguarsi Sopra, Ernesto De Marzio. A lato, Almirante. In alto a sinistra, Teodoro Buontempo. Sotto, Mussolini e Tatarella diede la prova che alla de faceva piacere che l'msi continuasse a vivere. «La scissione di Democrazia nazionale si era consumata da pochi giorni, metà del gruppo parlamentare dell'msi era con noi e se la de avesse voluto, avrebbe potuto schiacciare l'msi. E invece Moro mi incontra in un corridóio di Montecitorio e mi dice: hai avuto coraggio, meriti fortuna, ma siccome sai che ti sono amico, ti dico che da noi potrete avere soltanto un passaporto, perché noi stiamo accreditando il pei». Ma voi sotto banco davate i voti alla de. La raccontiamo finalmente la storia dell'elezione di Giovanni Leone? «Certo, è un racconto in diretta. Rino Formica viene da me e mi chiede i voti per Nonni. Gli dico: caro mio non se ne parla. L'alternativa era Moro e allora io e Almirante puntiamo su Leone. Sottovoce diciamo ai nostri iidatissimi di cominciare a votarlo. Coito Forlani e ci prega: non votate più per Leone, sennò non ce la fa. Era vero il contrario: noi lo votiamo e lui fu eletto. Incontro De Mita livido e gli dico: l'arco è caduto e sotto sono rimasti gli stronzi!». Due squadre a confronto: da una parte Almirante, Michelini, De Marsanich, Romualdi, dall'altra Fini, Tatarella, Storace e Gasparri. «La classe dirigente del primo msi era di tutto rispetto, gente che aveva una professione, che rischiava il posto di lavoro per le sue idee. Questi non credono a nulla, sono senza storia, tutti funzionari di partito. Il più intelligente è Tatarella, Fini è bravo in tv, ma è un robusto ignorante, uno che non ha letto un libro». Quanto resta di fascista in An? «Quasi tutto. Fini si è convertito in due mesi, ha ripudiato tutto ma senza spiegare la nuova identità. Noi la svolta la preparammo in 10 anni e fu frutto di meditazioni, letture, sofferenze. E non abbiamo mai detto, come Fini, che per restaurare la democrazia fu necessario l'antifascismo. Se non c'erano gli Alleati, Mussolini moriva nel suo letto, come Franco». Lei che è stato il primo profeta di una destra democratica che ne pensa di Berlusconi? «Che se l'unica alternativa a Berlusconi restasse Bertinotti, io voterei Rifondazione». Fabio Martini

Luoghi citati: Bari, Comune Di Roma, Foggia, Italia, Orano, Palermo, Roma