Tra Bertinotti e Garavini continua il duello interno di Andrea Di RobilantLucio Magri
Rifondazione comunista resta divisa sul voto al nuovo governo Tra Bertinotti e Garavini continua il duello interno ROMA. Quando Fausto Bertinotti prende la parola all'ex Hotel Bologna per esporre ai parlamentari di Rifondazione comunista le ragioni del suo no al governo Dini, il suo grande rivale Sergio Garavini esce dall'aula provocando le occhiatacce degli addetti alla vigilanza, fedelissimi del segretario, che lo accusano di «poco rispetto» nei confronti del capo. Un episodio marginale, ma che dà un'idea - forse più di quanto non facciano le dichiarazioni politiche - di quanto sia profonda la divisione tra le due anime di Rifondazione comunista che adesso si scontrano sulla fiducia al governo Dini: quella guidata da Bertinotti e Cossutta, decisissima a bocciarlo, e quella più vicina a Garavini e al gruppo storico del Manifesto, che al tentativo di Dini vorrebbe dare una chance. La giornata, del resto, non porta alcuna schiarita. Anzi, gli schieramenti rivali rimangono pressoché immutati e fermissimi nelle loro posizioni. Al punto, dicono alcuni, che soltanto una decisione del Polo di votare a favore del governo, e dunque di rendere non più decisivi i voti di Rifondazione comunista, potrebbe allentare la tensione nel partito. Nel primo pomeriggio, in direziono, Lucio Magri tenta una mediazione per ricompattare il partito: niente pregiudiziali nei confronti del governo prima di sentire il programma in aula. Ma viene subito il secco no di Bertinotti, che mette al voto un documento in cui ribadisce la linea dura contro Dini. Risultato: 26 a favore, 14 contrari e 4 astensioni. Poi il segretario convoca per domenica alle nove una riunione del comitato politico, una sorta di comitatone centrale, che con ogni probabilità darà ancora più forza al voto della direzione. La battaglia vera, tuttavia, si svolgerà alla Camera la settimana prossima. E gli ultimi conteggi indicano che l'orientamento all'interno del gruppo parlamentare di Rifondazione cornu- portante nella nista è leggermente più favorevole alla linea Garavini rispetto alla direzione: 23 deputati dovrebbero votare contro il governo Dini mentre 16 sarebbero disposti quantomeno a farlo decollare. I giochi sono fatti? Bertinotti insiste che c'è uno sviluppo imsua posizione: «Confermo l'opposizione a Dini, ma il suo tentativo non è l'ultima spiaggia. Se dovesse fallire siamo pronti ad appoggiare una soluzione istituzionale». Un'ipotesi che aveva già ventilato nei giorni scorsi, ma ieri ne ha parlato con il presidente Scalfaro, impegnandosi a non affossare un eventuale tentativo di formare un governo del Presidente qualora Dini non ce la facesse. Garavini, intanto, fa sapere che il voto di ieri in direziono non lo riguarda: «La settimana prossima, in aula, voterò secondo coscienza. Il nostro schieramento è ampio e di qualità. E il voto di domenica al comitato politico sarà espressione di un puro richiamo alla disciplina di partito, come usava in tempi ormai passati». La disponibilità di Garavini a votare per Dini fa scuotere la testa della senatrice Ersilia Salvato, cossuttiana di ferro: «In questo momento la linearità di giudizio è importante: io penso che bisogna abbattere la destra e dunque voto contro Dini. Sarebbe francamente paradossale se un governo di destra passasse con i voti comunisti». Luciana Castellina, europarlamentare e membro della direzione, sostiene invece la necessità di votare Dini «per evitare una crisi istituzionale». E il paradosso cui fa allusione la Salvato? «Ma quale paradosso! Se la borghesia si spacca, il partito dei lavoratori si schiera con la parte che non è fascista. E' un classico del manuale del leninismo». Andrea di Robilant Rifondazione comunista resta divisa sul voto al nuovo governo Sopra, il segretario di Rifondazione comunista Fausto Bertinotti. A destra, gli oppositori Sergio Garavini e Lucio Magri
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