CARO MUTI SULNABUCCO HAI SBAGLIATO di Guido Ceronetti
CARO MUTI SULNABUCCO HAI SBAGLIATO MUSICAR PATRIA CARO MUTI SULNABUCCO HAI SBAGLIATO NON si riesce a cambiare niente, nello Stato italiano, eccetto quel che non dipende da nessuno, come la lingua, parlata e scritta in modi che non ne mangerebbero i cani. Almeno l'inno nazionale! Quello che abbiamo fu definito «provvisorio» nel 1947: questa provvisorietà dura da mezzo secolo ed è la vera essenza dell'inno mameliano, ogni volta che lo sento è una nausea dà vertigine: la vertigine del provvisorio immutabile, del provvisorio che non si vergogna di durare troppo (cosa che a noi uomini capita invece spesso), che sogghigna dentro le note insulse: «Non avrai altro inno all'infuori di me». Mi contrista leggere che un musicista geniale come Riccardo Muti preferisca il Mameli stracotto all'immortale coro verdiano del Nabucco. Mi scandalizza che possa essere considerato deprimente quel che è musicalmente elevato, forte, doloroso, intenso, grave. Dalle più tristi note della Moldava di Smetana è stato tratto un inno nazionale dei più esaltanti, creativi e marziali, e chiamato betti kvà, la Speranza. E il Godsave the Queen è allegro, forse? E le cornamuse scozzesi sui campi della Somme? Non è eccitante, quantunque triste, Sibelius per il finnico? Lasardanadella.Santa Espina ha un colore ritmico ben poco appariscente, eppure è un simbolo di unione per chiunque, nel mondo, sia catalano. li dire Verdi è dire Italia unificata (maldestramente, destino ironico), e volendo un pezzo verdiano adattabile a inno nazionale non sarà la Zingarella o la Donna è mobile, l'unica scelta è il Nabucco. Le parole degli inni non sono mai eccelse. E a tirarle da un libretto d'opera si casca per (orza male. Però l'aria verdiana è irresistibile e energumenizza le parole mirabilmente. C'è la parola patria... E la Guido Ceronetti CONTINUA A PAG. 2 SLTUMA COLONNA
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