Bertinotti & Cossutta «Dini non lo votiamo»
Bertinotti & Cossutta «Dini non lo votiamo» Bertinotti & Cossutta «Dini non lo votiamo» NEOCOMUNISTI DIVISI SROMA PIRITOSI, questi comunisti da talk show. Bertinotti & Cossutta, la strana coppia che piace a Berlusconi («per loro ho un mare di simpatia», fra battute e gelidi sorrisi rifiutano a Dini i trentanove voti di Rifondazione, ritornati decisivi all'improvviso. Intanto il partito oscilla, il «manifesto» discute, il pds alita sul collo. E Sergio Garavini cammina sempre più triste dentro le scarpe estive screpolate e il suo sogno di una sinistra unita contro i berluscones. A Montecitorio, appoggiato al banco dei panini, Armando Cossutta strizza gli occhietti senza tempo: «E' ben strano che per fare un governo ci sia bisogno del voto dei comunisti. A me può anche far piacere, ma vi sembra una cosa seria? Per il Paese, dico». Al suo fianco, Bertinotti. E' entrato nel periodo blu: sul corpo da sedicente elegantone ogni indumento tende a quella tinta, dal era vallone modello tranviere agli scacchi della giacca. La svolta cromatica annuncia quella politica, il nuovo slogan con cui Bertinotti spera di rinompattare il partito e incupire Garavini sempre più: Dini non lo votiamo, ma il prossimo sì. «Purché non sia Cossiga. Ma perené dovrebbe esserlo? Cade Dini, si azzera tutto e si nomina un governo di garanzia. Lo diremo anche a Scalfaro, a cui abbiamo chiesto un colloquio». Non ancora avvenuto, ma che importa. In questi casi, si sa, conta l'intenzione. Specie per regolare i conti all'interno del partito. Oggi si riuniscono i gruppi parlamentari: l'ultima volta Bertinotti fr Cossutta rimediarono una maggioranza stentata, 29 a 24. E stasera? Questa è l'ora dei dubbi e dei dispetti. Si divide il «manifesto», che fino a ieri chiamava Dini «il controfiguro»: adesso Pintor è perplesso e persino l'editorialista Rina Gagliardi distingue fra destra e destra, e definisce questo governo «una buona notizia». Poi ci sono i veleni. Bertinotti accusa il pds di non sopportarlo e il questore della Camera Marida Bolognesi, che pure non smania per Bertinotti, ammette che «la Quercia ha latto pressioni su alcuni di noi». E il pds? Accusa Bertinotti & Cossutta di minacciare punizioni per chi si dissocia. Al deputato Walter Bielli qualche compagno avrebbe detto: «Se voti Dini, tradisci la classe operaia». Finora solo in due sono usciti allo scoperto. Niky Vendola, il compagno con l'orecchino: «La destra è sull'orlo del burrone, voglio dargli la spinta. Possiamo astenerci, uscire dall'aula, votarlo. Basta che il governo parta». Umberto Carpi, caso unico di un marxista che presiede la commissione Industria: «Di fronte ai Farinacci, io scelgo Giolitti». Cioè Dini. Musica per le orecchie di Garavini, che all'azzeramento di Bertinotti dedica una smorfia più sofferta del solito: «Ma non ha capito che dopo Dini arriva una destra peggiore?». Replica stizzita del Segretario Blu: «Mi sembra la vecchina di Siracusa, che diceva sempre: non cambiamo il tiranno, altrimenti ne verrà uno più cattivo». Perii dopotiranno, Bertinotti ha in mente Prodi. Garavini e i suoi dicono: «Ascoltiamo Dini alle Camere, prima di decidere». Ma Cossutta: «E che dovrebbe dire, un uomo di destra come lui? E' come pretendere che io sostenga che il comunismo è brutale e il capitalismo l'unica sal¬ vezza. Come si fa votare un governo pieno di pensionati e democristiani. E quel giovane, quel Bamer Masera, che ha attaccato da destra il governatore della Banca d'Italia!». Bertinotti, a sostegno: «Facciamo una prova: io lo voto se mette la patrimoniale e un pacifista alla Difesa». Allusione non casuale. Domenico Corcione, il generale-ministro è l'ultimo terreno di scontro della battaglia inter-forze in atto sul fronte sinistro: Rifondazione accusa il pds di votare per il militare di cui due anni fa aveva chiesto l'allontanamento dallo Stato Maggiore. In soccorso ai comunisti arriva, non a caso, Clemente Mastella: «Un generale alla Difesa e voi lo votate: mò, sò cazzi vostri!», scherza in Transatlantico con Gavino Angius. Risposta del pidiessino sardo: «E' un generale democratico. Quello fellone lo abbiamo mandato via». Massimo Gramelfini prqnrgv Garavini e il Manifesto «E' un errore c'è destra e destra» In alto: Fausto Bertinotti A destra: Luigi Pintor
Luoghi citati: Siracusa
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