«Ho vissuto per dipingere il Duomo»

RISTRETTO LA STORIA «Ho vissuto per dipingere il Duomo» L« ULTIMA luce catturata dai suoi vecchi occhi azzurri veniva giù dalla navata centrale del Duomo, un bagliore di candele davanti alla Madonna del Parto, quella che i milanesi chiamano Nera. Aldo Raimondi, come sempre da trent'anni, stava sul suo sgabello, il foglio sul cavalletto, accanto gli acquarelli, e intorno il cielo di marmo che ha amato di più. «E' successo un anno e mezzo la, dopo cinqueoperazioni, il buio» dice, seduto nel suo nuovo mondo di ombre e cenere, lui piccolo e bianco, gli occhiali neri, 93 anni quasi per intero dedicati al colore con cui ha rifatto il mondo - paesaggi, ritratti, fiori - ma specialmente il Duomo, «la cattedrale bianchissima», ridipinta in ogni dettaglio - il capitello e la navata, il portale e l'altare maggiore - unico pittore ammesso per speciale concessione della Curia, anno 1964. «Andò cosi. Molti anni prima, avevo fatto il ritratto a Pio XII, un uomo austero, asciutto, che posava un minuto, tre al massimo, poi via... Il ritratto piacque e quando al soglio sali Papa Giovanni, mi mandarono a chiamare, "vi vuole Sua Santità". Andai. Poi toccò a Paolo VI... E insomma frequentando così a lungo il Vaticano, un giorno decisi di realizzare il mio sogno: vorrei dipingere dentro al Duomo di Milano, chiesi. Un mese dopo avevo l'autorizzazione». Immaginatelo dentro alla grande chiesa, anno dopo anno. «Ci camminavo per ore a studiarmi tutti i dettagli, con la scatola dei colori sotto al braccio. Poi mi accomodavo e con la matita leggera componevo lo schizzo come gettassi i dadi, perché l'acquarello è istinto, anche quando si prepara il disegno». Istinto e velocità, senza mai ripensamenti, «l'olio lo puoi grattare via, ma l'acquarello, no, è troppo leggero, come raschiare le ili di una farfalla». Ora non può più: addio volo. E Raimondi era uno specialista in voli, il re delle vedute. Tutto quello che un quarto di secolo più tardi la fotografìa avrebbe registrato con imparzialità chimica per le guide turistiche e i rotocalchi, Raimondi lo ritrasse con l'acqua. Dagli Anni 20, ha viaggiato su e giù per l'Italia. In un solo anno, ha dipinto 300 campanili. E' stato famoso ai tempi suoi. Fu chiamato a sostituire Beltrame, l'illustratore della Domenica del Corriere, lo volle Galeazzo Ciano per il ritratto e Mascagni e Bottai e Petrolini. Ha viaggiato in Argentina, Grecia e Turchia. Ha disegnato la serie floreale dei francobolli italiani, ha dipinto carte geografiche per la De Agostini e centinaia di sue cartoline con gli schizzi delle nostre città d'arte sono finite ai bouquinisti del lungosenna. Il Duomo però è stato il suo filo perpetuo. «Solo il campanile di Giotto si avvicina a quella perfezione. Ma la mia cattedrale ha più linee di fuga e di mistero, ha la grandezza di Dio, il suono che diventa spazio, lo spazio che saleverso il cielo». Ripete: «Io sono stato l'unico a dipingerlo - e con un piccolo sorriso fa scivolare la mano davanti agli occhi -. Per rivederlo non ho nemmeno bisogno di questi». Così sta il vecchio Raimondi, sulla sua sedia d'incanti, senza più acquarelli, ma con i ricordi che non possano ammalarsi né spegnersi. E sembra dirti che il suo Duomo fatto d'acqua è più resistente del nostro che è solo (distrattamente) pietra. Pino Corrias

Luoghi citati: Argentina, Grecia, Italia, Turchia