« Perché Craxi va assolto »

« « Perché Craxi va assolto » Enimont: le arringhe della difesa E nei paraggi si rivede Di Pietro MILANO. «Bettino Craxi va assolto»: dicono così i suoi avvocati, Enzo Lo Giudice e Giannino Guiso. Ore di arringa nel tentativo di controbattere alle accuse mosse all'ex segretario del psi da Antonio Di Pietro, il pm (ora ex) che aveva chiesto per Craxi la condanna a 3 anni e 4 mesi: ultima richiesta della sua ultima requisitoria. E mentre nell'aula del processo Enimont i legali di Craxi si alternavano, Di Pietro si è visto ancora «nei dintorni» del palazzo di giustizia. Ancora a Milano, quindi, mentre si fanno insistenti le voci su un suo approdo al Sis, il nuovo servizio ispettivo del ministero delle Finanze. Dunque, Craxi. «E' stato ritenuto responsabile di tutto prima che fossero accertate le sue responsabilità penali», dicono i suoi avvocati. Che vanno all'attacco di Di Pietro: «Per mesi ha cercato di trovare prove su Craxi, attraverso arresti, promesse di vantaggi se fosse venuto fuori quel nome. Ma di fatto sono venute fuori prove sul fenomeno e non sul fatto specifico». Il «fenomeno» è quello del «finanziamento illegale dei partiti» che lo stesso Craxi ha ammesso. Ma solo come fenomeno, appunto, mentre «la giustizia penale si occupa di casi specifici». Su questo - secondo i legali - non ci sono elementi contro Craxi. Poi la critica al processo. «Una fotocopia di quello precedente (Cusani, ndr) di cui sono stati semplicemente travasati gli atti, ed è così venuta meno la possibilità di contraddittorio per la difesa». Stessa critica che avevano rivolto anche i legali di diversi altri imputati. I legali di Craxi ne aggiungono un'altra: «Il presidente del processo Cusani, Tarantola, nella sua sentenza aveva detto che il processo non si sarebbe dovuto svolgere con rito immediato. Ad Enimont sono quindi stati utilizzati atti di un processo svolto in modo irregolare». Non c'è stata invece, da parte degli avvocati di Craxi, l'assunzione dell'istanza presentata da Filippo Fiandrotti, ex parlamentare del psi, che chiede la rimessione del processo ad altra sede. E, dal canto suo, il tribunale si è limitato a dare notizia dell'istanza, senza alcun commento. Per ora si va avanti e si vedrà alla fine della discussione (mancano ancora diversi avvocati, più la replica del pm) se il tribunale deciderà di sospendere la sentenza per tutti gli imputati o se stralcerà la posizione di Fiandrotti. Il quale ieri ha negato che dietro la sua iniziativa ci fosse lo zampino di Craxi: «Ero nel psi, ma sono sempre stato suo avversario», dice. E' vero però che nelle 13 pagine dell'esposto si fa chiaro riferimento all'interpellanza parlamentare di Forza Italia (citata dallo stesso Craxi) sulla possibilità di «rapporto inquinato» tra la procura e il presidente Simi De Burgis. «Pur essendosi positivamente conclusa la vicenda (le accuse a De Burgis, ndr) - si legge - l'andamento del processo fa ritenere che l'accusa sia convinta di poter influenzare il presidente». Nella vecchia vicenda non c'entravano però né Di Pietro, né Francesco Greco che lo ha sostituito al processo. C'entrava solo Piercamillo Davigo. Deciderà adesso la Cassazione. Ma l'interesse, più che sul futuro del processo, è sul futuro (personale) dell'ex pm. L'ipotesi di un suo approdo al Sis (e per questo incarico è stato fatto anche il nome di Davigo) era circolata insistentemente dopo un suo lungo colloquio con Tremonti. Che però ministro non è più; e forse tutto può essere rimesso in discussione. [s. mr.] Gli avvocati «Chiederemo l'immediata archiviazione» Sopra, il segretario del pds Massimo D'Alema. A lato, l'ex leader del psi Bettino Craxi

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