D'Alema vogliamo dire sì in diretta tv di Fabio Martini

Il leader della Quercia: demenziali le accuse a Scalfaro, noi non gli abbiamo chiesto nulla Il leader della Quercia: demenziali le accuse a Scalfaro, noi non gli abbiamo chiesto nulla D'Alenici: vogliamo dire sì in diretta tv Bertinotti: ma io boccio Bini ROMA. Lamberto Dini ha appena letto in tv la lista dei ministri e noi corridoi di Montecitorio i deputati progressisti si aggirano alla spasmodica ricerca di qualche notizia su quei ministri di cui poco sanno, ma che prima o poi dovranno votare. Su un divano è seduta Anna Maria Biricotti, onorevole di Livorno, che chiede lumi ai compagni deputati: «Questo Guglielmo Negri chi ò? Che provenienza ha? E Brancaccio?». Lanfranco Turpi: «E' presidente della Corte di Cassazione». E la Biricotti: <Ah, forse sarà un popolare... E Masera? Mi dicono che e un andreottiano... E Fantozzi? Cosa fa nella vita? E Paolucci? Credo sia di area nostra...». Per due ore i corridoi di Montecitorio sono stati attraversati dalle inquiete folate dei deputati progressisti, chiamati a votare a favore del primo governo della storia della Repubblica formato da tecnici, un governo cosi tecnico da schierare persino un generale al ministero della Difesa. E Miriam Mafai, ex compagna di Gian Carlo Pajetta, azzarda un paragone forte: «Il governo Dini mi ricorda il governo Badoglio, cioè una fase di passaggio eccezionale, ma necessaria. Senza j per questo voler paragonare Berlusconi a Benito Mussolini». E sul toma-Badoglio, nel viavai del Transatlantico, ha qualcosa da dire uno che se ne intende, il presidente dei deputati di An Raffaele Valenzise: «Guardate che un generale come ministro della Difesa non c'è mai stato nella storia della Repubblica, fatta eccezione proprio per il governo Badoglio». E se persino i missini infilano il coltello nella «piaga» del generale-ministro, ci vuol poco a capire che la connotazione tecnocratica del nuovo governo è destinata a far venire qualche mal di pancia a sinistra e a creare una divisione tra pds e Rifondazione. E Fausto Bertinotti, di passaggio nel Transatlantico, ci mette il carico: «Questo mi sembra... un governo-Ze/ig, che si caratterizzerà in base ai voti che prende». E per far capire quale sarà l'atteggiamento di Rifondazione, in serata arriva una nota che stronca il ministro della Difesa: «Ci pare gravissima - dice il responsabile "pace" di Rìfondazione Alfio Nicotra - la decisione di affidare il ministero al generale Corcione che definì le riforme varate dalla Camera sull'obiezione di coscienza e la rappresentanza militare come criminali». E Bertinotti chiude cosi: «Non capisco come Dini possa sperare nei nostri voti se non lo voteranno neanche le destre che lo hanno proposto...». E se Rifondazione voterà no, il generale Corcione tiene banco anche nel chiacchiericcio informale tra i progressisti. Ecco un duetto negli uffici del gruppo progressista. Diego Novelli: «Corcione lo conosco, è un pie- montese, una persona perbene». E il verde Gianni Mattioli: «Ma Corcione non è quello che ci mandava gli auguri per Natale?». E Mattioli che nei giorni scorsi non aveva lasciato speranze a Dini, ora si fa prendere dai sentimenti: «Sono commosso perché nel governo c'è Salvini, che è stato il mio professore di fisica». E se tra i peones progressisti curiosità e sconcerto si miscelano in dosi variabili a seconda degli umori di ciascuno, alle sette della sera è Massimo D'Alema a dare la «linea» in una conferenza stampa convocata a Botteghe Oscure. «Berlusconi - dice il leader del pds - pensa che Dini sia un infido? Visto che si era scelto anche Bossi come alleato, allora è meglio che Berlusconi si dedichi ad altra attività, si dia all'ippica...». D'Alema manda due messaggi: le accuse lanciate da Fini contro Scalfaro sono «demenziali e gravissime» e quanto all'atteggiamento della Quercia, anche se non c'è ancora un «sì» formale, c'è da giurare che i progressisti voteranno a favore del governo Dini. Massimo D'Alema, quasi come un vanto, premette che nella squadra di Dini non ci sono ministri progressisti: «Nel governo non c'è alcun ministro della nostra area, ma non era questo il problema che avevamo posto, noi non abbiamo partecipato a trattative e non abbiamo chiesto nulla». E dunque il pds «si dispone in maniera favorevole» nei riguardi del nuovo esecutivo. E sembra così sicuro di sé D'Alema da chiedere lui stesso «la diretta tv per il dibattito parlamentare sulla fiducia al nuovo governo». E D'Alema rompe anche il feeling con Fini «che aveva fama, a questo punto immeritata, di persona seria e coerente: aveva detto che era conveniente per tutti un governo di tecnici e ora invece afferma che siamo davanti ad un commissariamento della politica. Questo non è serio, non è un modo leale di concepire la politica». Fabio Martini Ma la base dei progressisti: «Sembra il governo Badoglio». Preoccupazione per la Difesa affidata a un generale Fausto Bertinotti, segretario di Rifondazione comunista A sinistra: Miriam Mafai

Luoghi citati: Livorno, Roma