Autobiografia Zeri, ovvero errori geniali di Gabriella Bosco
L'ALBERO SENZA PIÙ' FRUTTI Autobiografia Zeri, ovvero errori geniali "771 PARIGI I i ONFESSO che mi sono I sbagliato. Così s'intitola I i l'autobiografia di Federivi I co Zeri che uscirà in Francia da Gallimard prima, in Italia da Longanesi poi. In che cosa si sia sbagliato, alla presentazione del libro ieri pomeriggio nella Sala Rotonda dell'editrice francese, il critico non ha voluto dirlo esplicitamente. Ha però accennato alla scelta di abbandonare l'Italia, scelta che non ha fatto quando avrebbe dovuto. Pena il sentirsi ora emarginato. «Nei giorni scorsi è stato citato il mio nome come eventuale ministro dei Beni Culturali. Non accetterò mai», ha detto Zeri. «La politica italiana dal 1945 in poi è una frode di proporzioni faraoniche». Di che parla nel libro? «Non di tutto perché non si può». Ovvero di quello che ha fatto da giovane per guadagnarsi da vivere, delle persone interessanti che ha conosciuto, dell'esistenza «inutile» che conduce ora e i libri che scrive ma non vuol pubblicare (salvo uno su Costantino, in cui afferma cose sulla mentalità religiosa dell'epoca «che faranno scalpore»). Un'autobiografia tranquilla insomma, «non da prime pagine dei giornali, come sarebbe se vi parlassi ad esempio della signora con cui ho un legame, molto nota, molto bella, molto intelligente». Quanto all'arte, Zeri nel libro parla di ciò che il mestiere gli ha insegnato: «Dubitare di tutto. Non c'è una verità. Ogni cosa va sempre verificata da capo. Anche a costo di amioiare chi ci sta intorno e annoiarci noi stessi». Dell'occhio, il suo occhio «non infallibile» come dice lui, ma quasi, spiega che è tutta e solo questione di memoria ed esercizio. «I quadri bisogna conoscerli uno ad uno». Ha comprato una collezione di fotografie d'affreschi del Medioevo in copia unica: «I misteri restano, certe opere non si possono attribuire». Un uomo molto controllato, «tranne di fronte alle ingiustizie sociali». Per esempio? «A chi sfrutta e a chi mi sfrutta», ha strizzato l'occhio all'editore. Gabriella Bosco
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