«Lascio un export più forte Ora tocca alla burocrazia»

Parla Bernini: con strutture più snelle la corsa del made in Italy non si fermerà Parla Bernini: con strutture più snelle la corsa del made in Italy non si fermerà «Lascio un export più forte Ora tocca alla burocrazia» ROMA. Sara ancora lui il ministro del Commercio Estero nel governo Dini? O forse la domanda giusta è: ci sarà ancora un ministero del Commercio estero? Giorgio Bernini non lo sa ancora, ma dopo sette mesi passati nel palazzone dell'Eura dirigere la macchina burocratica che dovrebbe far andare avanti il «made in Italy nel mondo», quasi a ino' di epitaffio, dice di sé: «Mi farebbe piacere essere stato un buon staffettista.» In realtà, grazie al salvagente della svalutazione, il suo dicastero è uno di quelli che si salvano in fase di bilancio finale, come i trentamila miliardi di attivo della bilancia commerciale nei primi dieci mesi attestano. Che consuntivo può stilare, allora, questo docente bolognese di diritto commerciale, specialista in arbitrati internazionali, catapultato al governo dal Cavaliere? «Come dato di sintesi dell'andamento del commercio estero per il '94 posso rilevare con una certa dose di soddisfazione che le esportazioni sono state in grado non solo di finanziare i crescenti acquisti dall'estere, senza strozzare la ripresa. Ma stanno anche ripagando parzialmente il nostro debito estero». Le ultime statistiche indicano però un'inversione di tendenza: da ottobre il ritmo delle importazioni è superiore a quello dell' export. E' preoccupato di questo fenomeno? «Per i prossimi anni, la nostra priorità fondamentale è una sola: l'occupazione. E per riassorbire i senza-lavoro sarà necessario un tasso di sviluppo del tre per cento annuo. Un livello che non può essere assicurato dai rapporti commerciali con l'estero senza un valido supporto della domanda interna. Quindi, il nostro obiettivo minimo e quello di assicurare una crescita dell'export in grado di finanziare un aumento delle importazioni coerente con una più vigorosa espansione della domanda interna. Un traguardo più ambizioso è raggiungere un livello delle esportazioni maggiore delle importazioni per finanziare il pagamento degli interessi sul debito estero, come sta avvenendo». E ci riusciremo? «A meno di una crisi finanziaria in grado di aumentare in modo esorbitante il peso degli interessi, ini pare che un quadro di compatibilità sia assicurato per i prossimi due-tre anni. Tenendo bene a mente che l'obiettivo non deve essere la compressione delle importazioni, connesse al sostegno della domanda interna e quindi della ripresa economica». Lei sta preparando una specie di diario sulla sua attività ministeriale e poi un «Libro bianco» per additare le disfunzioni più gravi e gli obiettivi per riformare il Commercio Estero. Quali sono i problemi che ha trovato in questi mesi? «Mi ci vorrà ancora una ventina di giorni per completare questo dossier. Certo ini farebbe piace- re essere confermato qui, per non lasciare incompiuto il lavoro. Perché bisogna attuare nuove regole di trasparenza, di rapidità di esecuzione, spingere le imprese a internazionalizzarsi, anche grazie ai corsi di formazione che abbiamo già organizzato con numerose università e con le associazioni professionali. L'obiettivo di fondo è razionalizzare le attività degli organi già esistenti, Ice e Camere di commercio, azzerare le gelosie e farli lavorare insieme, risparmiando tempo ed energie, evitando duplicazioni e sprechi. Ma lo sa che in Italia ci sono 80 uffici dell'Ice? Una rete assurda, da smantellare. Lo sa che il Comune di Milano ha aperto una sua «casa» addirittura a Pechino: per fare che?». E invece degli sprechi citati, quali obiettivi bisogna inseguire all'estero? «Invece di farci concorrenza da soli, di farci prendere da manie di grandezza spendiamo meglio il marchio Italia. Offriamo agli imorenditori degli sportelli polifunzionali, come andare al supemarket e trovare tutto in un posto, abbinando pacchetti finanziari a quelli assicurativi. Se no è inutile andare per il mondo a fare business». Ma i cambiamenti non devono investire anche il ministero del Commercio estero? «Sono contrario ad accorpamenti solo sulla carta. Ma certo ci vuole più cooperazione con gli Esteri e l'Industria, ci vogliono diplomatici economisti da inserire nella diplomazia tradizionale. Bisogna promuovere specialmente le piccole e medie imprese, lanciarle alla conquista dei mercati più promettenti: il SudEst asiatico, Cina e Giappone, il Medio Oriente, gli Usa e l'America latina». Paolo Patruno DOVE TIRA L MADE N ITALY Saldi bilancia ommerciale, primi 10 mesi; in miliardi di lire] Paese Soldo '93 Soldo '94 FRANCIA +2.733 +3.070 BELGIO-LUSSEMBURGO -2.192 -2.810 OLANDA -4.818 -5.284 GERMANIA +5.597 +5.716 GRANBRETAGNA +3.277 +3.126 IRLANDA -799 -1.065 DANIMARCA -401 -97 GRECIA +2.339 +2.663 PORTOGALLO +2.349 +2.562 SPAGNA +2.997 +2.978 jy<ffi>^.... 'y^m ylffi»^ y<^V^ yi&y Giorgio Bernini, ministro uscente del Commercio estero

Persone citate: Bernini, Dini, Giorgio Bernini, Paolo Patruno