Pentiti assassini scoppia la polemica

Alceo Bartalucci, ex boss della mafia del Brenta, appena scarcerato si era sottratto alla protezione Alceo Bartalucci, ex boss della mafia del Brenta, appena scarcerato si era sottratto alla protezione Pentiti assassini, scoppia la polemica «Il killer di Verona aveva infranto ilpatto» ROMA. Si fa presto a dire pentiti. Quelli di Verona non sono certo un buon esempio di dissociati convcrtiti alla «retta via». Cento rapine (ed anche l'omicidio del povero agente Massimiliano Turazza) tra un arresto, un «pentimento» ed un successivo arresto non sono certamente buone credenziali per chi dice di voler cambiare vita. Anche se, in questa storia di Verona, qualcosa non deve aver funzionato perfettamente nella macchina giudiziaria. Perché, viene da chiedersi infatti, un tipo come Alceo Bartalucci riusciva ad entrare ed uscire dal carcere pur avendo dato prova di voler utilizzare le sue confessioni e i suoi pentimenti al solo scopo di abbandonare la cella per riprendere a far rapine e, alla fine, ad uccidere? Già una volta, il «big» della mafia del Brenta aveva confessato centinaia di «colpi», aveva mandato in galera decine di complici, ma - una volta scarcerato — si era sottratto alla protezione facendo perdere le tracce. Per la legge, dunque, non avrebbe dovuto più essere ammesso tra i collaboratori. Si fa presto a dire pentiti. E si fa presto a dire «finiamola coi pentiti». Bastano episodi come quello di Verona per ingenerare un comprensibile disgusto nell'opinione pubblica. Subito si è portati a dire che tutti i collaboranti «fanno quel che vogliono», che dalle loro residenze di lusso dirigono chissà quali congiure e si abbandonano al lusso sfrenato, «forti» dei loro lauti stipendi. Ma è davvero così? La polemica proprio recentemente - si è arricchita di un altro paradosso. «Quello del pentito - ha rivelato il procuratore Vigna in piena audizione all'Antimafia - è diventato un mestiere. I collaboratori sono ormai come i falsi invalidi: ce n'ò uno che viene protetto insieme con 140 familiari». E'stato un fiorire di aneddoti, a conferma delle «giuste preoccupazioni» di chi non vede di buon occhio il proliferare del numero dei cosiddetti (.collaboranti». Si è creata, anche se non ufficialmente, una sorta di catalogazione di «pentiti profittatori» che tradisce persino una tendenza razzistica. Secondo questa aneddotica - infatti - sarebbero i «napoletani» (e come poteva essere diversamente!) ad aver trasformato in un affare il pentimento. Dicono che cercano di «infilare» nel programma di protezione anche parenti molto lontani e regolarmente disoccupati per assicurarsi più «stipendi». Sono stati accusati, forse eccessivamente, di «accattonare» persino i ticket farmaceutici per chiederne il rimborso al Servizio centrale di protezione. Il fatto è che i «napoletani» - i più numerosi - sono anche i più rumorosi. Protestano, telefonano in continuazione ai funzionari del «Servizio protezione» per chiedere di tutto: dai pannolini per i bambini ad un mezzo di locomozione. E' comprensibile, d'altra parte. Sradicati, isolati e incerti: a chi devono rivolgersi se non a quelli che hanno loro promesso attenzione? E se vengono disattesi protestano. Come accadde qualche tempo fa, quando i «napoletani» donne e bambini soprattutto - si accamparono con le masserizie davanti al portone del «Sei-vizio protezione» reclamando l'alloggio che tardava e trasformando quegli uffici - naturalmente destinati alla discrezione - in un bivacco per manifestazioni di senzatetto. In questo clima può verificarsi più d'una disfunzione. E può accadere che qualche funzionario, ma anche qualche magistrato, coda alle pressioni sopraffatto dal «frastuono» o per amor di «tranquillità». Ma ci sono storie che la dicono lunga sulle difficoltà, sui pericoli e sull'angoscia del «mestiere del pentito». Altro che lusso e ville: c'è un collaborante - uno dei più noti - che da un mese è senza telefono. La bolletta non è stata pagata: motivi di bilancio, a sentire il «Servizio». Il risultato ò che gli è venuto meno un ulteriore contatto col mondo esterno, quel telefono che gli consentirebbe, tra l'ai- tro, di dare l'allarme se dovesse sentirsi in pericolo. E che dire di quell'altro che, angosciato dalla solitudine, si è cercato una donna. L'ha trovata ma non può certo dirle chi è e come vive. Allora si è inventato il mestiere di poliziotto, cosi quando la ragazza gli chiede di uscire per andare a ballare o al cinema lui può rispondere: «Scusami cara, ma stasera sono di servizio». Ci sono altri, invece, che per sfuggire alla solitudine escono dai rifugi. Ma per non correre eccessivi rischi stanno sempre in luoghi affollati. Cosi passano interi pomeriggi ai grandi magazzini. Ma l'episodio che dimostra come sia ancora lontana la piena efficienza delle strutture destinate alla protezione dei collaboranti, riguarda Tommaso Buscetta. Si, proprio don Masino quello che è stato indicato come il «pentito di lusso» e che può l'are quel che vuo le. Una volta arrivato in Italia, gli fu assegnata una residenza e una nuova identità. Col nome falso fece la richiesta alla Sip per il telefono. Gli fu allacciato, ma la bolletta non arrivava. Chiese ai funzionari del «Servizio» di appurare il perché di quel ritardo. Il poliziotto indagò alla Sip e gli fu risposto: «Dottori', ce lo dovevate dire». «Ma che cosa?». «Che il telefono era pei" Buscetta». «Ma come fate a saperlo, alla Sip?». «Dottore, l'operaio che ò andato lo ha riconosciuto». Morale: l'indirizzo italiano del superprotetto Buscetta, per più di quattro mesi, è stato conosciuto alla Sip. Quando iia ricevuto altri documenti ed è entrato nell'ennesimo appartamento segreto, don Masino ha tirato un sospiro di sollievo. Francesco La Licata «Attenzione: è sbagliato criminalizzare la categoria» ! «Circolano ì senza controllo e si parlano col telefonino» L'allarme del procuratore Vigna: quello del collaboratore ormai è un mestiere L'ESERCITO DEI PENTITI Numero complessivo di collaboratori: Sottoposti a programma speciale: In attesa di regolarizzare la posizione BENEFICI E REGOLE Sconti di pena per chi collabora con la giustizia. L'ergastolo è sostituito con la reclusione che va da un minimo di 12 a un massimo di 20 anni. Le altre pene sono ridotte da un terzo a due terzi. Trasferimento in luoghi protetti o in un ufficio di polizia Documenti di identità di copertura Cambiamento delle generalità anche degli eventuali famigliari Compenso mensile di almeno un milione tratto da un fondo speciale Scorta armata durante i trasferimenti per testimonianze in processi In alto i due pentiti Alceo Bartalucci e Marino Mannoia Nella foto grande a destra Tommaso Buscetta in aula

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