Di Pietro: il ministro non lo faccio

L'ex pm all'inaugurazione dell'anno giudiziario a Milano. Una voce: guiderà un team anti-evasori? L'ex pm all'inaugurazione dell'anno giudiziario a Milano. Una voce: guiderà un team anti-evasori? Di Pietro: il ministro non lo faccio Un biglietto gela le speranze di chi lo voleva al Viminale MILANO. Ricccolo Antonio Di Pietro nel suo ex palazzo di giustizia. Arriva quindici minuti dopo le undici accompagnato dalla domanda di tutti: sarà lui il nuovo ministro degli Interni? E se ne va, due oro dopo, lasciando un bigliettino dal significato inequivocabile: «Con riferimento alle notizie su eventuali incarichi ministeriali che potrei essere chiamato a ricoprire - si legge pur onorato per l'accostamento del mio nome ad altissime cariche, ribadisco che non intendo assumere alcun impegno politico». Ringrazia ma dice no a qualsiasi investitura ministeriale, Di Pietro. «Avrà le sue buone ragioni», tenta di spiegare Francesco Saverio Borrclli, il procuratore capo felicissimo - e lo dice - di I questo no del suo ex pm di punI ta. Qualcuno, sotto voce lascia ! intendere che il governo Dini e | governo di transizione, destinato ! a non lunga vita e che, insomma, per uno come l'ex pm di Mani pulite, personaggio da tutti visto come predestinato a grandi cose, e meglio restarne fuori. Meglio non bruciarsi. E' così? Lui, Di Pietro, sorridente e disteso, non dice una parola: il bigliettino di spiegazioni basta e avanza, non una virgola in più, men che meno davanti alle telecamere. Tenta la domanda una cronista del Tg5: «Perché no, dottor Di Pietro?». E qui si arrabbia, si alza, cambia posto e a un certo punto se ne va, pochi minuti prima che Giulio Catelani, il procuratore generale con l'ermellino sulle spalle, concluda il rito dell'inaugurazione dell'anno giudiziario. E pensare che era tornato più allegro che mai, Di Pietro, nel suo ex palazzo. Partenza la mattina presto da casa, dalla villetta di Curno, arrivo a Milano in tempo per cappuccino e brioche al bar Taveggia, due passi dal tribunale. Il palazzo aspetta, tutto addobbato: le bandiere, i fiori, i carabinieri in alta uniforme pronti al presentatarm. Tutti illustri gli ospiti previsti, il cardinale, il sindaco, tre ex ministri, Maroni, Pagliarini, Speroni, il presidente del Senato Scognamiglio, il presidente della Camera Pivetti. Ma inutile nasconderlo, ò lui che tutti aspettano: «Verrà Di Pietro?», chiede una delle tante segretarie della procura. La risposta la fa felice: «E' qui». Alla porta principale, in cima allo scalone immortalato da ore e ore di riprese tv, Di Pietro appare alle undici e un quarto. A riceverlo ci sono i suoi ex colleghi di Mani pulite. Gherardo Colombo, giacca blu e pantaloni grigi, per una volta niente jeans. Davigo, anche lui impeccabile 1n blu. Francesco Greco, stessi colori, medesimo look. Di Pietro arriva e sorprende: sportivo, vestito casual, giacca knikerbokcr, pantaloni di velluto verde. Passa una signora, elegante, e a bruciapelo gli chiede: «Ministro?». Gran risata e gran agitare di mano con il palmo che s'alza dal basso in alto, quasi a dire: più su, molto più su. Arriva, Di Pietro, ed è subito pool. Ouasi un'istantanea dei vecchi tempi: saluti, abbracci, Colombo a sinistra, Davigo sotto braccio a destra, un po' più in là Greco. E tutti a passo spedito verso la sala della cerimonia tra i poliziotti che scattano sull'attenti, le segretarie che impazziscono o quasi («E' in forma, guardalo, guardalo com'è bello»), gli avvocati che salutano. Ed è lì, lungo il corridoio d'onore, che Di Pietro avverte i suoi ex colleghi della decisione presa, del no che sta per dire. Lo sussurra nell'orecchio a Davigo che si fa serio, ascolta, annuisce. Poi Si parla di un suo possibile ingresso nel governo Berlusconi. Di Pietro rifiuta: «Non posso e non voglio far parte di un governo. Ho ricevuto un incarico che sto assolvendo, e se accettassi non potrei completare questo lavoro...». Prime indiscrezioni su un decreto legge in tema di giustizia, «lo sono un magistrato, gli altri facciano leggi e io le rispetterò. Ma se le leggi non mi andassero più bene, me ne andrei». Emanato il decreto Biondi, Di Pietro annuncia le dimissioni [poi rientrate] davanti alle telecamere. «C'è un contrasto tra ciò che la coscienza avverte e ciò che la coscienza impone». PARLA IL PROCURATORE 3 aprile 1994 MINISTRO? NO GRAZIE 16 giugno 1994 LE LEGGI LE FACC 14 luglio 1994 DECRETO BIONDI 3 settembre 1994 LA SOLUZIONE P Parlando al convegno degli imprenditori a Cernobbio, Di Pietro propone una via d'uscita a Tangentopoli: «Unificazione dei reati di corruzione e concussione, pene più severe, patteggiamento "allargato" e non punibilità per i pentiti». Nascono polemiche. MILANO a Colombo. Quando arriva in sala, tocca a D'Ambrosio: un abbraccio lungo un minuto e un sorriso liberatorio: «Certo - spiega D'Ambrosio - ho sorriso perché abbracciandomi Antonio mi ha rivelato che non avrebbe fatto il ministro». Si siedono in fondo alla sala, quasi defilati, gli uomini del pool. Lontani dai magistrati in toga rossa e dall'ermellino di Catelani che per un'ora tiene banco. Chiacchierano. Si fermano per un attimo quando viene annunciato l'arrivo del presidente AVVISO A BERLUSCONI CIANO GLI ALTRI POLITICA Pivetti: «Dov'è?», chiede Di Pietro curioso, alzandosi in punta di piedi. Si rifermano, più che irritati, stupiti - con una mano che si agita e rifà il famoso gesto del «che c'azzecca?» - quando il procuratore generale, garbato ma pungente, snocciola un paio di critiche a certi atteggiamenti di alcuni pm dove quei pm e quegli atteggiamenti assomigliano tanto al pool. Poi ecco comparire il bigliettino del gran rifiuto, la fotocopia di un appello per la giustizia civile sottoscritto da oltre mille giudici che Di Pietro legge 22 novembre 1994 Nell'ambito dell'inchiesta sulla Guarper corruzione a Berlusconi. 6 dicembre 1994 DIMISSIONI Di Pietro abbandona la magistratura: di fare qualcosa per ridare serenità e 11 gennaio 1995 GLI INCONTRI DI ROMA L'ex magistrato incontra a Roma alcCossiga, Casini, la Fumagalli CarullNessun commento: «Visite di pura c 14 gennaio 1995 NUOVO NO ALLA POLITICA Di Pietro tronca le voci su un possibile ingresso nel governo Dini: «Pur onorato, ribadisco che non intendo assumere alcun impegno politico». Padalino, il gip che per un anno si è occupato di fiamme gialle e che ora è tornato alla procura di Monza, a passare il foglio del gran rifiuto alle agenzie stampa. E' l'una e qualche minuto: ades so il no è ufficiale, il tempo per l'ingresso in politica di Di Pietro non è ancora arrivato. A mono che non si avveri un'altra ipotesi circolata nelle ultime ore: l'ex pm di Mani Pulite capo di una task-force per la caccia ai grandi evasori. di corsa e poi usa come foglio d'appunti. Comincia a scrivere: «COMUNICATO», proprio così, tutto maiuscolo, ma poi Davigo gli sussurra qualcosa e il «COMUNICATO» viene cancellato. Meglio puntare al sodo: «Con riferimento..., ribadisco che non intendo assumere alcun impegno politico». Firmato: «Di Pietro». Passa di mano in mano, il bigliettino. Legge Colombo, lo legge Davigo: entrambi consigliano qualche ritocco. Di Pietro rilegge, cancella, riscrive. Alla fine è Armando Zeni dia di Finanza, Di Pietro manda un avviso di garanzia «Lascio perché sento il dovere fiducia alle istituzioni». uni esponenti della politica: 'i Fini. i, si parla anche d ortesia» NELLE ALTRE CITTA' IL MINISTRO. Alfredo Biondi Bruno Siclari «La giustizia, invece di essere momento coagulante tra le varie forze e gli organi istituzionali a vario titolo interessati, è diventata causa di divisioni e polemiche che si ripercuotono inevitabilmente sui momenti decisionali». Con questa considerazione il ministro Biondi ha aperto la sua relazione a Genova. PALERMO, L'ANTIMAFIA. «C'è un clima difficile per tutti, non solo per i magistrati. Fortunatamente questo non influisce sulle indagini, che stanno marciando in tutta Italia in maniera soddisfacente». Lo ha detto a Palermo il procuratore nazionale antimafia Bruno Siclari. ROMA, LA POLITICA. «La gente, il popolo, in nome del quale si pronunziano sentenze, vuole il magistrato assolutamente apolitico e lo critica con asprezza e giustamente quando solo sorge il sospetto di affinità politiche, che no offuscano la immagine». Lo ha detto a Roma l'avvocato generale Franco Scorza. GENOVA, I MASSONI. «Per i magistrati è un illecito disciplinare iscriversi alla massoneria». Lo sostiene una pronuncia della sezione disciplinare del Csm in relazione a un procedimento a carico di un magistrato del Sud, punito con la censura. Lo ha detto, sempre a Genova, Carlo Federico Grosso, membro del Csm e professore di diritto penale. NAPOLI, IL CARDINALE. Giudizi allarmanti sull'«esplosione della criminalità organizzata e l'assuefazione alla piccola criminalità» sono stati espressi dall'arcivescovo di Napoli Michele Giordano durante la messa celebrata dell'inaugurazione dell'anno giudiziario. Secondo il cardinale, lo Stato è colpito da «una eclissi della legalità». Sempre a Napoli, polemica tra la Camera penale e il procuratore Cordova, che secondo gli avvocati sarebbe «indeciso se prendere il posto del sovrano o di Dio». [r. i.) Simboli massonici Il card. Giordano Alfredo Biondi «E' la svolta liberale»