«Ricatti alla squadra» «così i boss la tenevano in pugno»

«Ricatti alla squadra» «Ricatti alla squadra» «Così i boss la tenevano in pugno» LA VERITÀ' DEL PENTITO SNAPOLI I', la cocaina ha a che fare con questa storia, e c'entra pure la camorra. Ma all'epoca ci furono anche interessi diversi. Ci fu un accordo politico per fare perdere lo scudetto al Napoli e continuare a parlare solo di cocaina e camorra fa comodo a qualcuno». E' chiuso in un rifugio segreto, protetto dalle forze dell'ordine. Ma il pentito Pietro Pugliese, uno che ha sulle spalle una sfilza di omicidi, l'uomo che ha messo nei guai Diego Maradona, tirando ora in ballo altri giocatori, non rinuncia a dire la sua verità. Al telefono, parla di coca, sniffate, incontri pericolosi con i boss. Su un punto, però, insiste quando si tocca l'argomento di quello scudetto sfumato per un soffio: «La causa fu politica». Che cosa intende quando parla di un accordo politico? «Di questo ho riferito ai magistrati a novembre. Ho fatto delle dichiarazioni importanti: ho chiuso la partita, tutto quello che sapevo l'ho detto. Ora non posso rivelare i particolari, né fare nomi perché c'è il segreto istruttorio. So, però, che la causa principale è politica. La cocaina ha avuto un ruolo, perché chi finisce in questi giri diventa ricattabile, ma non basta». E allora? «Per farle capire le dirò questo: se uno diventa proprietario di qualcosa, partecipa ad un gioco e aspetta di vincere. Ma ci sono quelli che invece vogliono vincere subito e hanno la possibilità di farlo: questo significa avere referenze politiche importanti, agganci. A quel punto scatta l'ope- razione e allora la camorra diventa il braccio operativo e ha il suo tornaconto, il totonero». Lei, però, ai magistrati ha parlato anche dei calciatori. Che ruolo hanno avuto? «Certo, sniffavano, e per questo erano sotto ricatto. Non solo Maradona, ma pure Carnevale, Renica, Giordano, Francini, Ferrario, Crippa e altri. Crippa ha ammesso tutto quando l'hanno interrogato a dicembre in una città del Nord. E ora smentisce per paura. Io ho raccontato che il padre lo tenne sotto controllo per sei mesi e questo fatto è stato riscontrato». Ma lei ha visto davvero i giocatori del Napoli prendere la droga? «Il mondo del calcio è pieno di cocaina. E diciamo subito che la coca nelle situazioni maradoniane c'era, e come, apertamente. Ricordo una volta, in un ristorante a Cuma. C'erano pure i prestieri, i camorristi di Secondigliano, e altre persone. La droga era sul tavolo. No, non la portava Diego, ma c'era sempre qualcuno che al momento giusto la tirava fuori». Ma è possibile che nessuno si sia mai accorto di nulla? «Bianchi, l'allenatore, ha dovuto subire, ma non c'entrava niente. E' una persona serissima ed è diventata il capro espiatorio. Figuriamoci, se si perde uno scudetto per antipatia... Ferlaino, invece, è stato vittima di un'amicizia politica. Poi bisogna pensare al fatto che Maradona ha usato continuativamente cocaina per sette anni, eppure è risultato positivo al doping soltanto l'ultimo anno. E' un fatto singolare, di cui bisognerebbe chiedere a Matarrese». E la camorra? «La camorra è servita, ha avuto il suo tornaconto. E ci sono stati anche gli avvertimenti. A Maradona rapinarono i trofei e i gioielli che aveva in banca. Fu un avvertimento, e poi glieli restituirono. Io stesso l'ho accompagnato otto volte a casa di Salvatore Lo Russo, che allora era agli arresti domiciliari, durante la trattativa per fargli riavere la roba rubata. Poi c'è la storia del figlio di Salvatore Bagni». Che cosa accadde? «Ricorda? Il bambino morì in un incidente stradale e dopo qualche tempo la salma fu portata via. Anche quello fu un avvertimento e io l'ho spiegato ai magistrati. Non era mai successo che qualcuno pigliasse una creatura da sottoterra. E il corpo non è stato mai trovato, né sono stati pagati soldi. Un movente vero non c'era, se non quello che io conosco bene. Vogliono farli tacere». Mariella Cirillo «Ai magistrati ho detto che dietro lo scandalo c'erano accordi politici» Il pentito Pietro Pugliese, grande accusatore di Maradona