«Un patto per affossare il Napoli» di Fulvio Milone

Uno degli arrestati attacca l'ex presidente Ferlaino: «I calciatori erano stati messi fuori forma ad arte» Uno degli arrestati attacca l'ex presidente Ferlaino: «I calciatori erano stati messi fuori forma ad arte» «Un patto per affossare il Napoli» Nuove accuse sullo scudetto perso nell'88 NAPOLI. C'è la droga, ci sono i party in casa dei camorristi, le pastette sugli abbonamenti e gli amorazzi di una notte nel chiuso di una camera d'albergo. Ma laggiù, all'orizzonte, oltre i mille rivoli maleodoranti che por tre anni avrebbero ammorbato il calcio napoletano, si intravede appena il fiume inquinato del grande calcio italiano. Non è escluso che si tratti di un miraggio, nel senso che l'immagine di uno sport avvelenato dalla corruzione ad alto livello e scudetti comprati e venduti è ancora da mettere a fuoco. Un fatto, però, è certo: i magistrati della direzione distrettuale antimafia Luigi Gay e Luigi Bobbio, titolari dell'inchiesta sul «Napoligate», stanno indagando anche in questo senso. C'è del marcio dietro lo scudetto perso dagli uomini di capitan Maradona nell'88? Ci fu o no lo zampino della camorra? I pentiti che in questa storiacela sono spuntati come funghi offrono mille interpretazioni. L'ultima versione tutta da verificare ò di Rosario Viglione, narcotrafficante finito in prigione por essere stato il fornitore di coca del Napoli. Interrogato dopo l'arresto, avrebbe detto di non essere al corrente di un intervento della camorra interessata alla sconfitta degli azzurri a favore del Milan per lucrare con il foto nero. Ma poi aggiunge mistero al mistero, raccontando che dopo lo scudetto perduto i giocatori si sfogarono con lui. Gli dissero che la combine era stata frutto di un accordo al vertice: Ferlaino avrebbe ceduto la vittoria del campionato alla squadra di Berlusconi in cambio della commercializzazione degli immobili a Milano 3. E i giocatori, che molo avrebbero ricoperto nella presunta pastetta? Nessuna, ha spiegato Viglione, che se la sarebbe cavala così: «Gli amici mi dissero che erano stati allenati male, spompati ben bene prima delle partite decisive». Di tutt'altra scuola di pensiero è invece un altro pentito, Pietro Pugliese: per lui la camorra c'entra eccome nello scudetto soffiato al Napoli: «Essendo la maggior parte delle giocale sullo scudetto agli azzurri - ha spiegato -, la camor¬ ra, per evitare un esborso di miliardi, decise di condizionare l'esito finale a favore del Milan». Ma, per il momento, nelle carte dell'inchiesta il ruolo di protagonisti continua ad essere affidato agli atleti e alla maledettissima cocaina. Pietro Pugliese, ancora lui, ha detto che «l'uso della cocaina era comune in quell'epoca nella squadra del Napoli», e ha fatto «i nomi di Andrea Carnevale, Massimo Crippa, Alessandro Renica, Brano Giordano, Massimo Mauro, Puzone, Francini, Moreno Ferrario, Careca». Per non parlare di Maradona: «Non era solo un consu¬ matore; Luigi Giuliano (un camorrista, ndr) lo usava anche come corriere», ha spiegato Pugliese, che come se nulla fosse ha aggiunto di essere stato introdotto nell'ambiente del Napoli dal senatore missino Massino Rastrelli. E poi giù con l'elenco feste a base di droga e camorra. «Lo stesso Pugliese - afferma il magistrato - si assumeva il compito di procurare la cocaina con l'aiuto di pregiudicati appartenenti ai clan dei Prestieri, dei Lo Russo e dei Giuliano». Alle feste avrebbe partecipato anche il capo degli ultras del Napoli, Gennaro Montuori, detto «Palummella». Ma poiché la sola parola di un pentito lascia il tempo che trova, la polizia ha cercato riscontri alle dichiarazioni di Pugliese. Così sono stati rintracciati e sentiti in qualità di testimoni molti calciatori e le loro consorti. Francini, ascoltato da un funzionario della Dia, ha negato di aver mai preso la cocaina. Poi ha detto di essere stato presente ad alcune feste nel rione Forcella, roccaforte del boss Giuliano. La sua ex moglie, Fulvia Viliata, ha confermato di aver partecipato con il marito ad una festa organizzata dai fratelli Lo Russo «in occasione della prima comunione della figlia» di uno di loro, e ad una festa in casa Giuliano. «Quando andai al bagno - ha raccontato - mi sorprese il fatto che Rosario Viglione ne uscisse in compagnia di un uomo che non conoscevo». Poi ha narrato un altro episodio avvenuto durante la festa sul traghetto «Angelina Lauro» per la conquista del secondo scudetto: «Sentii dire che si era avvicinata una barca... La voce comune era che aveva portato della sostanza stupefacente». Cocaina, ha ammesso Crippa. Con grande imbarazzo il calciatore ha detto al funzionario di polizia di avere sniffato su invito di Guillermo Coppola, l'ex manager di Maradona latitante da due giorni («Innocente al mille per mille», ha detto di lui il «Pibe» dall'Argentina). «Presi la droga nel bagno. Vidi entrare in quella stanza anche Carnovale, De Napoli, Bigliardi, Renica e, credo, anche Maradona», ha concluso Crippa. Un'altra testimone è Monica Senarega, moglie di Renica. Anche lei ha detto di aver partecipato con il marito e «i coniugi Francini e Carannante ad una festa organizzata a Forcella per la vittoria della Coppa Uefa». Fulvio Milone Le mogli dei campioni rivelano altri dettagli sull'uso della cocaina «Alle feste a casa dei camorristi la droga c'era sempre» A destra Maradona. A sinistra la partita Napoli-Milan dell'88 che costò lo scudetto agli azzurri

Luoghi citati: Argentina, Milano, Napoli