Il «giorno nero» di Fini il falco

Fino all'ultimo ha difeso la linea: «O Berlusconi o elezioni». Gli oppositori interni vanno all'attacco Fino all'ultimo ha difeso la linea: «O Berlusconi o elezioni». Gli oppositori interni vanno all'attacco Il «giorno nero» di lini il falco // leader di An costretto ad accettare Dini ROMA. Il suo amico Silvio lo precetta d'urgenza alle 11 del mattino: «Gianfranco vieni da me, stavolta dobbiamo decidere». E Gianfranco Fini, più casual e più stanco del solito, con le Clark avorio e la faccia lunga - si infila nello studio di Berlusconi per l'ennesimo vertice, l'ultimo. Ai capi della maggioranza accorsi al «capezzale» - Fini, Casini, Previti, Gubetti, Pannella - Berlusconi annuncia che oramai sul piatto sono restati soltanto due nomi: «Francesco Cossiga e Lamberto Dini». E a Fini il falco, a Fini che per 23 giorni di fila ha ripetuto come una litania «o Berlusconi o elezioni», resta ben poco da scegliere: non più una tattica, ma semplicemente il nome del successore di Berlusconi. Fini dice no al suo vecchio amico picconatore e dice sì a Dini, una preferenza condivisa da tutti gli altri, con qualche perplessità di Casini. E così, finalmente all'ora di pranzo del 13 gennaio, l'«unità di crisi» di palazzo Chigi si può sciogliere: Berlusconi ha la faccia lunga e Fini è più pallido del solito. Per il capo di Alleanza nazionale venerdì 13 gennaio resterà una giornata nera. Fini, verso sera, accetta l'invito del Tg3 e prova a dire il contrario, che «venerdì 13 non ha portato bene ai fautori del ribaltone». Ma mentre parla in tv, Fini ha il sorriso stanco di chi ha combattuto con le pistole sguainate e alla fine del duello si ritrova con un'arma alla tempia. Ancora due giorni fa, con la durezza dei tempi antichi, era arrivato a minacciare Oscar Luigi Scalfaro: «Se il Presidente fa il golpe, gli daremo battaglia, non è intoccabile». E per 23 giorni Fini non si era spostato di un millimetro dallo slogan ripetuto ossessivamente: o Berlusconi o elezioni. E ora si ritrova a votare un governo assieme all'odiatissimo Bossi, al detestato Buttigliene e al nemico D'Alema. Negli studi della Rai di Saxa Rubra Fini spiega che «il go- verno Dini avrà esaurito le ragioni della sua esistenza quando avrà realizzato i quattro punti del suo programma. E' un governo preelettorale, non certo elettorale con la data delle elezioni già fissata». Curioso il destino di Gianfranco Fini. E' lui, ai primi venti di crisi, a telefonare a Lamberto Dini per sondarne la disponibilità per una successione al Cavaliere. E' il 22 novembre, la tempesta giudiziaria sembra dover spazzare via Berlusconi da un giorno all'altro. Ma già l'indomani Berlusconi toglie di mezzo ogni mediazione: il presidente dal Consiglio decide la linea che terrà fino all'altro ieri e Fini lo segue senza esitazioni. E qualche giorno dopo, quando Massimo D'Alema va in tv e a Raitre dice per la prima volta («potremmo fare un governo con tutti dentro»), l'unico che rilancia il segnale di pace è Pinuccio Taterella. Ma è solo e dentro Alleanza nazionale il segnale di D'Alema («così vi legittimate davvero») viene lasciato cadere. E ora ecco il governo Dini, con Bossi, D'Alema e Buttigliene in maggioranza, uno smacco sul quale i capi di An cercano di glissare: «Un'ipotesi di questo tipo - dice Adolfo Urso, numero due di An - non l'abbiamo mai esclusa, purché fosse chiaro che un governo senza Berlusconi non poteva avere che un unico obiettivo: le elezioni che infatti ci saranno». Già, dalle parti di An si ostenta fiducia, ma chi può dire che un governo Dini si autodissolverà senza batter ciglio e soltanto quando Fini e Berlusconi lo vorranno? Un'enigma destinato ad animare improvvisamente il congresso di scioglimento dell movimento sociale e quello di nascita di An, previsti uno a ruota dell'altro a fine gen¬ naio. Un congresso con uno scenario capovolto: da potente partito rampante di governo, An rischia di essere a fine gennaio un partito di nuovo emarginato a destra. E infatti il vecchio Bauti già affila le armi: «Siamo davanti ad una grossa sconfitta politica che dovrà farci riflettere. Se non altro per una ragione: un governo tecnico è sempre una sconfitta per chi lo ha preceduto». E su Fini, Rauti affila le armi: «Oggi fa buon viso a cattivo gioco, ma se pensiamo ai toni usati fino a qualche ora fa, dobbiamo dire che è stato sopra le righe». E nel ripiegare, Fini fa capire la nuova tattica: «Può essere che il governo lo votino in molti, ma poi non è detto che sui singoli punti si coaguli la stessa maggioranza». Fabio Martini D'Urso: «Un'ipotesi di questo tipo non l'abbiamo esclusa Poi presto si andrà alle urne» «E' un governo preelettorale senza una data certa per il voto» Rauti: «Ora siamo di fronte a una grossa sconfitta politica che dovrà farci riflettere» In alto: Gianfranco Fini A destra: Cesare Previti A sinistra: Pino Rauti all'attacco del coordinatore di An Teodoro Buontempo il «duro» di An

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