l'addio triste del Cavaliere di Augusto MinzoliniGiuliano Ferrara

Il Cavaliere per l'ultima volta a palazzo Chigi: «Prima in vacanza, poi penserò alle elezioni» Il Cavaliere per l'ultima volta a palazzo Chigi: «Prima in vacanza, poi penserò alle elezioni» I/addio triste del Cavaliere «Me ne vado dal Palazzo, in silenzio» ROMA. E' sera e un Silvio Berlusconi triste si aggira per l'ultima volta nelle stanze di Palazzo Chigi. L'ex presidente del Consiglio ha già dato gli ordini per il trasloco ma gli piace dare uno sguardo alla stanza dei hot toni, specie a quell'apparta mento che ha ristrutturato secondo i suoi gusti. E il tono della voce tradisce il rammarico per aver abitato quella dimora davvero poco, per questo rapido passaggio (appena 7 mesi) in un luogo tanto agognato. «Ora - si consola - me ne andrò per un po' di tempo. Me ne vado in vacanza una ventina di giorni. E rimarrò in silenzio. Sono stanco. Voglio rimettermi in sesto. Poi mi dedicherò al movimento che ho fondato, che è rimasto orfano appena nato visto che sono andato subito al governo. E mi getterò a capofitto nella campagna elettorale...». Eh si, il presidente del Consiglio ci crede. Pensa, o almeno si costringe a pensarlo, di avere chiuso questa crisi di governo con un buon affare. E' sicuro che il presidente Scalfaro e l'uomo che ha mandato al governo, Lamberto Dilli, rispetteranno l'accordo che hanno contratto con lui, quello delle elezioni a giugno. Ne è convinto al pari del suo consigliere politico più vicino, Giuliano Ferrara. «Se abbiamo perso? No, non è così spiega il ministro dimissionario -.. Certo sarebbe stato meglio un governo politico, di emanazione della maggioranza uscita dal voto del 27 marzo. Ma io sono sicuro che le elezioni ci saranno: c'è un accordo tra Scalfaro e Berlusconi, un patto tra gentiluomini. E c'è anche una data, l'I 1 giugno. Basta guardare al programma del governo: c'ò la manovra economica, la legge elettorale per le Regioni e le norme per la «par condicio» nelle tv. E' un programma di tre-quattro mesi, lo stesso che aveva delineato Bertinotti. Sì, ò solo una battuta, ma si può dire che questo è il governo Dini-Bertinotti. E Scalfaro? Sicuramerlte dirà che non esistono governi a termine, ma questo fa parte del gioco». Eh già, la lunga, estenuante trattativa con il Colle è finita. E' andata avanti per settimane e si è conclusa tra la notte di giovedì e venerdì. Il nome di Dini è uscito fuori l'altro ieri, ma per qualche ora si e incagliato nel confronto con il Quirinale: Berlusconi e i suoi hanno chiesto un governo «politico» espressione della maggioranza del Polo; Scalfaro è rimasto fermo sull'ipotesi di un governo «super partes», un governo «tecnico-politico» appoggiato da un largo schieramento a partire dal pds. Così ò tornato a galla il nome di Scognamiglio, mentre il Quirinale continuava a minacciare un governo Prodi o Cossiga. A notte fonda qualcosa si è mosso. «Ma vi rendete conto di quanti giochi hanno fatto? Hanno tirato fuori anche questa candidatura della Pivetti - ha spiegato ai suoi - che non è mai esistita. Credo che alla fine approderemo ad un governo Dini. E le elezioni? Scalfaro ci sta pensando. Scognamiglio? Non credo che sarebbe un bene toglierlo dalla presidenza del Senato. E' uno dei nostri. Se lui lascia chi eleggerebbero in questo momento i senatori al suo posto?». A questo punto la candidatura Dini ha cominciato a prendere quota. Certo tra gli alleati di Berlusconi qualcuno, come Fini, ha continuato ad avere delle riserve. Ma Berlusconi è andato avanti con la sua tesi: «Guardate - ha confidato ai suoi alleati ieri mattina -, Scalfaro mi ha garantito che a giugno si vota. Eppoi che alternativa abbiamo? Se andiamo avanti nel muro contro muro, se scendiamo nelle piazze a protestare per il colpo di Stato, le elezioni non potranno esserci prima di un anno. Con l'altra ipotesi, quella del governo Dini, invece, slittano rispetto ai nostri de¬ sideri solo di due mesi». In più l'ex capo del governo ha spiegato che questo tempo potrebbe servire per portare avanti un dialogo con Buttigliene, per creare le premesse di un grande schieramento moderato di centro-destra. Con questi ragionamenti Berlusconi ha tentato di convincere i più dubbiosi. Tra i tanti Fini ha mantenuto le sue riserve ma alla fine gli ha detto: «Fai tu». Ieri sera, a giochi fatti, Berlusconi mentre eseguiva le tristi pratiche che precedono ogni trasloco da un ruolo importante, ha mostrato di essere ancora convinto della scelta operata. «Voi non lo capite ha spiegato ai meno convinti dei suoi collaboratori - ma Bossi è cadavere. Ho fatto un'operazione che porterà il polo al 60%. Noi di Forza Italia saremo il corpo centrale di questo schieramento. Senza contare che sono riuscito a tenere insieme la mia maggioranza e ad ottenere il massimo nelle condizioni date dal tradimento di Bossi e dal¬ l'atteggiamento del capo dello Stato. In più abbiamo ricucito il rapporto con il ppi e insieme ci avviamo a costruire un polo moderato. Vi pare poco?». Per lui, per Berlusconi, quello che è avvenuto se non è una «vittoria», almeno è un modo degno per uscire da Palazzo Chigi. Né ha voglia di stare appresso ai tanti «se» che ci sono nei suoi ragionamenti, ai tanti «forse», ai tanti «dubbi». Gli stessi che gli hanno posto alcuni dei suoi alleati. Ancora una volta, infatti, tutte le sue «chances» sono affidate ad un accordo con Scalfaro, cioè con l'uomo che in questi mesi non lo ha aiutato. E questa fiducia è ben riposta? «In politica - è la filosofia di Tatarella, anche lui ieri impegnato V nei traslochi dai - ' < , palazzi che con¬ tano - la fiducia è una parola nella quale non bisogna aver fiducia. Basta pensare a quello che è successo in questa crisi: ma vi rendete conto che la Pivetti insieme al suo segretario generale, a quel Tigellino che gli è accanto, ha fatto le consultazioni nel suo studio di presidente della Camera! Son cose che Napolitano non avrebbe mai fatto». Il teorema del Cavaliere, invece, è esattamente l'opposto della filosofia di Tatarella, si basa tutto sulla fiducia in Scalfaro e la fiducia in Dini. «Io - spiega Domenico Mennitti, uomo di Forza Italia e altro "dubbioso" avrei mandato a Palazzo Chigi Scognamiglio. Almeno quello è un personaggio che non vale una lira. Inve\m& ce, mandare Di¬ ni a fare una manovra economica significa spendere il nome di un personaggio autorevole per fare una cosa per cui ci vuole del tempo. Inoltre anche se Dini è una persona leale, bisogna tener conto che le persone dopo aver giurato da presidenti del Consiglio cambiano. Chi entra a Palazzo Chigi vuol durare». Consiglio quello di Mennitti che Berlusconi non ha voluto neanche sentire. Il Cavaliere infatti è convinto che il presidente incaricato è persona troppo affine a lui per tradirlo. Inoltre Dini quando ieri è andato a trovarlo a Palazzo Chigi lo ha salutato con queste parole: «Silvio sarò leale con te». Non gli ha, però, raccontato alcune critiche che gli aveva rivolto in una cena nella sua casa di Firenze tra amici, all'inizio di questo mese. «Io sono grato a Berlusconi - aveva detto in quell'occasione il neopresidente ma ha fatto due errori: il decreto Biondi di quest'estate che ha creato tanti danni, ma che lui ha tentato di approvare a tutti i costi; e la voglia di continuare a fare due lavori anche da presidente del Consiglio». Ma Berlusconi è un ottimista, è un personaggio che spesso pecca di troppa fiducia. Lui è fatto così, è l'uomo che mentre è costretto a lasciare Palazzo Chigi, canta vittoria. Lui è tutto in quell'ultima scena di ieri, quando nell'ultima conferenza stampa da presidente del Consiglio ha preso le carte e davanti alle telecamere ha detto: «Spero che questo sia solo un arrivederci». Augusto Minzolini Il ministro Ferrara: ma noi non abbiamo perso L'ex premier: avremo il tempo per contattare il ppi e portare il Polo al 60%. Bossi? Un cadavere A sinistra: Silvio Berlusconi Sotto: Giuseppe Tatarella A destra: Giuliano Ferrara, portavoce del governo dimissionario

Luoghi citati: Ferrara, Firenze, Roma