Quegli anni formidabili nel Golfo tra night e sceneggiate porno di Giuseppe Zaccaria

Quegli anni formidabili nel Golfo tra night e sceneggiate porno Quegli anni formidabili nel Golfo tra night e sceneggiate porno LE NOTTI PROIBITE NAPOLI DAL NOSTRO INVIATO Formidabili, quegli anni. Formidabili Maradona, la squadra, il pubblico, l'entusiasmo della gente, l'orgoglio ribollente di una città. Formidabili i tifosi e le signorine del «Chachassa», le curve di Gracc la brasiliana ed i ragazzi della «curva B», con tanto di inno ufficiale (i ragazzi, non la ragazza) e film di Nino D'Angelo, tre mesi di programmazione al «Cinema Filangieri». Formidabili Terry la bionda e i trionfi a bordocampo, le serate di «salsa» e «merengue», i cantici del «Te Diegum», le auto, gli autisti, le interviste a «Canale 21», le donne chiamate alle 3 di notte, i portaborse, i portieri, i corrieri. Ecco, gentile pubblico: siamo all'ennesima puntata di una storia che non finirà mai. Quella di Maradona, dei suoi amici, dei loro eccessi e delle loro donne, di quel sottobosco che qui stinge nella camorra e di «piste» di cocaina lunghe quanto la Napoli-Portici. Questa volta il Genio non compare se non sullo sfondo, ma i suoi amici, compagni, manager e accompagnatori ci sono, magari latitanti eppure molto, molto presenti nelle cose. Affiorano nuovi frammenti di un'epoca sepolta, quella in cui il Golfo si trasformò nella sterminata pista su cui pattinava la mania di grandezza di 11 campioni in mutande, o magari 15, e a ripensarci neanche tutti campioni. Ma non stiamo a perderci nei dettagli, cominciamo piuttosto a guardarla in un altro modo: era mai accaduto che 12 componenti di una squadra (il Napoli fra l'87 ed il '90) risultassero, o venissero contemporaneamente sospettati di essere, consumatori abituali di cocaina? Che il giro coinvolgesse altri ex campioni, anche all'estero, allenatori più o meno famosi, e per contaminazione le nuove squadre dei sospettati, altri giri, e così via? Gli almanacchi del calcio dicono di no, le storie napoletane di questi anni raccontano invece il contrario. Sono storiacce da «night», sia chiaro: confidenze di manutengoli, sfoghi raccolti in verbali di polizia, deposizioni di portieri d'albergo, giuramenti di «entraìneuses». Storie che probabilmente si potrebbero raccogliere in qualsiasi altra città ed intorno a qualsiasi grande squadra di calcio, vera o presunta. Eppure a rileggere quei racconti non solo si ritrovano diversi personaggi di oggi, ma sembra di capire che fra i campioni di allora chi se la cavò doveva essere poco meno che un santo. «Frequentavo un locale di via Manzoni, la "Bella di notte". E fu lì che una sera venni presentata a Maradona...». Terry la bionda comincia così la sua ricostruzione e, se sfogli i verbali che segnano l'inizio di questa indagine, scopri che tutte le Terry e le Patty e le Mary e le Raffa nuotano più o meno negli stessi stagni. Se non si chiama «Bella di notte» l'ambiente prende il nome di «Chachassa», «Lido Club», «White Queen» o «Stangata». Il tramite verso il semidio ed i cherubini che giocano al suo fianco se non si chiama Pizza - di cognome: il nome di battesimo è Felice - è indicato come Pinuccio, Ciruzzo o «Peppe 'o scellone», Giuseppe dalle grandi spalle. E anche i nomi d'arte, poi, finiscono col corrispondere ad un piccolo esercito di Carmele e Immacolate, che dentro a borsette di Strass nascondono carte d'identità con su scritto Tranchino, Lomonte o Ficuciello. «Avevo grande desiderio di conoscere Maradona, e quindi tramite un mio conoscente che lavora al piano bar dell'Hotel Oriente feci lasciare il mio numero alla portineria dell'Hotel Paradiso, a Posillipo...». Comincia così uno dei racconti delle ragazze: facciamole grazia del nome, se non altro perché a punirla pare abbia già pensato la vita. Diciamo che è Patty e viaggia sulla trentina. Bene: il suo tramite verso il sogno è tutto in un numero affidato al cugino dell'amico del portiere di chissà dove. E quando le telefonano, il fatto che siano le 4 e mezza del mattino non la scoraggia: lei esce, prende un taxi, va all'albergo, incontra l'idolo, se ne va dopo mezzora. Ci sono passaggi in cui ai mare- scialloni che raccolgono le delicate confidenze di queste signorine devono essere venuti i sudori freddi. Avete mai provato, voi, a tradurre certi racconti in linguaggio burocratico? Brano autentico: «Parlammo qualche minuto poi stemmiino...». Alt: cancellazione nel ver¬ bale. Si riprende: «... Poi stemmo assieme anche se non avemmo un rapporto completo». Oppure: «Quei due volevano fare dei giochini, ma poi Beppe uscì con mia sorella ed io rimasi sola in camera col calciatore». Su questo versante e meglio fer- marsi, anche perché altrimenti un intreccio di momenti privati finirebbe col tramutare tulio nella prima sceneggiata porno della tradizione napoletana. Il fatto è però che le Patty e le Immacolate c le Colicene raccontano poi quasi sempre di aver visto le «piste», di averle rifiutate o accettate, di averne notate le tracce, di averne verificati gli effetti in questo o quel campione. Una ricorda ancora che per colpa della cocaina appena uscita dalla stanza vomitò in piena «hall». In ogni caso, dovunque ci sono strisce o tracce o odore di polvere bianca. «So cosa si dirà: che il Napoli vinse lo scudetto grazie alla cocaina, o a causa della cocaina lo perse l'anno dopo». Carlo Juliano, che di «quel» Napoli era il capo ufficio stampa, adesso già pensa alle possibili strumentalizzazioni, è pronto a fornire spiegazioni tecniche sul titolo perso in modo così sospetto nell'88 («Ah, se Bagni non avesse avuto quell'infortunio.,.»), Dice, ed ha ragione, che una società di calcio può controllare i suoi uomini sul campo, nel rendimento in campo, ma non certo nella vita privata. Ma andiamo: possibile che nessuno si fosse accorto della nuvola di droga che avvolgeva i «Maradona boys»? Neanche lei, signor Gennaro Montuori, più noto come «Palummella», storico, indiscutibile e intervistatissimo capo tifoso? «No che non ci credo: penso ad un'enorme montatura intorno alle disgrazie di un giocatore che rimarrà comunque nella storia». Parla come un dirigente d'azienda, «Palummella». D'altronde per capire situazione e ambienti dovreste sapere che alla telefonata ha risposto per prima la voce di una segretaria che ha annunciato, professionale: «Club Ultra Napoli, dica pure». E cos'altro si può dire? Avventu¬ rarsi ulula solita litania sulla fragilità di chi viene baciato così giovane da ricchezza e successo? Andiamo: cominciamo piuttosto a prendere in seria considerazione un'indagine sui rapporti fra droga e calcio (meglio: sulla relazione fra vita del calciatore e droga). Chi ha visto sfilare i testimoni di questa indagine ha ancora negli occhi immagini indimenticabili: mogli super di supercampioni che sgranando gli occhioni e sistemando la pelliccia dicevano: «Droga? Ma cos'è?». Manager che abbottonandosi nervosamente il doppiopetto avvenivano: «Possiamo darvi solo pochi minuti: fra un po' il mio cliente si deve allenare». Coppie celebri che giungevano seccate perché costrette ad abbandonare vacanze isolane. Eh sì, cose che fanno male al calcio: fino a quando questa storia ò stata tenuta sotto silenzio pareva che tutto l'universo pallonaro tendesse a considerarla come un fastidio, una robetta che prima o poi sarebbe passata senza conseguenze. Adesso le cose cominciano a cambiare. E allora, signori, vogliamo parlarne? O chiudiamo gli occhi e diciamo che è tutta colpa di Maradona? Giuseppe Zaccaria Nei verbali le confessioni delle entraìneuses sugli incontri negli alberghi con il Pibe de Oro Ma i tifosi fanno quadrato «Non è stato per la droga che abbiamo perso il titolo»

Luoghi citati: Napoli, Posillipo