I nipotini di Calvino contro la cosca romana di Geno Pampaloni

il caso. Nuovi Argomenti: stroncatura boomerang il caso. Nuovi Argomenti: stroncatura boomerang I nipotini di Calvino contro la cosca romana « TI ROMA. ; " OMBRA di Calvino si alI lunga sulla letteratura itaI I liana e stringe in un unico, *A I mortale abbraccio i «nipotini» Eco e Celati, Vassalli e Del Giudice, Tabucchi e Tondelli. Buona parte degli scrittori italiani odierni vivrebbe sotto la nefasta influenza dell'autore delle Cosmicomiche: è la tesi che compare sul secondo numero della nuova serie di Nuovi Argomenti. E prima fra tutti a seguire il dettato del cattivo maestro sarebbe la pastrocchiona e incapace Susanna Tamaro. Quanti guai dalla penna maldestra della giovane autrice di Va' dove ti porta il cuore1. Sarà pure un gran successo, quel romanzo che quasi ha toccato il milione di copie, ma non serve una grande perspicacia critica per capire ciò che nemmeno si nasconde tanto: che quel libro, spacciato per capolavoro, è una grande insalata di «banalità appiccicose», di pagine di «una stucchevolezza inconcepibile» e di «una povertà narrativa che altro non è che l'effetto di una gretta ideologia». Nuoin Argomenti - passata da Mondadori a Giunti e diretta da un quadrumvirato composto da Furio Colombo, Raffaele La Capria, Dacia Maraini e Enzo Siciliano - è partita con il vento in poppa all'arrembaggio. Il nuovo caporedattore Arnaldo Colasanti (succeduto allo scrittore Sandro Veronesi), dopo anni che le stroncature erano poco praticate dal trimestrale nato per volontà di Moravia e Pasolini, in una recensione fluviale non salva nemmeno una riga del libro della Tamaro. Alle spalle della rea Susanna si profila l'ombra di un malefico docente di bassezze letterarie, Calvino, illustre scrittore ambiguo, populista e gergale, «pericolosamente intelligente e cinico». Che ha tracciato una linea su cui lo hanno seguito Celati, Tabucchi, Eco, Del Giudice, Tondelli, Vassalli, tutti quanti prigionieri del più vieto manierismo. Colasanti spara bordate senza ritegno contro il pool degli scrittori formalisti-populisti e si avvia persino su per ardite analogie e similitudini tra le malefatte letterarie della sciagurata Tamaro (e dei suoi consimili) e quelle (non letterarie ma politiche, sociali) che imperversano in Italia oggigiorno. Tra le righe della stroncatura trapela un vero eccesso di zelo. Da dove nasce tutto questo furore? Come mai la rivista, dopo anni di tranquilla conduzione, quando i piatti forti erano soprattutto i testi di narrativa e di poesia, ha imboccato la strada del ring? Forse è solo una coincidenza che pochi giorni fa lo scrittore Franco Cordelli, in una intervista al Corriere della Sera, abbia accusato Siciliano di essere «ecumenico» e la sua rivista di non avere un'«idea forte di letteratura». Poi, ciliegina sulla torta, il narratore aveva aggiunto di non leggere mai Nuovi Argomenti, nonostante il suo nome appaia tra quelli del comitato direttivo. E' venuta dunque per Siciliano la voglia di esibire idee non solo forti ma aggressive? Oppure, qualcuno lo ha sussurrato negli ambienti editoriali, la stroncatura nasce dal desiderio di fare uno sgambetto alla Mondadori (la casa editrice che ha licenziato tra le polemiche la storica rivista e che di recente ha acquisito nel gruppo Ele- mond anche l'editore della Tamaro, Baldini & Castoldi)? «Se c'è chi pensa che abbia pubblicato la recensione di Colasanti per quest'ultimo motivo, allora non si può più aprire bocca! - obietta Siciliano -. E' vero che la rubrica delle recensioni esiste da pochi mesi, ma il pezzo di Colasanti è il respiro più ampio di una stroncatura. Non se la cava certamente in poche battute, c'è una linea personale che si può condividere oppure no, ma è sicuramente molto ben argomentata. Un'idea forte di letteratura - come dice Cordelli che non legge la rivista ma che ci manda sempre i suoi arti¬ coli - in un periodico nasce dalla sua capacità di disegnare una società letteraria, mettendo a confronto le varie opinioni. La divisione che fa Colasanti tra scrittori che considera "eredi" di Calvino e quelli che non lo sono mi sembra comunque importante, un punto fermo su cui non si può non discutere». Già, forse non è un caso che Colasanti dedichi tante colonne al Calvino «insuperabile alchimista dell'ambiguità» e che lo definisca «il cattivo maestro del provincialismo e della minorità italiana», sospendendo per un po' i roventi giudizi sulla bersagliata Susanna. Dietro la Tamaro, donna dello schermo, gli strali volano verso la fetta degli italiani accusati di essere una «cricca» manierista che discende dal romanziere del Sentiero dei nidi di ragno. Un'operazione per creare delle aggregazioni, per cercare di costruire delle cittadelle fortificate (come quelle che negli Anni 60-70 dividevano avanguardisti e moraviani) all'interno della società letteraria italiana? «I romani della ex cosca moraviana io non li amo per nulla - dice Vassalli e loro non amano me. Questa distinzione tra nipotini di Calvino e "altri", imprecisati, non mi convince affatto. Mi sembrano farneticazioni. L'accusa di formalismo? Benissimo, io ci sono passato. Ma ai tempi della neo-avanguardia, quando la letteratura si riduceva a puro gioco formale. Il formalismo con quello che io scrivo non c'entra proprio per nulla. Adesso, per fortuna, nella realtà della letteratura italiana queste distinzioni non esistono. E' la cosca dei romani, che fino ad oggi ha prodotto poco o nulla, che inventa categorie fittizie. Si tracciano divisioni inesistenti per essere più forti nel branco. Ma, morto Moravia, degli scrittori che gli erano vicini non è rimasto niente, né letteratura né pensiero critico». Altro che nipotini di Calvino! Mettere insieme Eco e Tabucchi, Vassalli e Celati, Tondelli e Del Giudice è un'assurdità per il critico Roberto Cotroneo: «Si tratta veramente di una forzatura. Ma come si fa a riunire sotto una stessa etichetta romanzieri così diversi? Io ho un sospetto. Chi non è conosciuto prende la penna e stronca Dante. Così costruisce la sua notorietà. E poi esiste un vizio di fondo nella società letteraria italiana, che è molto elitaria e classista. Basta che un libro, come quello della Tamaro, venda più di 10 mila copie, che subito viene bollato a fuoco dalla critica. Così anche gli scrittori messi sotto la stessa definizione di "manieristi" sono tra i più affermati. Non ci sarà qualche preclusione a priori in questa distinzione?». Se poi la letteratura di Calvino aderisce bene alla categoria «manierismo», lo stesso non si può dire per le accuse di populismo e gergalità: «Una trovata lontana dal vero - osserva il critico Geno Pampaloni -, Calvino era molto compiaciuto per la sua capacità di stilizzazione razionale. Ma non definirei la Tamaro una diretta discendente dell'autore di Palomar: la sua scrittura è più spontanea, più irregolare, meno forte. Oggi sulla tendenza tracciata da Calvino si muovono Lodoli e Affinati e Del Giudice. Sul versante opposto, invece, io metterei prima dì tutto Manganelli e poi Vassalli e Consolo, romanzieri più sanguigni, che usano la razionalità ma non in maniera così impervia e aristocratica come faceva Calvino. Se c'è un tentativo di ripristinare le distinzioni come quelle che opponevano moraviani e avanguardisti l'idea mi sembra peregrina, poiché 20-30 anni fa a dividere la cittadella della letteratura c'erano barriere ideologiche e politiche molto più evidenti di quante non ce ne siano Mirella Serri Cotroneo: «Assurdo mescolare Tamaro, Eco e Del Giudice». Vassalli: «Sono solo farneticazioni» n«idea forte di letteratura». egina sulla torta, il narratova aggiunto di non leggere ovi Argomenti, nonostante ome appaia tra quelli del codirettivo. E' venuta dunque iliano la voglia di idee non solo forti gressive? Oppure, no lo ha sussurrato mbienti editoriali, la tura nasce dal desi fare uno sgambetMondadori (la casa che ha licenziato olemiche la storica e che di recente ha to nel gruppo Ele- vista ma che ci manda sempre i suoi arti¬ importante, un punto fermo su cui non si può non discutere». Già, forse non è un caso che Colasanti dedichi tante colonne al Calvino «insuperabile roneo: «Assurdo scolare Tamaro, o e Del Giudice». Vassalli: «Sono o farneticazioni» essere una «cricca» manierista chdiscende dal romanziere del Sentiero dei nidi di ragno. Un'operazione per creare delle aggregazioniper cercare di costruire delle cittadelle fortificate (come quelle chnegli Anni 60-70 dividevano avanguardisti e moraviani) all'interno della società letteraria italiana? «romani della ex cosca moraviana inon li amo per nulla - dice Vassalli e loro non amano me. Questa distinzione tra nipotini di Calvino "altri", imprecisati, non mi convince affatto. Mi sembrano farneticazioni. L'accusa di formalismoBenissimo, io ci sono passato. Mai tempi della neo-avanguardiaquando la letteratura si riduceva puro gioco formale. Il formalismcon quello che io scrivo non c'entrproprio per nulla. Adesso, per fortuna, nella realtà della letteraturitaliana queste distinzioni non esistono. E' la cosca dei romani, chfino ad oggi ha prodotto poco o nulla, che inventa categorie fittizie. Stracciano divisioni inesistenti pe Sebastiano Vassalli, Enzo Siciliano e Geno Pampaloni Sotto: Italo Calvino visto da Levine

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