«E' una cancrena, amputiamo» «Solzenicyn: diamogli l'indipendenza»

«r ima (aiKrena, amputiamo» «r ima (aiKrena, amputiamo» Solzenicyn: diamogli l'indipendenza MOSCA. Rompendo un lungo silenzio, Alexandr Solzenicyn è intervenuto sulla crisi cecena, accusando governo e Parlamento di avere lasciato incancrenire il problema prima di agire e sostenendo che l'unica soluzione è di chiudere l'infelice capitolo dell'intervento militare e concedere l'indipendenza alla piccola Repubblica caucasica. In un'intervista al giornale «Argumenty i Fakty», il settantacinquenne premio Nobel, rientrato in patria l'anno scorso, afferma che il Cremlino avrebbe dovuto affrontare la ?risi subito al suo insorgere, quando Zhokhar Dudaev dichiarò l'indipendenza della Cecenia tre anni fa. «Come reagirono all'epoca le nostre autorità, il potere esecutivo, il potere legislativo, e, invero, il pubblico in genere? Non ci fu nessuna reazione». Secondo lo scrittore, si può interrompere il conflitto se si riconosce l'indipendenza del piccolo popolo. «Non è ancora troppo tardi per offrire alla Cecenia una scelta. Lasciamo che sia indipendente se lo vuole». La Russia, sostiene, starà meglio senza la Cecenia. «Se un organo è colpito dalla cancrena, bisogna amputarlo per salvare il corpo. L'integrità della Russia è più importante». Secondo Solzenicyn, la Cecenia può ottenere l'indipendenza «entro i suoi confini storici nazionali», con esclusione del territorio cosacco sulla sponda sinistra del fiume Terek, «da sempre» russo, anche se all'epoca dell'Unione Sovietica, «i comunisti davano via territori russi a destra e a sinistra». L'operazione militare in Cecenia, insieme «alla palese assenza di talento militare», costituisce «un grave errore politico» che causerà danno alla Russia a prescindere se avrà o non avrà successo. Reprimere la Cecenia significa fare scoppiare una guerra civile che «travolgerà l'intero Caucaso» e alimentare animosità con il mondo musulmano. «Con uno Stato malato come il nostro non dovremmo per nulla lasciarci coinvolgere in un conflitto del genere». Lo scrittore accusa di latitanza autorità e opinione pubblica, senza eccezioni. Quando Dudaev dichiarò la Cecenia indipendente, la Russia avrebbe dovuto trarne tutte le conclusioni «con la velocità di un lampo»: chiusura dei confini e mobilitazione della guardia di frontiera per reprimere il contrabbando di droga e armi, re-insediamento in Russia di tutti i ceceni di origine russa che l'avessero voluto, riduzione di tutti i ceceni immigrati in Russia allo stato di cittadini stranieri con un ordine: «O ritornate nella vostra patria o, come tutti gli altri stra¬ nieri, chiedete il visto spiegando le ragioni della vostra permanenza, la natura della vostra occupazione e il bene che potete apportare alla Russia». Invece, osserva Solzenicyn, «negli ultimi tre anni nessuno ha mosso un dito per venire fuori dalla crisi cecena, né l'equipe del presidente, né i governi che si sono succeduti, né l'ex Soviet supremo, né l'attuale Duma, né i giornalisti, né la televisione, né il pubblico».[Agi] li premio Nobel Solzenicyn

Persone citate: Alexandr Solzenicyn, Dudaev, Solzenicyn, Zhokhar Dudaev