Pannella: il regime è salvo

Pannella: il regime è salvo Pannella: il regime è salvo «Ha vinto la Cupola partitocratica» PALAZZO DIVISO ROMA ON passa mezz'ora dall'annuncio che la Consulta ha bocciato i referendum elettorali che da Palazzo Chigi arriva una replica di Silvio Berlusconi dai toni garbati ma dal contenuto pesantemente critico: «Il voto popolare è il fondamento ultimo della vita democratica. Le sentenze della Corte Costituzionale in materia di referendum esigono naturalmente di essere ponderate e giudicate con rispetto per l'alta funzione dell'organo che le ha pronunciate. Restano ferme una seria preoccupazione e una forte perplessità per ogni atto che tenda a privare l'elettorato, in tutti i casi opinabili, del suo primario e solenne diritto di esprimere la propria funzione sovrana». Insomma, nell'ora più delicata di questa crisi di governo, la decisione della Consulta diventa un ulteriore elemento di attrito tra Berlusconi e le istituzioni. E polarizza ancora di più lo scontro politico, con i partiti dell'ex maggioranza schierati contro la decisione della Corte e i partiti di opposizione che invece la difendono. Appena appresa la notizia della bocciatura Marco Pannella, il principale promotore dei referendum elettorali, piomba nella sala stampa di Montecitorio e scaglia accuse pesantissime contro la Corte. «Si è mossa come una grande cupola di mafiosità partitocratica. Ha agito come un gruppo di fuoco per cercare di salvare il regime e le sue peggiori nequizie. Il sistema così com'è adesso si protrarrà per altri vent'anni». Gli appelli dell'ultim'ora al Capo dello Stato, il camper parcheggiato per giorni davanti al Quirinale, il capodanno celebrato sul Colle, lo sciopero della fame (al quale da oggi si aggiunge lo sciopero della sete di alcuni militanti radicali): tutto questo non è servito a nulla. E Pannella conclude amaramente la sua sfuriata: «Il presidente Scalfaro ha fatto molto male a non intervenire quando invece è intervenuto in troppi campi - dicendo alto che la Corte avrebbe dovuto decidere secondo la Costituzione». A pochi passi di distanza, nel Transatlantico semideserto, passa furtivo Sergio Mattarel- la, autore della legge che porta il suo nome e che alcuni suoi detrattori chiamano Mattarellum. «Non capisco il motivo di tanta agitazione», dice sornione il deputato del ppi. «Il quesito era palesemente inammisr sibile e la decisione della Corte evita un'ulteriore fibrillazione del sistema dovuta al continuo cambiamento delle regole». Nel corso della serata arrivano reazioni positive da quasi tutti i partiti di opposizione. «Decisione corretta», dice il presidente dei senatori popolari Nicola Mancino. «Coerente con i principi costituzionali», aggiunge Franco Bassanini per il pds. «Saggia», dice il verde Gianni Mattioli. E Fausto Bertinotti, segretario di Rifondazione comunista: «Prendiamo atto con grande rispetto del giudizio della Corte. Ci auguriamo che altre forze politiche non traggano ora occasione per un'aggressione ad un organo costituzionale come la Corte, che ci pare abbia operato in piena autonomia». Diametralmente opposte le reazioni dei partiti che sostengono un nuovo governo Berlusconi. «Una vergogna», dice Gianfranco Fini, coordinatore di An e principale alleato del premier dimissionario. «Deludente», sibila Pier Ferdinando Casini, leader del Ccd. Ma le parole più dure sono del ministro della Difesa e coordinatore di Forza Italia Cesare Previti: «Là decisione della Corte è un colpo inferto all'istituto del referendum, che ha rappresentato storicamente nel nostro Paese uno strumento di riforma e di rinnovamento. Evidentemente la maggioranza dei giudici della Corte resta iscritta al partito che tenta a tutti i costi di evitare che siano i cittadini, direttamente con il voto, a spazzare via quel che resta della Repubblica consociativa». Accuse pesanti, e in netto contrasto con il giudizio di numerosi giuristi. Per Livio Pala- din, ex presidente della Consulta, «i giudici si sono mossi coerentemente, avendo presente che la certezza del diritto consiglia di non cambiare la giurisprudenza se non per motivi gravi». «Responso ineccepibile», gli fanno eco altri due ex presidenti della Consulta, Ettore Gallo e Leonetto Amadei. «La giurisprudenza ormai consolidata negli ultimi sette anni impedisce di dar via libera a quesiti la cui approvazione produrrebbe una lacuna delle norme elettorali residue», spiega Leopoldo Elia, senatore del ppi nonché ex presidente della Corte. E Paolo Barile, ex ministro per i Rapporti con il Parlamento, aggiunge: «Se fossero stati approvati i due quesiti il meccanismo elettorale sarebbe risultato monco e un'ipotesi di voto anticipato impraticabile». Andrea di Robilant ■Milli Berlusconi accusa: «Preoccupa ogni atto che tenda a limitare la sovranità popolare» Ma per le opposizioni la decisione è corretta A sinistra, il leader del Patto. Mariotto Segni. A destra, l'esponente ppi Sergio Mattarella Bordate di accuse da Marco Pannella (a lato), leader dei riformatori, ai giudici della Consulta

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