Una cassetta contro Fini di Francesco Grignetti

Una cassetta contro Fini Una cassetta contro Fini Pescante: i soldi non sono finiti ai partiti POLITICA E SPORT LROMA AMBISCE sempre più la politica, lo scandalo dei finanziamenti Coni alle società sportive di base. Francesco Lo Giudice, presidente del Fiamma (ente collaterale al msi), per supportare le sue accuse, è pronto a esibire al giudice una cassetta registrata che chiama in causa addirittura Gianfranco Fini. Una registrazione proditoria, non c'è dubbio, effettuata nel corso di un incontro tempestoso tra il leader di An e i ribelli «rautiani» che guidano il Fiamma. «Fini ci chiese - racconta Lo Giudice - di rifare il congresso del nostro ente. Congresso che mi aveva da pochi mesi eletto presidente. Francamente non capii i motivi di quell'interessamento». Lo Giudice, in pratica, accusa i vertici del partito di indebite ingerenze. Nella registrazione - risalente all'autunno '92 - si sentirebbe Fini che motiva con ragioni squisitamente politi¬ che la necessità di cambiare il presidente del Fiamma. Un esponente della minoranza, insomma, a capo dell'ente sportivo di partito che a quel tempo controllava ben 85 mila tesserati, non andava giù ai vertici. Davanti alla bufera che ha scatenato, però, adesso Lo Giudice frena: «Io non credo che il partito, inteso come msi nel suo complesso, c'entri qualcosa con i soldi erogati dal Coni. Mi resta il dubbio del perché dentro il partito ci fosse gente che si impicciava di questioni sportive. La verità è che io sono stato eletto dalla base contro i candidati ufficiali del partito. Da quel momento, ci hanno fatto la terra bruciata attorno. Prima che io rompessi il cerchio, dal Coni c'era un finanziamento più politico che sportivo. Da quando sono presidente io, che non sono gradito ai vertici del partito, i finanziamenti non arrivano più». Ma Lo Giudice accusa anche il Coni: «C'è il sospetto che alcum deputati del mio partito e qualcuno dentro il Coni fossero in combutta». Viene così ricambiato dal presidente del Coni, Mario Pescante: «Guardiamo con simpatia all'Asi (il nuovo ente nato da una scissione del Fiamma) e ai suoi dirigenti. Non intratteniamo rapporti alcuni, invece, con il signor Lo Giudice». Ieri il presidente Pescante ha chiamato a raccolta i giornalisti per discolparsi. Ha esordito con una certezza: «Posso escludere a priori che fondi del Coni, distolti dallo sport con disegno criminoso, siano finiti nelle casse di partiti. Siamo di fronte a un semplice caso di appropriazione indebita da parte dell'ex presidente del Fiamma, Sandro Giorgi. E siamo stati i primi a denunciarlo. Non capisco perché si metta in mezzo la politica». Già, la politica. Il fatto è che i quattordici enti di promozione sportiva - che il Coni finanzia lautamente sulla base di una legge dello Stato - in buona parte sono riconducibili ai partiti. Lo ammette lo stesso avvocato del Coni, Enzo Gaito: «Ministeri e presidenza del Consiglio la pensano diversamente. Ma io sono convinto, e lo dicevo già nel 1976, che questi enti siano articolazioni di partito». E quindi, a giudizio di Gaito, saremmo di fronte a un parados¬ sale e duraturo finanziamento illecito a tutti i partiti da parte di un ente pubblico. Non solo. Lo stesso Pescante, incalzato dalle domande, dice cose pesanti «Con la mia presidenza, avendo preso l'impegno di rivedere i pa rametti per i contributi a favore di parametri obiettivi, ho fatto fare un'indagine che è stata aspramente contestata». E' successo, infatti, a partire dal 1993, che i contributi non siano stati più elargiti in maniera automatica. Di quel passato, tipico della Prima Repubblica, ecco che cosa racconta Pescante: «Era un'epoca di disaiminazio ni. E decideva tutto il comitato misto Coni-Enti. Ma alla fine dovevamo sempre rivedere le cifre e dare qualcosa in più al Fiam ma in considerazione della sua reale attività sportiva. Sì, perché nel comitato prevalevano valu tazioni politiche». Francesco Grignetti