«Così Bernini e De Michelis si spartivano le mazzette» di Michele Serra

«Così Bernini e De Michelis si spartivano le mazzette» «Così Bernini e De Michelis si spartivano le mazzette» TANGENIOPOLI IN VENETO VENEZIA DAL NOSTRO INVIATO Shakespeare, Churchill e Michele Serra per raccontare le tangenti bianche e rosse del Veneto della prima Repubblica. Nel tempo della politica con le fattezze di «una spoliazione sistematica»: quando «Il cittadino era, piuttosto, un suddito» e «Il sistema di governo una spartizione proporzionale fra presunta maggioranza e presunta opposizione». Niente peli sulla lingua, nessuna reticenza e, per la verità, anche poche attenuanti. Tutti nella stessa barca: democristiani dorotei del biancofiore veneziano, socialisti fulminati dalle ideologie riformiste e dall'esigenza di raggiungerle in fretta, comunisti preoccupati dal partito che stava per sciogliersi nella Quercia ma fiduciosi nella capacità finanziaria della loro cooperativa. Garbatamente spietato. Il sostituto procuratore della Repubblica Carlo Nordio è la voce dell'accusa nel processo che si svolge nell'aula bunker di Mestre contro gli ex ministri Carlo Bernini e Gianni De Michelis, entrambi assenti. Bustarelle. Il capo d'imputazione occupa 15 pagine di riferimenti giuridici ma si riduce ad essere un capitolo della Tangentopoli del Nord-Est. Denaro in cambio di appalti: un miliardo scarso per i lavori di una bretella dell'autostrada. Ma il pm non si ferma agli atti. Nella relazione introduttiva si allarga e cerca anche i politici che non compaiono in questo troncone d'indagine e non sono imputati. Non ancora, a dire il vero, perché il magistrato già annuncia che ci proverà a portarceli in tribunale, i comunisti, e si sforzerà di dimostrare che le stesse accuse valgono anche per loro. Come quando si parla al genero per fare intendere allo suocero, il pm affetta de e psi ma fa a pezzi anche i rossi della falce e martello. Parla di ieri e dei risultati acquisiti dall'inchiesta ma intende che uguali valutazioni valgono anche domani per monconi d'indagine non ancora definiti. «All'avvio di questa istruttoria - sorride con l'ironia di chi ne ha viste parecchie - le reazioni sono state acide. Era un teorema, dicevano. Strano - riflette a voce alta - in altri casi, altre persone, altri partiti ricorrono alle stesse parole. Ma al- meno questo di teorema è dimostrato». In un altro processo i segretari di Bernini e De Michelis, Franco Ferlin e Giorgio Casadei, sono stati condannati e gli industriali coinvolti hanno tutti patteggiato sostenendo che non avevano altra scelta che quella di pagare. Quale possibile difesa per gli ex ministri? Il pm Nordio lo sa: «Diranno che non hanno perso¬ nalmente preso il denaro». Come i nazisti a Norimberga. «Nessuno - azzarda con la storia - ha accusato Goering o Ribbentrop di aver personalmente trucidato ostaggi, imprigionato persone, avviato prigionieri alla camera a gas. E' bastato che l'avessero ordinato. A Venezia si sono mossi i portaborse. Ma chi fa fare ad altri è responsabile per la legge come se lo facesse personalmente». Il sistema era collaudato: la spartizione delle tangenti avveniva secondo uno schema «programmato, scientifico, metodico e proporzionale». Il 40 per cento «abbondante» ai democristiani, il 40 ai socialisti e il resto ai comunisti. Non si altera quando parla, Carlo Nordio, cesella l'aria con la mano destra senza alzare le braccia e non cambia nemmeno il tono della voce. Ma è indignato. «Nessuna illusione sull'onestà e sulla dedizione dei politici alla cosa pubblica. Chi è stato eletto ha tradito». Dice proprio così: «Hanno approfittato svendendo anche il potere di controllo, si sono arricchirli con malversazioni per sé e per il partito. Ed è ipocrisia sostenere che sia immorale raccogliere denaro per mantenere delle donnine allegre mentre è giustificabile farlo a favore di un partito». Il processo nasce su un pezzo di autostrada da costruire per i Mondiali di calcio. L'appuntamento sportivo era in calendario da anni ma, chissà perché, le opere sono state decise in extremis. «In questo modo gli appalti che dovrebbero essere assegnati in base all'imparzialità e alla buona gestione sono stati affidati a imprese amiche a trattativa privata». Quattro lotti: all'azienda di Enrico Maltauro; alla Tre C dei fratelli Merlo e alla società Grasetto; al pool della Cosma-Schiavo-Secain e alla cooperativa rossa Argenta di Donegaglia. «Per i primi tre lotti hanno pagato tutti e tutti hanno confessato. Il surplus delle imprese capitalistiche andava a de e socialisti». E il surplus dei compagni? «Anche loro hanno lavorato al di fuori dei controlli, ben retribuiti e con gli stessi prezzi gonfiati. Il guadagno è da cercare altrove ma è certo che il sistema della spartizione li coinvolgeva a pieno titolo». L'equa divisione avveniva secondo Nordio - durante la «Conferenza dei servizi» che doveva approvare lavori e prezzi ma doveva farlo all'unanimità. «Nella seduta del 23 maggio 1989 il sindaco di Mira, il senatore comunista Maurizio Bacchin si è alzato per annunciare la sua opposizione. Non era d'accordo sul casello autostradale accanto al suo paese. Ma sette giorni dopo ha cambiato idea». Tutto ok anche se il casello era sempre quello. «In realtà - va giù pesante il pm quel voto contrario era un'estorsione. In una settimana la quota della coop di Argenta era salita dal 9 al 15 per cento». Poteva bastare. Lorenzo Del Boca Un miliardo per un appalto sulle autostrade Il pm Nordio: «In questo processo manca il pei Ma c'erano anche loro, e li porterò alla sbarra» Sopra, il sostituto procuratore di Venezia Carlo Nordio. A destra, l'ex ministro Gianni De Michelis

Luoghi citati: Argenta, Mira, Norimberga, Veneto, Venezia