Le divisioni di Orwell di Curzio Maltese

Le divisioni di Orwell LA CRISI IN TV Le divisioni di Orwell QUANTE divisioni ha la televisione? Chiunque andrà al governo al posto di Berlusconi dovrà porsi subito questa domanda. E' in fondo questo lo spettro, il potere televisivo, che pesa fin dal primo giorno sulla crisi di governo. Fin dal primo minuto anzi, col dibattito parlamentare sulla diretta. In seguito ne ha condizionato i modi, gli scenari, i tempi. E' partita dal coro Rainvest dei tg unificati il «no al ribaltone», ultimo slogan della serie: «nuovo miracolo italiano», «milione di posti», «lasciatelo lavorare». E quando Berlusconi o a scendere Ferrara, Fini, Casini minacciano «un'opposizione durissima, implacabile» è evidente che si riferiscono alle reti controllate dal capo piuttosto, che all'ostruzionismo in Parlamento (dei berluscones assenteisti?) o alle pittoresche marcette dell'onorevole Meluzzi. E allora, quante divisioni ha la televisione? Si può organizzare via etere un'opposizione «implacabile» «capace di far saltare il nuovo governo in pochi giorni»? Sembra difficile. E' l'ultimo bluff. La televisione italiana è nata di regime e, grazie ai regimi, è sopravvissuta fino ai giorni nostri sfidando ogni logica di mercato. Così com'è, tecnologicamente arretrata, faziosa, lecchina e costosissima. Con le sue tre reti pubbliche, sopravvivenza della trimurti dc-psi-pci, e le speculari tre reti Fininvest, parto della fervida inventiva politica di Craxi e Andreotti. Con le legioni dei «mezzibusti» perdigiorno, le tangenti umane, allevati nel sottobosco burocraticopolitico e accollati alla collettività. Un baraccone senza eguali al mondo che si è retto finora soltanto in ragione della pura propaganda politica a favore dei vari governi. Quelli della prima repubblica prima, quello di Ber- prop 1 vari I repu lusconi poi. Nel percorso, la Rai ha avuto un leggero sbandamento dopo Tangentopoli a favore delle sinistre. Ma in realtà continuava ad appoggiare il governo d'allora (Ciampi), sicura della vittoria dei progressisti. Appena ha vinto la destra, si è subito riallineata, più realista di re Silvio inscenando un tifo da curva Sud. Ma domani, la vecchia Rai sarà col nuovo governo. Pare già di vederli, i Vespa e Rossella e Mimun saltare sul carro vincente, magari distribuendo patenti di anti berlusconismo al prossimo. E la Fininvest? Negli ultimi anni Berlusconi ha provato qualche volta a usarla come arma d'opposizione militante. E ogni volta ha fallito. L'ossessiva campagna del Vietato Vietare, Goebbels applicato ai prosciutti, ottenne il misero risultato di poche centinaia di fax di sostegno. La • «piazza di destra», tanto tele'"" promossa, si è rivelata una bufala grottesca: poche migliaia di fans dispersi dai primi saldi. Le ultime trovatine di Fede, le luminarie di Natale e Capodanno, si sono mestamente spente dopo tre o quattro suggestive inquadrature di caseggiati in penombra. Questa televisione di regime serve insomma ad applaudire o a ridere a comando, a convincere ma non a mobilitare e tanto meno a fare le barricate con «fiumane di gente». Perché è nata passiva, un po' serva e così è invecchiata. Verranno le nuove tecnologie e porranno altri problemi di democrazia. Anche a quelli come Walter Veltroni, innamorati delle «potenzialità democratiche della tv interattiva». Chissà perché devono essere per forza democratiche. La tv descritta da Orwell, il Grande Fratello di 1984, non era una tv interattiva? Curzio Maltese

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