Re Alberto e i suoi sosia di Gian Paolo Ormezzano
Re Alberto e i suoi sosia Tante vittorie: chi è riuscito negli altri sport a fare il dittatore? Re Alberto e i suoi sosia FRA i molti giochi dello sport scritto e rediotelevisivo c'è quello dei paragoni impossibili, delle graduatorie tanto affascinanti quanto assurde. Esempio classico: chi il più grande di ogni tempo? Sono giochi inevitabili, appartengono alla nostra voglia notarile di essere depositari, meglio se per testimonianza diretta, di qualcosa che vale, come è la proclamazione del supercampione e il sodalizio con lui, sentimental-cronologico se non anche lavorativo. Adesso abbiamo questo Alberto Tomba e nascono molto domande extratemporali legate ai suoi successi. Sino a generare l'obbligo di una risposta a questa: ci sono, ci sono stati altri Tomba in altri sport? Nel calcio un Batistuta che segna per 11 giornate consecutive è a suo modo un Tomba: ma si muove nel nostro campionato, non in quella rassegna assoluta che è la Coppa del Mondo. Ecco, un Tomba del pallone potrebbe essere uno che in un torneo mondiale segnasse sempre, in ogni partita, e decidesse con i suoi gol la finale. Per la seconda metà di Spagna 1982, Paolo Rossi fu un po' Alberto Tomba. Nel ciclismo c'è stato un Tomba: Eddy Merckx ha messo insieme, specie negli Anni Settanta, filotti che erano incredibili prima del suo avvento. Vinceva sempre, o almeno vinceva quando voleva: e voleva quasi sempre. Non riuscì però mai a produrre vittorie «calde» come quelle di Tomba, con la gente divertita e i battuti sorridenti. L'atletica sì ha avuto un Tomba forte e chiaro. Anzi, uno che ha fatto più di Tomba. Diciamo di Edwin Moses, 122 volte consecutive i 400 ostacoli da vincitore, e questo in un momento, gli Anni Ottanta, di grande evoluzione del suo sport e delle sua specialità. Quando vinceva sfoggiava un sorriso dottorale, da sperimentatore, gli occhi non gli brillavano neanche troppo, dietro i suoi occhialini da tecnocrate: però era un gran bel signore. Ci fu un Tomba nel pugilato, si chiamava Ray Robinson, detto «Sugar» per quanto era dolce, nonostante i pugni che scaricava addosso agli altri. Nero, ballerino, artista, peso medio capace di far felice, con la sua lezione di boxe, lo sconfitto. Sul piano meramente statistico fece meglio il nostro Nino Benvenuti: imbattutto fra i dilettanti (a parte una parentesi scura con un turco), da professionista vinse 82 incontri su 90: e dunque trovò modo di inanellare tanti successi. Gli mancò l'allegria «tombale»: ma il suo è uno sport dove si gioca sempre fuori casa, perché anche un match a Roccacannuccia è come filtrato dalle leggi Usa, dall'ambiente Usa. Invece Tomba ci evoca spaghettate anche sulle nevi canadesi. Nel nuoto ci furono due Tomba, ma tre quarti di secolo fa: lo svedese Arne Borg, mezzofondista di cui si diceva che avesse un solo polmone, poi lo statunitense Johnny Weissmuller, velocista che venne preso da Hollywood per fare Tarzan. Ultimamente ci sono stati in piscina autori e soprattutto autrici di lunghi cicli vittoriosi: ma con sospetti vari, doping e dintorni, parola a Tomba estranea. Ci sono sicuramente dei Tomba in sport di limitata eco popolare. Dei lottatori, dei sollevatori di pesi, dei tiratori, dei velisti, dei tuffatori (si pensi a Louganis). Ma la koinè dello sport non è così pregnante come si pensa: ci sono discipline, giochi, campioni che parlano un loro dialetto. E poi: cosa sappiamo, e soprattutto cosa recepiamo, di un eventuale Tomba del baseball, del football americano? E poi trattasi di sport di squadra, dove non è possibile essere protagonisti assoluti, sempre esiste un debito verso altri (nel caso di Tomba proprio no: e lo sfacelo della squadra azzurra accentua il suo isolamento). Si pensi al basket: persino Michael Jordan e adesso Shaquille O'Neal non riescono a essere determinanti, pur essendo grandissimi. Abbiamo lasciato per ultimo lo sci. Quello nordico ha proposto dei Tomba scandinavi molto locali, molto localizzati: i Maentyranta, gli Jernberg ad esempio hanno «funzionato» soltanto con una provvida ambientazione nei loro posti sacri, sono diventati mitici per il copione e per la scenografia quasi più che per le gesta. Nello sci alpino invece il riferimento statistico esiste, si chiama Ingemar Stenmark, uno svedese che è riuscito a terrorizzare tutti, e a lungo, vincendo sempre. Però attenzione: non si è mai sorriso con Stenmark, e chi è andato a Tarnaby, nel Nord del Nord, dove lui è nato, per scoprirlo finalmente sgelato dentro al caldo di casa sua, è tornato assiderato dalla glacialità del ragazzo e del suo contorno. Ci sono campioni che spargono intorno a loro la luce dell'allegria o il buio della dittatura. Nessun dubbio sulla categoria a cui Tomba appartiene. Gian Paolo Ormezzano
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