Pelé: l'Europa è il sogno che ho nel cuore di Angelo Caroli

CAPELLI ■ FELICITA' E' CREARE L'uomo guida del Toro crede nella forza di una squadra alla quale Sonetti ha dato fierezza Pelé; l'Europa è il sogno che ho nel cuore «Ai giovani suggerisco di crescere dolcemente, coi piedi a terra» TORINO O un progetto Uefa nel cuore, ma non oso svelarlo». E' una frase di Pelé, ed è una miscela di orgoglio e ambizioni. Il Toro, del resto, si nutre dell'uno e delle altre. Mago Abedì è un fenomeno in carne ed ossa, in campo non sta mai fermo, somiglia a una pallina da flipper, o a un video-game che diverte grandi e piccini. Basta premere un pulsante. Il bello è che nel parco dei divertimenti entra pure lui «perché il calcio significa gioia, allegria, guai a mettersi in testa che sia una fatica soltanto per forzati». Ieri il ghanese era di un buon umore speciale. Sorrideva impacciato alle domande ma non perché si esprime con un italiano approssimativo. Il tipo è un monumento alla modestia e avrebbe evitato volentieri di parlare di sé. La sua è stata comunque anche una ricognizio- ne attorno al Torino («dopo la famiglia è la cosa più importante che ho al mondo»), a Nedo Sonetti («un duro, che non vuol dire orco cattivo») e ai giovani colleghi («se vogliono sfondare devono stare con i piedi ben piantati a terra e maturare dolcemente»). Il primo tema è lui, un mulinello di imprevedibilità, la trottola che corre e rincorre, contrasta, assiste, tira e fa pressing. Un mostro a dieci te¬ ste che fa fuoco e fiamme. Dove trova le energie? La replica è un inno all'umiltà: «E' questione di mentalità e di gambe, anche da bambino mi piaceva dannare l'anima per stare dietro al pallone. Vi stupite se faccio pressing su tre avversari in contemporanea? E' che il morale mi assiste, i muscoli e la squadra pure. E chi crede che a primavera crollerò, si sbaglia di grosso». Lode a Calieri che lo ha visto e subito accalappiato. Abedì racconta la storia che comincia il giugno scorso. «Il presidente venne in Francia apposta per me, mi rivolse una domanda secca come uno sparo: te la senti di giocare nel campionato italiano? Immaginatevi la riposta. Se non sono da Toro io! A Calieri io devo davvero molto, avevo perso l'autobus italiano due anni fa, quando la Sampdoria contattò l'Olympique di Marsiglia. Tapie disse di no». Pelé ride con gusto quando gli chiediamo se la forza per lottare 90 minuti la trova nel fisico o nei quattrini che guadagna. L'enfasi non è il suo pane, e ribatte: «Il segreto sta nella voglia di dimostrare quanto vali. E se la squadra continua ad andare bene come fa ora, io posso crescere ancora». Quattro passi dentro il Toro e la sua anima gagliarda. «Qui entra in ballo Sonetti - spiega serio il ghanese -, il carattere e il cuore ce li ha dati lui. E domenica contro la Fiorentina abbiamo usato bene anche il cervello. In molti particolari l'allenatore ha modificato la squadra: l'aspetto psicologico, quello tattico, ci ha insomma trasformati da una formazione con la mentalità di un piccolo club in un collettivo che oggi tutti rispettano e temono. Perciò penso in silenzio alla zona Uefa, il quinto o sesto posto è una delle cose che chiedo alla vita, è quel famoso progetto che ho nel cuore». Toro come Milan e meglio dell'Inter. Merito anche di giovani, rampolli emergenti come Falcone e Pessotto che si comportano quasi da veterani e per i quali Sonetti ha già spedito messaggi a Sacchi («vieni a dargli un'occhiata, l'azzurro fa anche per loro»). Pelé frena, l'ex Pallone d'Oro africano sa quanto sia duro sfondare nel calcio, «i due sono molto bravi, hanno grosse qualità, l'avvenire è assicurato, però - ripete devono procedere dolcemente e con i piedi attaccati a terra». Dopodiché tende una mano ad Angioma, apparso alquanto affaticato nelle ultime esibizioni: «E' normale che sia più stanco del sottoscritto. E' uu nazionale francese e spesso è costretto a scendere in campo in gare ufficiali tre volte la settimana. Mercoledì prossimo, ad esempio, gli toccherà af¬ frontare l'Olanda». Domenica il calendario propone ai granata una trasferta da prendere con le molle. La Reggiana, in casa, è un brutto affare... Dopo i tre punti conquistati con la Fiorentina dei lamenti («loro erano avvantaggiati perchè avevano i tacchetti da ghiaccio, noi no», ha sospirato Ranieri domenica sera), molti tifosi temono che si ripeta lo sciagurato pomeriggio di Cremona. Pelé chiude la bocca ai pessimisti e lo fa così: «Sappiamo che sarà un test tanto difficile, la Reggiana ha bisogno di punti quanto noi. Se l'esperienza nella vita conta qualche cosa, garantisco che il Toro non ripeterà Cremona». E corre ad allenarsi. Se no, come farà ad essere il migliore in campo anche domani pomeriggio nell'amichevole di Chivasso? Angelo Caroli «Sbaglia chi dice che a primavera crollerò: mi carico con l'entusiasmo» Abedì Pelè ha 30 anni ed è costato al Torino soltanto un miliardo e mezzo

Luoghi citati: Angioma, Chivasso, Cremona, Europa, Francia, Marsiglia, Olanda, Torino