Le indicibili sofferenze non servono
Quel seno non era di Albertine; non vale servirsi dello spray LA LETTERA DI O.d.B. Le indicibili sofferenze non servono GENTILE Signor Corderò, avrei sinceramente preferito che lei scrivesse direttamente al professor V attimo, perché mi trovo sempre impacciato nel giudicare compagni di lavoro che stimo, anche quando le mie opinioni possono divergere. Personalmente trovo sempre positivo che non ci si limiti alla denuncia di qualcosa che non va e che se ne tenti un approfondimento con tutti i rischi che ogni approfondimento implica. Lei, invece, nel caso in questione avrebbe preferito una dura condanna, senza motivazione della sentenza. Eppure la stessa lunghezza e lo stesso fervore della sua lettera dimostrano che il tentativo di approfondimento del professor V attimo è stato in grado di provocare una Le indsoffernon se icibili enze rvono sua presa di coscienza. Non faccio il giudice e neppure il difensore d'ufficio di un collaboratore di questo giornale che troppo presuntuosamente ho definito compagno di lavoro, ma, nella sua interessante lettera, trovo da eccepire proprio su una sua affermazione capitale: «Purtroppo ho vissuto abbastanza per poter valutare certe situazioni: verso la fine dell'ultima guerra l'impulso nichilista affiorò nei giovani (vittime di indicibili sofferenze fisiche e morali) come un insopprimibile sfogo quasi fisiologico. Ben presto, le privazioni di ogni genere richiamarono all'equilibrio: l'accettazione di qualsiasi lavoro e la volontà di affrontare gli studi in condizioni direi spietate furono senza dubbio la medicina di quei tempi...». Ovvero quei giovani sarebbero stati salvati dalle stesse «indicibili sofferenze fisiche e morali» di cui lei li dice vittime? Senza alcun merito per pure questioni d'anagrafe, sono stato tra quei giovani, ma questo non mi autorizza affatto a pensare che un ritorno alle «indicibili sofferenze fisiche e morali» sarebbe salutare per i giovani d'oggi. Oreste De! Buono Gent.mo Sig. Del Buono, l'articolo «Il Crocifisso e i suoi vandali» di G. Vattimo sulla Stampa (11/12/94) lascia amaramente perplessi, pur ammettendone l'iniziale buona intenzione. Perché alimentare una fastidiosa ambiguità, quando la forte denuncia appariva ineccepibile con un preciso riferimento alla cronaca e un lapidario commento: «sono (gesti) di puro teppismo e vanno decisamente condannati!». Quale necessità sollevare subito benigne e inopportune giustificazioni? Repentini ripensamenti? Perché scomodare «le furie (sic) di un rinascente benpensantismo concordatario?»... Adriano Corderò, Torino
Persone citate: Adriano Corderò, Del Buono, Oreste De, Vattimo
Luoghi citati: Torino
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