Handke: «Scrivere val bene un miliardo»
IL CASO. Qual è il giusto prezzo di un libro? IL CASO. Qual è il giusto prezzo di un libro? Handke: «Scrivere vai bene un miliardo» ILLESETTANTADUE pagine di piombo. «Un mattone» {Focus). «Un opus magnum» (Der Spiegel). E finisce pure male: 1997, è scoppiata la guerra civile mondiale, «tutti combattono contro tutti», e il signor Gregor, avvocato fallito, lasciato dalla moglie, tradito dal figlio, monologa per migliaia di righe in una campagna (solitaria). Ma il lato più oscuro è quello dietro il frontespizio: il libro costa 78 marchi, che al cambio dei giorni della crisi di governo fanno quasi 85 mila lire. Eppure l'ultima opera di Peter Handke, Mein Jahr in Niemandsbucht (Il mio anno nella baia di nessuno), è in testa alle classifiche dei libri più venduti in Germania e in Austria, la patria dell'autore. «Non ci trovo nulla di strano dice lui -. Settantotto marchi sono pure pochi, per comprare il mio sudore». Sulle prime la casa editrice non voleva saperne. «Ma io ero convinto che il libro dovesse essere il più caro possibile - racconta Handke -. Avevo pensato a un prezzo di 98 marchi. La gente deve rendersi conto di quanto vale quel che compra. Deve sentire che il libro gli costa molto, come è costato molto a me». L'editore ha proposto 48 marchi, ha chiuso a 78. E ora esulta. Ma qual è il giusto prezzo di un libro? Quanto valgono, in moneta, le invenzioni di Eco, il labor limae di Tabucchi, la riflessione di Wojtyla? E' giusto che De Crescenzo costi più di Marquez? Perché Epicuro a millelire e Felice Caccamo a trentamila? Una sola risposta è certa: in Italia la provocazione di Handke resterebbe senza risposta. Dimenticata la lezione di Fenoglio («la più spensierata delle mie pagine mi costa una fatica terribile»). Da noi è tempo di stampe alternative, tascabili, mercatini dell'usa- to. Tranne sotto Natale: però i regali non valgono. Ma Sebastiano Vassalli non si scandalizza. «Il libro è una merce come le altre. Il ragionamento di Handke mi pare molto tedesco. Solo in Germania resiste ancora una superbia del dotto, che altrove è stato bastonato dall'economia di mercato. Io sono molto freddo di fronte alle periodiche campagne di apostolato del libro, non credo che vada sostenuto da missionari e volontari. Anche se si bombardassero i non lettori italiani di spot, il libro non se ne gioverebbe granché: o ha in sé le sue ragioni; altrimenti è inutile porgergli una stampella. I tascabili, ad esempio, sono una cosa seria: aumentano l'interesse del lettore, rappresentano un fatto di crescita. La Germania è un'isola felice, anzi, forse l'isola felice è pro¬ prio lui, Handke, che si permette questa forma di snobismo, ormai spazzata via dalla massificazione di ogni piano della cultura». Oreste del Buono ha lavorato a quasi tutte le collane di tascabili: dalla Bompiani all'Einaudi, dalla Mondadori alla Garzanti. E per la vecchia Bur ha tradotto 50 romanzi, che andavano in libreria a prezzi stracciati. Non ha mai tpensato che quelle copertine dimesse, quei margini precocemente ingialliti svilissero la fatica e il genio dello scrittore? «Ma no, lo scrittore non vede quello, vede il compenso. Balzac pubblicava a puntate sui giornali. Per non perdere i diritti d'autore, Do- stoevskij scrisse II giocatore in due settimane; poi sposò la fanciulla che stenografava il suo racconto. Naturalmente non è solo una questione di soldi. La Morante chiese a Einaudi che La Storia fosse inserita in una collana di tascabili, con un prezzo particolarmente basso. Fu un successo». «Io lavoro con una concezione industriale - spiega un editore raffinato (e dai prezzi pesanti) come Franco Maria Ricci -. Calcolo costi, distribuzione, diritti d'autore. E fisso il prezzo di conseguenza. I prezzi politici sono stati la rovina della nostra editoria. Quella di Handke è una provocazione intelligente: se la gente paga 300 mila lire una camicia di Armani, perché i libri devono costare sempre 28 mila? Ma il mercato tedesco è molto più forte di quello italiano, che produce ventimila novità all'anno e pile di invenduto». «Handke ha passato la vita a scrivere e a dire queste cose perché non ha abbastanza talento per fare il sarto e vendere camicie - provoca invece Aldo Busi -. Il peso specifico artistico dei suoi libri è molto basso; è giusto che siano considerati merci. Come è giusto far pagare care le stronzate di Tamaro e Maraini: ai lettori stronzi bisogna portar via più denaro possibile, A me non importa nulla del prezzo di copertina dei miei libri. Basta che restino. Se Handke ne è così preoccupato, vuol dire che sta davvero vendendo una saponetta». Aldo Cazzullo L'autore austriaco fa scandalo con il costo del nuovo romanzo, 80 mila lire. Risponde. «Non ci trovo nulla di strano» Franco Maria Ricci: «Una provocazione intelligente» L'autore austriaco fa scandalo con il costo del nuovo romanzo, 80 mila lire. Risponde. «Non ci trovo nulla di strano» lEinaudi, dalla Mondadori alla Garzanti. E per la vecchia Bur ha tradotto 50 romanzi, che andavano in libreria a prezzi stracciati. Non ha mai tpensato che quelle copertine dimesse, quei margini precocemente ingialliti svilissero la fatica e il genio dello scrittore? «Ma no, lo scrittore non vede quello, vede il compenso. Balzac pubblicava a puntate sui giornali. Per non perdere i diritti d'autore, Do- Qui accanto, Vassalli. Sopra, l'editore Franco Maria Ricci. In basso, Peter Handke
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