Guerra ai videogiochi in ufficio di Gabriele Beccaria

Proibiti dal governatore della Virginia: un intollerabile spreco di denaro Proibiti dal governatore della Virginia: un intollerabile spreco di denaro Guerra m videogiochi in ufficio «Distraggono gli impiegati dal lavorò» WASHINGTON. L'ultima volta, l'assalto alla baionetta lungo Cemetery Hill ha spazzato via i battaglioni unionisti di Meade e, a sera, il generale Lee bivaccava vittorioso sul campo. Da veri patrioti del Sud, a Richmond, gli impiegati degli uffici del governatore George Alien si sono fregati le mani. «The Blue and the Gray» è stato il loro passatempo segreto per mesi, fino a un paio di giorni fa quando è scattata la proibizione, dolorosa quanto una sconfitta delle giubbe grigie davanti alle giubbe blu del Nord. George Alien ha detto basta. D'ora in poi i videogiochi saranno «out» sulla rete informatica della Virginia. Lee e Meade non hanno più diritto di cittadinanza nei computer dello Stato. La notizia l'ha portata il capo di gabinetto Jay Timmons, che ha diffuso lo storico memorandum. «Troppi impiegati giocano durante le ore di lavoro, con conseguente scarsa produttività e crescente inefficienza: il tempo perso dev'essere considerato come un uso improprio del denaro dei contribuenti». La tentazione sarà eliminata. I "games" saranno cancellati prima dell'installazione dei nuovi programmi, fa sapere da Richmond una delle collaboratrici del roccioso governatore, Melissa Dickie. «Mai più divertimento, solo lavoro», è la parola d'ordine della locale amministrazione repubblicana. «C'erano state molte lamentele da parte degli stessi impiegati ed è venuto il momento di agire», spiega la Dickie, che cita l'inchiesta del «Washington Post» secondo cui ogni dipendente Usa trascorre 5 ore la settimana a divertirsi con programmi «proibiti» e a scorazzare sulle autostrade elettroniche. Un hobby che costa a industrie e burocrazia 10 miliardi di dollari l'anno. «Se il rapporto vale anche per i nostri 110 mila impiegati, ciò significa mezzo milione di ore perse ogni sette giorni. A un costo di 20 dollari l'ora - osserva - è uno spreco enorme». Su risparmi del genere ci si può giocare una rielezione e anche a Washington comincia a tirare aria videocensoria. Per chi non riesce a fare a meno del videovizietto, è come stare seduti sull'orlo del vulcano. «Non mi stupirei se ci fosse una generale ondata proibizionista, anche nel nostro Paese. Non dovrei dir¬ lo, ma ho dedotto che molti miei clienti sono impiegati pubblici e privati che utilizzano i videogiochi in ufficio», rivela Francesco Carla, fondatore della società leader in Italia di «elettronica d'intrattenimento», la «Simulmondo». «La verità è che le aziende stanno tribolando. Tribolano perché ogni personal computer ha un equipaggiamento standard di "videogames" che affianca i programmi di scrittura e di calcolo e tribolano perché la crescente disponibilità dei modem aumenta le opportunità di fuga nel cybermondo: si entra in Internet, in Itafac o in Fidonet e ci si scatena nella pratica da "chat line". Nei "news group" si chiacchiera senza fine, e sempre a spese delle aziende». Il fenomeno si sta universalizzando, con l'energia di una neodroga di massa. «Con un unico videogioco si va avanti per giorni, con alcuni per anni», spiega Carla. Dunque, sono così irresistibili che bloccarne per decreto la moltiplicazione sembra comunque difficile. I proibizionisti sono avvertiti. «Probabilmente sbagliano a demonizzarli. Dovrebbero pensare che sono uno strumento fondamentale di alfabetizzazione informatica: i videogiochi sono il "training" per l'utilizzazione dei programmi seri. Come dimenticare che anche chi legge Kant è passato per Topolino?». Per Lee e Meade c'è ancora speranza. Gabriele Beccaria Ogni dipendente Usa passa 5 ore agiocare tlg Tsq efotun fr.v o*P8> olii ii^u.j uvHve aia Il produttore di videogiochi Francesco Carla A destra una sala giochi

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