L'«Europeo» in coma il direttore se ne va di Enzo Biagi
AGONIA AGONIA D'UN GIORNALE Milano: Lamberto Sechi si è dimesso, redazione in allarme ■/«Europeo» in coma il direttore se ne va MILANO. Dimissioni «irrevocabili» di Lamberto Sechi dalla direzione dell'«Europeo», storico settimanale rizzoliano ormai vicinissimo alla chiusura definitiva (che i più danno per scontata). Dimissioni anticipate nei giorni scorsi da voci senza smentita, con redazione in allarme per il si salvi chi può: riunioni, assemblee, comunicati. Dimissioni infine ufficiali, ieri, metà pomeriggio: «Me ne vado, non si può fare un settimanale senza editore. Non si può combattere senza mezzi, senza soldi, senza promozioni. Non si può gareggiare con una scialuppa contro le corazzate. Addio». Quel che resta del settimanale - che ha avuto stagioni gloriose tra gli Anni Cinquanta e i Settanta e che in questo 1995 avrebbe compiuto il suo mezzo secolo di vita - è nei numeri: una tiratura che oscilla tra le 40 e le 60 mila copie, un deficit che affonda tra 10 e i 12 miliardi. Numeri (per l'appunto) da de profundis con l'aggravante di una perpetua invisibilità in edicola, schiacciato dai colossi «Panorama», «Espresso», surclassato da «Epoca», snobbato dalla pubblicità. Dopo mesi di cattivo umore a Lamberto Sechi ò rinato il sorriso: «Come sto? Benissimo. Mi sembrava di combattere contro i mulini a vento e ora finalmente respiro». E la redazione? Chiusa in conclave con Gianni D'Angelo, responsabile dei periodici, aspetta di sapere di che morte morirà. Il comitato di redazione chiede «una direzione autorevole». La Rizzoli nicchia. Paolo Martini, vicedirettore, impiega pochi minuti a rifiutare la «direzione inte- rinalc» del settimanale: «No grazie» fa sapere all'editore. Perché nessuno, a questo punto, vuole infilare i panni del becchino. Tanto più se la salma ha la storia di «Europeo». «Un settimanale che ha cambiato il giornalismo italiano - dice Enzo Biagi -. Il primo rotocalco italiano a fare informazione sul serio, fatta non di evasione, ma di precisione». Dice Biagi: «Il panorama editoriale dei rotocalchi italiani era tutto un fru fru di attrici e principessine e matrimoni. "Europeo" raccontava la realtà. Sapeva dirti, in un articolo, il colore della giacca di Togliatti, ma anche riferire, con esattezza, un discorso di Orson Welles». La sua stagione d'oro, quella di Arrigo Benedetti (poi di Tommaso Giglio e di Giorgio Fattori) ha raccontato il Vietnam con l'inchiostro di Oriana Fallaci, ha pubblicato la prima intervista a Che Guevara, ha inaugurato il giornalismo mondano con Camilla Cederna, il giornalismo d'inchiesta con Giorgio Bocca e con quel silenzioso fuoriclasse che si chiamava Tommaso Besozzi e che da solo, giù in Sicilia, scoprì la verità sulla morte del bandito Giuliano. Dai fasti di allora '«Europeo» è rimasto con una quarantina di giornalisti e una vi¬ ta sempre sull'orlo della sopravvivenza. Negli ultimi mesi almeno due progetti di rilancio dovevano rimettergli un po' di vitamina in pagina. «Non è stato fatto niente - dice Lamberto Sechi -. Mentre i nostri concorrenti si promuovono con regali, campagne pubblicitarie, locandine, investimenti, noi viaggiamo senza benzina. Ogni settimana loro escono con 250 pagine e noi con 120. Se non possiamo giocare la partita è meglio uscire di scena». Un'uscita che porta con sé parecchi veleni. Domenica scorsa Vittorio Feltri, ex direttore dell'«Europeo», sulla prima pagina del suo «Giornale», è andato giù pesante: «Sechi è un bluff», «pubblica scemenze», «spaccia spazzatura», «vada alla malora» e infine: «Ma sì, chiudete la barac¬ ca». Carinerie tra direttori che (a quel che si dice) avranno strascico in tribunale e che al momento Sechi non vuole commentare: «Feltri? Preferisco non parlare della servitù». Chi vuole parlare a tutti i costi è la redazione. In tarda serata, il comunicato dell'assemblea chiede «garanzie e soluzioni rapide». Chiede, in attesa di «una direzione autorevole», che sia il presidente della Rcs Alberto Ronchey «a farsi garante della continutà della testata» assumendone la responsabilità. Dall'azienda si limitano a far sapere l'essenziale: non ci saranno licenziamenti. Il resto è nebbia. Oggi va in edicola il numero 3 del nuovo anno, ma nessuno sa ancora chi firmerà il prossimo, tra sette giorni. [p. cor.] Il settimanale sta affondando nel deficit Biagi: «Ha cambiato il nostro giornalismo» A sinistra Lamberto Sechi a destra Vittorio Feltri e una festa (nel '48) per il terzo anno di vita del settimanale (tra gli ospiti Moravia, Benedetti, Camilla Cederna) Da sinistra Giorgio Bocca e Enzo Biagi
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