Grozny dura 2 ore la tregua dei russi

I servizi segreti israeliani sono riusciti a portare in salvo 250 ebrei di Cecenia I servizi segreti israeliani sono riusciti a portare in salvo 250 ebrei di Cecenia Crozny, dura 2 ore la tregua dei russi Nella capitale la parola toma ai cannoni MOSCA NOSTRO SERVIZIO Bombe su Grozny ogni trenta secondi, nonostante la tregua promessa da Mosca. «E' un inganno - dicono indignati i ceceni -. Mai fidarsi dei russi». Sembra davvero che Mosca faccia tutto il possibile per rendere ancora più sporca questa guerra. Era stato lo stesso governo russo a ordinare di cessare il fuoco. La tregua era stata proposta dai ceceni per bocca di Serghej Kovaliov, commissario per i diritti umani, testimone e mediatore del conflitto, per riconsegnare ai russi i loro morti, prigionieri e feriti. Il premier Cernomyrdin aveva detto di sì: 48 ore di pace a cominciare dalle 8 di martedì. Ma ieri mattina, a sorpresa, il Cremlino ha fatto sapere le nuove condizioni per cessare il fuoco: disarmo e ritirata delle «formazioni di banditi» in cambio dell'amnistia dei guerriglieri. Kovaliov è sconvolto: «Non era l'accordo che avevamo preso con Cernomyrdin, questo è un ultimatum di resa, non una tregua». Kovaliov afferma che i ceceni erano pronti a negoziare per cessare il fuoco. Dudaev aveva offerto a Mosca di aprire un corridoio per gli aiuti umanitari e di sbloccare i distaccamenti russi intrappolati dai partigiani. L'instancabile commissario per i diritti umani da Grozny si sta dando da fare per organizzare nuove trattative. Ma ora è troppo tardi. Da Washington, intanto, fonti della comunità ebraica annunciano che i servizi segreti israeliani sono riusciti a portare in salvo quasi tutti i 250 ebrei della Cecenia. Alle 8 di ieri su Grozny è sceso il tanto atteso silenzio. Ma dopo due ore è stato rotto dall'esplosione di un missile, seguito da una pioggia di bombe. E i ceceni hanno impugnato di nuovo le armi per andare a combattere i russi nelle strade devastate della loro capitale. Questa era probabilmente l'ultima chance per fermare la guerra. I ceceni non si fideranno più di Mosca. Il comandante delle truppe cecene, Moskhadov, è furioso: «Vogliono che io mi dichiari bandito, mi arrenda a loro e allora tratteranno con me». Moskhadov, trincerato nel bunker del palazzo presidenziale ormai ridotto in rovina, sembra tuttavia mantenere il controllo dei suoi uomini. E c'è anche la presenza invisibile del presi¬ dente Dudaev, che sarebbe in città, nei pressi della sua ex residenza, a dare ordini ai suoi comandanti. Ha fatto sapere che è sempre disponibile a un cessate il fuoco, ma di resa nemmeno a parlarne. Mosca, tanto per cambiare, ha smentito ufficialmente di aver violato l'intesa. E il premier Cernomyrdin non ha spiegato come mai la tregua a fini umanitari che aveva ordinato si è trasformata in un ultimatum. Ieri il premier ha discusso di Cecenia con Eltsin. Il comunicato ufficiale della Tass riporta due critiche fatte dal presidente: le decisioni politiche e militari sono state prese senza «consultare analisti e professionisti» e le «conseguenze finanziarie» non sono state calcolate bene. Cernomyrdin ha anche incontrato i leaders della diaspora cecena di Mosca, ai quali ha annunciato che il governo avrebbe pronto un piano di regolazione politica del conflitto. Il premier ha fatto capire anche di disapprovare l'uso dell'esercito, ma, ha aggiunto, «non è il momento per discutere del perché e del come è stato impiegato. Il mio compito principale è quello di fermare questo bagno di sangue». Il bilancio reale dei morti russi rimane un segreto di Stato. Ieri il quotidiano Izvestia ha rivelato uno scorcio della tragedia: dei mille soldati e ufficiali della brigata motorizzata 131, che aveva attaccato Grozny la notte di Capodanno, sono tornati alla base appena 200 uomini. Una settantina è stata catturata dai ceceni, di altri duecento si ignora tuttora la sorte. Il resto è rimasto laggiù, sui marciapiedi di Grozny. E i sopravvissuti dicono con rabbia: «Ci hanno mandati a combattere scoperti, non avevamo scampo». Molti militari russi non capiscono il senso di questa guerra e non vogliono combatterla. E' stato rivelato il caso di 60 Omon, poliziotti dei reparti speciali di Ekaterinburg, che hanno disertato in gruppo il fronte ceceno. «Eravamo armati solo con bombolette di lacrimogeni, non avevamo nemmeno una mappa della zona - ha spiegato uno di loro - e non ci andava di morire per colpa della stupidità dei comandanti». E così hanno preso il treno e se ne sono tornati a casa. Ma a sostituirli arrivano truppe fresche da tutta la Russia. Anna Zaf esova Mosca smentisce il tradimento Il premier Cernomyrdin «Fermiamo questo bagno di sangue» Il presidente russo Eltsin mostra sul volto i segni della sofferenza Nella foto grande, un'immagine dei combattimenti a Grozny A sinistra, distribuzione gratuita di pane alla gente della capitale