Dal pds pressing su Bertinotti di Lucio Magri
Dal pds pressing su Bertinotti NEOCOMUN1STI Dal pds pressing su Bertinotti E Garavini e Magri attaccano il segretario u ROMA FFICIALMENTE fanno tutti finta di non aver bisogno dei loro voti, quasi a nascondere questa «appendice» scomoda, ma necessaria per dar vita ad un governo del Presidente. Ufficialmente, appunto. Perché sotto la superficie, gratta gratta, si scopre un «tourbillon» di telefonate - pidiessine, soprattutto - colloqui, riservati, lusinghe, minacce. E nel Trafl^tlantiqq di Montecitorio, sin dalla mattina, 'giornalisti e prpgressisti si chiedono che piega prenderà la direzione di Rifondazione. Tanto che quando si viene a sapere che Fausto Bertinotti, pur continuando a puntare ad un «breve governo di transizione che porti il Paese alle urne», non chiede a Scalfaro di fissare una data per le elezioni, a Botteghe oscure tirano un sospiro di sollievo. Del resto un abbronzatissimo Lucio Magri è calato giù dalla montagna proprio per evitare che il segretario rendesse inevitabile il ricorso ad un governo elettorale. E in questo senso si è dato da fare anche Sergio Garavini, rifondatore con un piede nel pds. Allora è andata? Non proprio. Perché Bertinotti non chiede una data, ma in compenso impone una condizione che di fatto concede solo pochi mesi di vita all'esecutivo: il governo non ha da fare nessuna manovra economica. Solo così Rifondazione potrà appoggiarlo. Dunque è peggio che andar di notte? Nemmeno questo. C'è un nome che potrebbe sbloccare la situazione: quello di Romano Prodi. Se fosse lui il presidente del Consiglio la maggior parte dei «neocomunisti» gli darebbe il voto lo stesso, nonostante il segretario. Di Cossiga, invece, nemmeno a parlarne. Armando Cossutta scuote la testa con particolare vigore quando un giornalista accenna al predecessore di Scalfaro. E persino Garavini - che ormai è più fedele a D'Alema che a Bertinotti - ha un singulto: «Sarebbe troppo imbarazzante», spiega. Di Mario Monti, che dire? Il segretario ha un'allergia per gli economisti, soprattutto per quelli che considera di destra: l'ex rettore della Bocconi non attirerebbe troppe simpatie, ma qualche consenso, comunque, lo strapperebbe. Già, la «caccia» al voto di Rifondazione per quello che Berlusconi e soci definiscono il «ribaltone» è partita - in gran segreto - da giorni, ma e entrata nel vivo solo ieri, quando il pds spara le sue «cartucce» interne a Rifondazione. In direzione Bertinotti ripete quello che va dicendo da giorni. Appena finisce di parlare Garavini lo attacca: «Il gruppo dirigente - replica al segretario - sta spingendo soprattutto sulle elezioni anticipate. E' un errore. Eppoi tu dici che il prossimo governo non dovrà fare né la manovra economica né la riforma elettorale. E questo è un altro sbaglio: sono temi ineludibili». Quindi tocca a Magri. Anche secondo lui «le tematiche economiche» andranno affrontate. «E comunque - aggiunge l'ex leader del pdup se sarà necessario Rifondazione dovrà dare i suoi voti per un governo che sottragga a Berlusconi le leve del potere. Certo, si può vincolare il nostro appoggio a un governo che non duri settimane, ma neanche anni, a condizione però che questa proposta non significhi e non copra quella delle elezioni immediate». E dopo Magri, è la volta del senatore Luigi Vinci: «Se fossero necessari i nostri voti - sottolinea - un modo per dare la fiducia - magari tecnica - si trova». Questi tre, gli interventi critici più importanti (ma anche altri «neocomunisti», in direzione, hanno frenato Bertinotti). Interventi subito pubblicizzati perché sia chia- ro a Scalfaro che qualsiasi cosa gli andrà a dire il segretario, dentro Rifondazione non tutti la pensano come il leader. E così alla fine, grazie alla mediazione di Rino Serri, si addiviene ad un compromesso. La delegazione del partito al Quirinale non chiederà una data certa per le elezioni, ma ribadirà che il nuovo governo non può fare la manovra economica. Garavini vota contro, Magri e Castellina si astengono e Bertinotti sale al Colle. Lì, il segretario, finalmente libero di dire la sua, spiega ai giornalisti: «Le elezioni politiche andrebbero abbinate con le regionali». La prossima puntata, a domani, quando si riuniranno i gruppi parlamentari di Rifondazione, dove più forte è la tendenza a seguire Magri e Garavini. Lunedì, infine, la seconda parte della direzione: in quella sede, la decisione definitiva. Maria Teresa Meli Piace soltanto la candidatura Prodi Il leader non cede: il nuovo governo non potrà fare manovra economica e nemmeno riforme elettorali Bertinotti e Cossutta, segretario e presidente di Rifondazione comunista. Sopra: Lucio Magri
Luoghi citati: Roma
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