Il comunista «Vogue» sul puff di Harem di Curzio Maltese

77 comunista «Vogue» sul puff di Harem LA CRISI IN TV 77 comunista «Vogue» sul puff di Harem LA speranza nel comunismo è l'ultima a morire. E Berlusconi ci spera. Sul comunismo, come spettro, ha impostato la vittoria del 27 marzo. Su un comunista punta le residue chances di rimonta a cavallo. La sua giacca è di tweed, il suo nome è Fausto. Bertinotti, s'intende. Un uomo solo al telecomando. Ma capace di sdoppiarsi, farsi in quattro sul piccolo schermo. Che la tv sia in piena campagna elettorale te ne accorgi da questo: il numero di interviste a Bertinotti. Come un anno fa le reti di Berlusconi, nel frattempo pure raddoppiate, si strappano a colpi di microfono questo signóre simpatico, piacente, ben educato e meglio vestito, capace di mettere d'accordo Natalia Aspesi e Ambra Angiolini, entrambe estasiate, Fede e il Tg3, Vittorio Feltri e Michele Santoro. E con un'audience così vasta, un così grande favore del pubblico femminile, come neanche Lucio Magri all'apice della stagione velistica, non stupisce ritrovarselo ogni giorno in televisione. Quale che sia la trasmissione. Bertinotti non dice mai di no. Vanità? Forse, un pizzico. Oppure scelta strategica: la via telegenica al comunismo. Sfruttando le contraddizioni del capitale, come insegna Marx. E insomma se Lenin ha viaggiato sul celebre treno blindato prussiano si può capire che Bertinotti, mutatis mutandis e salve le distanze, s'acquatti sul puff di Harem e ciacolare con nobildonne costrette a chiamarsi Selvaggia e Melba e Kathrin von Hohenstaufen Hohenzollern Yusupov (per gli amici) in attesa del balzo in avanti verso una società di eguali. E magari trovarcisi bene nel rispondere senza disagio e anzi con soavità a inI terrogativi esistenziali: «Cignòr I Bertinoti, non penza che noi no- bili siamo per nascita più educati?». «La vera educazione, signora, io l'ho trovata nei circoli operai...». Per la gioia del Cipputi che l'indomani potrà sempre vantarsi in fabbrica: «Uè Bigazzi, ce le ha cantate proprio chiare». A Kathrin e a Catherine, a Selvaggia e Melba. Un po' più sofferto, ma sempre impeccabile, è parso ieri sera il Lord rifondatore nella morsa fra Ersilia Salvato e Armando Cossutta, che aveva l'aria del guardiano impassibile, come sul palco dei «partiti fratelli» ai congressi Pcus d'antan. E meno sciolto nel rispondere alle ansiose domande dei tg unificati: «Ma quanto durerebbe questo governo di "breve transizione verso le elezioni?». Perché le transizioni, in Italia, le «brevi»1 poi, insospettiscono sempre. La risposta non s'è capita, era metà in inglese: New deal, restyling, anti trust. Wow, compagno! La classe, operaia o meno, non è acqua. Poi Cossutta ha fatto ai cronisti un gesto con la mano, come per dire: ora ve lo portiamo via. Prima che cominci a parlare dei Bot. Ma era troppo tardi. Bertinotti aveva appena accettato l'invito di Cecchi Paone, forse ingannato dal doppio cognome, per rilanciare l'idea di tassare i Bot sopra i 200 milioni. Fatto. E tuttavia, pur facendo la tara della vanità e dell'invidia (altrui, nostra), questo comunista Vogue rimane irresistibilmente simpatico, ammirevole per la siderale e, massi, aristocratica distanza dalla sguaiata scena della n Repùbblica. «Verrà l'Esercito della Salvezza, Bertinotti, e avrà i tuoi occhi» scrive Gaio Fratini con l'ottimismo della volontà. Col pessimismo della ragione, visti i chiari di luna: verrà la «breve transizione», Bertinotti, e sarà la sua. Curzio Maltese

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