«Dalla polizia un miliardo per Farouk»
L'ex re del Supramonte ha ricostruito il sequestro di cui è stato mediatore. E al pm; «Lei sapeva tutto» L'ex re del Supramonte ha ricostruito il sequestro di cui è stato mediatore. E al pm; «Lei sapeva tutto» «Dallo polizia un miliardo per Farouk» Tempio, show diMesina nell'aula del processo TEMPIO PAUSANIA NOSTRO SERVIZIO Autoritario, sicuro di sé, come l'imprendibile bandito che per decenni ha sfidato, e non solo in Sardegna, agenti e carabinieri, Graziano Mesina ha fatto irruzione nel processo per il sequestro del piccolo Farouk Kassam e minaccia di lasciare una traccia profonda. «Per il riscatto del bambino un miliardo l'ha pagato la polizia e sono sicuro al cento per cento che lei, giudice Mura, lo sapeva», ha detto secco guardando negli occhi il p.m. che ha sempre smentito la versione che sembra chiamare in causa misteriosi 007. E' stato solo un anticipo del duello ingaggiato con il rappresentante della pubblica accusa. Il detenuto ha menato fendenti anche contro il padre dell'ex ostaggio: «Non ha pagato una lira perché sapeva bene che c'erano i soldi della polizia». Poi ha rincarato la dose, ricordando che Fateh Kassam l'ha accusato di avergli proposto un traffico di droga. «Parla di merce? Forse si riferisce a quando gli ho proposto di offrirsi per uno scambio di ostaggio al posto del figlio». In molti pensavano che Mesina, testimone-imputato per reato connesso, avrebbe fatto scena muta, o quasi. E invece ha fatto uno show. Presidente: «Intende avvalersi della facoltà di non rispondere?». Mesina: «Faccia qualche domanda, se posso risponderò». E' iniziato il fuoco di fila delle contestazioni del p.m. Mauro Mura. E il testimone imputato ha spiegato perché si interessò al dramma di Farouk: «E' successo in aprile. Arrivò a casa di mia sorella una telefonata anonima che preannunciava un successivo messaggio. Qualche giorno dopo ho trovato sotto il tappeto del cortile un appunto scritto in stampatello. Mi indicava un itinerario da seguire». P.m.: «Qua! era l'itinerario?». Mesina: «Non posso dirlo. Ho incontrato un uomo incappucciato che mi ha chiesto se volevo fare da tramite». P.m.: «Parlaste di riscatto?». Mesina: «Mi disse che volevano dieci miliardi». P.m.: «Qualcun altro le aveva chiesto di interessarsi?». Mesina: «Mi era arrivata una richiesta tempo prima, ma avevo rifiutato. Ho accettato perché altre persone si sono aggiunte alle prime. Ero loro debitore di tanti favori». P.m.: «Aveva interessi economici nella vicenda?». Mesina: «Non ho mai cercato interessi economici. Ad Asti avevo un lavoro. Ho agito solo per amicizia». P.m.: «Chi le ha chiesto di intervenire nel sequestro?». Mesina: «Non posso fare nomi». P.m.: «Fateh Kassam aveva difficoltà ad ottenere la prova che il figlio fosse vivo?». Mesina: «Kassam aveva pretese esagerate, diceva che il bambino avrebbe dovuto essere liberato. Gli spiegai che senza i soldi non l'avrebbero lasciato andare, anzi l'avrebbero sfregiato». P.m.: «Il padre dell'ostaggio aveva i soldi per il riscatto?» Mesina: «Disse di no, mi portò delle carte per dimostrarlo. Non le volli vedere. Gli credetti sullla parola. Andai dai banditi ma loro non ne volevano sapere. Anzi gio cavano al rialzo. Cercai di farli ra gionare». Il 16 giugno del 1992 la svolta nel sequestro: a Kassam venne mozzato l'orecchio. Mesina: «Mi chiamò un sacerdote, piangeva. Io disse che dopo quel fatto non volevo più interessarmi del caso. Ma poi un amico della famiglia Kassam e lo stesso Fateh mi convinsero a riprendere i contatti». P.m.: «Lei fece misteriose telefonate a suo nipote». Mesina: «Sapevo che l'apparecchio era sotto controllo. Poi si arrivò alla definizione della cifra del riscatto, 2 miliardi. Mi dissero che ne volevano uno dalla famiglia, perché l'altro lo avrebbe messo a disposizione la polizia. Io avevo trovato 400 milioni, gli altri 600 avrebbe dovuto metterli Kassam. La mattina del 10 luglio un amico dei Kassam venne da me senza i soldi, inventando scuse». P.m.: «Disse che volevano prima il bambino?». Mesina: «Sì, ma questo era scontato. I soldi dovevano restare in mano a un garante che poteva essere un sacerdote. Io, con un emissario dovevo andare a prendere il bambino. Ho capito che Kassam non voleva pagare perché sapeva che c'erano i soldi della polizia». P.m.: «E' vero che ha proposto un traffico di droga?». Mesina: «L'ho letto sui giornali e pensavo fosse un'invenzione. Questa non me l'aspettavo proprio, ma in questa vicenda ci sono molte cose che non capisco. Ho sempre odiato la droga». P.m.: «Poi che avvenne?». Mesina: «Quando ho capito che la famiglia non avrebbe pagato, mi sono mosso e ho trovato 600 milioni». P.m.: «Chi glie li ha dati?». Mesina: «Non posso dirlo. Lei sapeva che c'erano i soldi della polizia. E ne sono sicuro perché l'indomani ha fatto quelle dichiarazioni alla tv. Ha detto che il bambino era stato liberato dalla polizia. Vi siete traditi così. I mediatori della polizia avevano un appuntamento. Nel caso contrario, i banditi non avrebbero rischiato per portare il bambino dove c'era un esercito schierato». P.m.: «Perché ha avvisato il giornalista della tv Pino Scaccia della liberazione?». Mesina: «L'incappucciato mi aveva detto che la polizia voleva simulare un conflitto a fuoco per inscenare una liberazione. A me questo non stava bene. E appena ho avuto la certezza che Farouk fosse libero, l'ho detto». Corrado Grandesso «Volevano sfregiare il bimbo, ho subito offerto 100 milioni» «Altri 600 milioni li ho trovati io A un certo punto emerse anche la possibilità di uno scambio tra il padre e il figlio» Graziano Mesina e, a destra, il piccolo rapito, Farouk A sinistra, il padre, l'albergatore Fateh Kassam
Luoghi citati: Asti, Sardegna, Tempio Pausania
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