Jerry Lewis diavolo a Broadway

«Il musical è il vero sogno della mia vita mi alleno da mesi per reggere il ritmo» Il divo, a 68 anni, debutta in teatro con il revival di «Damn Yankees» Jeriy Lewis, diavolo a Broadway «Ora non mi resta che preparare ilfunerale» NEW YORK. Instancabile Jerry Lewis. Il «Picchiatello» di tanti, irresistibili film, debutta a Broadway a 68 anni suonati, in un musical sul mondo del baseball. E sceglie la parte del diavolo, che in cambio dell'anima offre a un tifoso la possibilità di trasformarsi in campione e di far trionfare la propria squadra. Un intreccio già noto, reso più brillante dalla sua presenza di grande mattatore. Due settimane di «previews», a partire dal 28 febbraio, poi la gran serata d'apertura, il 12 marzo, al Marquis Theater, di Times Square. Le prenotazioni pare stiano andando già benissimo. Per Lewis, dunque, la prima volta a Broadway ha il volto di Applegate, il diavolo, nel revival del musical del '55, «Damn Yankees» (maledetti Yankees). «Posso finalmente dire ai miei figli d'essere arrivato a Broadway - esclama l'attore, visibilmente euforico -. Era il sogno di mio padre, mi ci sono preparato per ben 63 anni! Mi capitò un'altra occasione, ma non funzionò». Si trattava del revival di «Hellzapoppin», previsto a Broadway nel '77; ma lo spettacolo chiuse i battenti ancor prima d'arrivarci, a Boston. Jerry Lewis, al ristorante Sardi's di New York, appare snello, in gran forma: bacia la giovane (42 anni) moglie Sam davanti ai tanti fotografi; accenna qualche passo di danza, un po' di tip tap; addirittura imita Carmen Miranda. Non dimostra affatto i suoi 68 anni, e lo sa. Civettone, ripete più volte di sentirsene non più di nove, addosso. D'altronde, spiega, «bisogna essere in forma per poter sostenere otto repliche a settimana, e vi prometto che lo sarò. Sto provando testo e canzoni, dal 31 ottobre, a casa mia; inizieremo le vere prove il primo febbraio». Cosa pensa di portare alla parte, di diverso? «Splendore. Non c'è umiltà nella mia famiglia, l'ho presa proprio tutta io». Ha cantato abbastanza, per poter sostenere la parte? «Ma scusi, dove vive, in una caverna? Ha saputo dell'atterraggio di Lindbergh, a Parigi?». Per quanto tempo resterà in «Danni Yankees»? «Non lo so, ma che cosa gliene frega, scusi? Dipenderà da vari elementi, non vado a calendario». Perché è improvvisamente tornato ad essere molto attivo? «Guardi, si tratta di puro piacere finanziario». Ha avuto a che fare con una settantina di film; oltre a televisione, e presto Broadway. Che altro le resta da fare? «Un bel funerale, non crede?». Che pensa del suo successore più diretto, Jim Carrey, quello di «Ace Ventura» e «The Mask»? «E' veramente brillante, è meraviglioso... quel piccolo bastardo...». Ha occasione di incontrare Frank Sinatra e Dean Martin, ogni tanto? «Frank sì; Dean, no, perché è un recluso. E prendete nota: io ho avuto cinque programmi televisivi, Dean Martin uno solo!». Cattivissimo, Lewis, mordace come sempre. Si scioglie soltanto quando parla della sua ultima bambina, Danielle, adottata (ha già sei figli maschi, avuti dalla prima moglie, la cantante Patti Palmer). La porterà aH'«opening night?», gli chiedono. «Certamente sorride lui - ha appena due anni e nove mesi, e già canta con me, in ufficio. La sveglio ogni mattina, e per due ore è tutta mia. Da quando è nata, l'ho lasciata solo per undici giorni». Giuseppe Ballaris «Il musical è il vero sogno della mia vita mi alleno da mesi per reggere il ritmo» Jerry Lewis: per lui la prima volta a Broadway ha il volto di Applegate, il diavolo, nel revival del musical del '55, «Damn Yankees» (maledetti Yankees). «Fosso finalmente dire ai miei figli d'essere arrivato a Broadway», esclama l'attore, visibilmente euforico

Luoghi citati: Boston, New York, Parigi